In forte calo la carbon intensity, ma bisogna raddoppiare il ritmo

Nel 2014 il rapporto tra emissioni e Pil è -2,7%, ma per restare entro la soglia del 2 gradi si dovrebbe ridurre del 6,3% l'anno. Anche gli impegni per il 2030 che gli Stati stanno prendendo in vista della Cop 21 sono insufficienti: porterebbero ad una diminuzione annuale di appena il 3% l'anno.

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Il mondo nel 2014 ha finalmente accelerato il cammino verso la decarbonizzazione, disaccoppiano nettamente crescita economica ed emissioni di CO2, ma dovrà fare molto di più: il trend degli ultimi anni ci porterebbe a un aumento della temperatura globale disastroso e gli impegni di riduzione dei gas serra sono meno della metà di quel che servirebbe per fermare il global warming entro al soglia critica dei 2 °C di incremento.  È questa la sintesi dell’ultimo “Low Carbon Economy Index”, il report annuale di PricewaterhouseCoopers sulla carbon intensity nelle varie economie (vedi allegato in basso).

La buona notizia è che la carbon intensity – cioè la quantità di emissioni di gas serra per unità di Pil – non è mai scesa tanto rapidamente come nel 2014. Mentre il Pil del pianeta è cresciuto del 3,3%, le emissioni sono calate dello 0,5% e di conseguenza l’intensità emissiva è scesa del 2,7%. Un tasso quasi doppio a quello degli anni precedenti, visto che dal 2000 la carbon intensity dell’economia mondiale è scesa in media (2014 compreso) dell’1,3% l’anno.

Un’accelerazione di questa diminuzione, d’altra parte, è indispensabile per frenare il cambiamento climatico. Il trend 2000-2014, se inalterato, ci porterà ad esaurire già entro il 2036 il budget di CO2 da emettere per stare sotto alla soglia dei +2 °C dai livelli preindustriali, per andare dritti verso un aumento intorno ai 4 °C.

Anche gli impegni che le varie nazioni stanno prendendo in vista della Cop 21 di Parigi sono insufficienti. Come si vede da grafico gli impegni contenuti negli Intended National Reduction Contributions (INRDC), se mantenuti, porterebbero ad un decremento medio annuo del 3% nel rapporto tra emissioni e crescita economica, ma per rimanere entro la soglia dei 2 gradi, invece, la carbon intensity dovrebbe essere ridotta del 6,3% l’anno (vedi grafico).

Nel report si descrivono anche i progressi fatti a livello di nazioni ed aree (vedi classifica sotto). L’Europa nel 2014 ha ridotto le sue emissioni per unità di Pil del 7%, con in testa il Regno Unito che ha registrato una contrazione del 10,9% rispetto al 2013, anche a causa di un rallentamento nei consumi di carbone e per un clima particolarmente mite. Segue la Francia (-9,1%), le cui emissioni di CO2 sono scese più di quelle del paese d’oltremanica, ma a fronte di un più modesto incremento del Pil.

In terza e quarta posizione ci sono Italia e Germania, con tassi di decarbonizzazione pari al 7,8 e 7,1% rispettivamente. La penisola vede le sue emissioni scendere più rapidamente di quelle dei tedeschi; quest’ultimi vantano però una crescita del Pil dell’1,6% a fronte della recessione italiana.

Il nostro Paese, che strutturalmente ha un’economia dall’intensità energetica piuttosto bassa, è al secondo posto della graduatoria della carbon intensity mondiale, con 151 tonnellate di CO2 per milione di dollari di Pil, preceduto soltanto dalla Francia, forte del nucleare (124 ton CO2/mln$ Pil). Nel periodo 2000-2014, l’intensità di CO2 italiana è scesa in media del 2,2% l’anno.

Al di fuori dell’Unione Europea, il Paese con la maggiore riduzione della carbon intensity nel 2014 è la Cina con un -6%, anche se in termini assoluti la superpotenza asiatica con 515 ton CO2/mln$ Pil ha dietro di sé solo il Sud Africa (612 ton CO2/mln $ Pil).

Il report (pdf)

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