Lo scandalo Volkswagen, “Fukushima” dell’automobile

Lo scandalo Volkswagen inciderà sull’industria automobilistica, proprio come il disastro alla centrale nucleare di Fukushima ha trasformato il sistema elettrico. Per i modelli diesel l’impatto sarà notevole e la spinta verso l'elettrico più veloce. Un’altra “disruptive technology” è all'orizzonte?

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Il disastro di Fukushima ha indotto una battuta d’arresto del nucleare in molti paesi e un cambio di marcia nel settore elettrico reso possibile dalla disponibilità di soluzioni alternative affidabili, solare ed eolico, a prezzi rapidamente decrescenti. Analogamente, lo scandalo della Volkswagen avrà la forza di uno tsunami e riorienterà le scelte del settore dell’auto.

Per i modelli diesel, l’impatto sarà particolarmente forte. Negli Usa questa tecnologia, che già aveva una limitata diffusione, è destinata a sparire. In generale, i controlli saranno più rigidi e i costi di produzione aumenteranno.

Ma c’è un altro versante, decisamente più delicato per l’industria automobilistica mondiale, quello climatico. Vari “trucchetti”, più o meno ammessi, consentono in Europa di passare i test sui consumi e sulle emissioni di CO2, mentre i valori reali su strada sono dal 10 al 30% più elevati (si veda QualEnergia.it). I riflettori si indirizzeranno quindi anche su questo parametro.

I controlli più severi e la riduzione della presenza del diesel, che consente una minore emissione di CO2, spingeranno inevitabilmente verso l’elettrico. Anche perché in Europa, per facilitare il raggiungimento di prestazioni sempre più spinte della media del parco delle varie case, viene consentito di conteggiare 2,5 volte il contributo di ogni auto elettrica immessa sul mercato.

Questa tendenza si accentuerà, considerando che gli obiettivi nel prossimo decennio diventeranno sempre più stringenti. Una sfida non banale, se si pensa che per garantire il rispetto del target di 95 grammi al km nel 2020/21 le emissioni specifiche di anidride carbonica dovranno calare del 23%, o meglio del 36% se saranno effettuati controlli seri.

Dunque si sta aprendo un nuovo scenario e una disruptive technology, l’auto elettrica, è destinata a sparigliare le carte in questo importante comparto economico (l’auto rappresenta il 20% del Pil tedesco), proprio come è successo con le rinnovabili nella generazione elettrica.

Le condizioni non potevano essere migliori per questo cambio di strategia. La vendita di veicoli elettrici sta crescendo rapidamente, con 67.000 immatricolazioni nella EU lo scorso anno e con paesi d’avanguardia come la Norvegia dove già un quarto delle vendite sono elettriche. Ma, soprattutto, stiamo assistendo ad un calo rapidissimo del prezzo delle batterie, il che rende realistico un rapido decollo di questa tecnologia.

La mobilità elettrica, peraltro, è destinata a svolgere un ruolo centrale nello scenario climatico che prevede drastiche riduzioni delle emissioni al 2050. Con le fonti rinnovabili che alla fine del prossimo decennio garantiranno la metà della domanda elettrica in Europa e che sono in forte espansione in tutto il mondo, questa tecnologia contribuirà significativamente a decarbonizzare il settore dei trasporti.

Ma c’è di più, la presenza di un rilevante numero di auto elettriche rappresenta un formidabile sistema di accumulo diffuso, prezioso nella gestione delle elevate quote di elettricità intermittente come quella solare ed eolica, con la connessione alla rete elettrica dei veicoli per la ricarica.

Tutto ciò obbligherà ad una profonda revisione delle strategie dei grandi gruppi automobilistici e il riorientamento di notevoli risorse finanziarie. Ad iniziare dalla Volkswagen che deve sanare un gravissimo vulnus di immagine. Il nuovo scenario, inoltre, faciliterà l’ingresso di outsider. Tesla, Google, e per finire Apple che ha annunciato la sua prima vettura elettrica nel 2019, non stanno a guardare. E le case come FCA che non hanno mai creduto nell’elettrico dovranno rapidamente rivedere le loro posizioni.

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