Ogni ciclista fa risparmiare 16 cent a km, ogni auto fa danni per 10

Un'analisi costi-benefici condotta dal comune di Copenhagen. A partire da questi calcoli la capitale danese valuta la convenienza delle varie infrastrutture, come il ponte ciclabile di Bryggebroen, un investimento che sta rendendo il 12,6% all'anno. Ecco perché conviene promuovere l'uso della bicicletta. Ma Roma la pensa diversamente.

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Nei giorni scorsi hanno fatto abbastanza rumore le dichiarazioni su biciclette e mobilità del neo assessore alla mobilita di Roma Capitale, Stefano Esposito. In un incontro con alcune associazioni di ciclisti romane l’assessore aveva affermato di non voler realizzare “neanche un centimetro di bike lane”, e che per questo ha dovuto fermare la progettazione del Grab, il Grande raccordo anulare delle bici, la rete di percorsi ciclabili, fortemente voluta dal sindaco Marino e lodata anche dal ministro per le Infrastrutture. Leggendo la trascrizione (non ufficiale) del discorso di Esposito, secondo il quale chi decide di spostarsi in bicicletta a Roma “lo fa a suo rischio e pericolo”, sembra chiaro come non sia tra le priorità dell’assessore promuovere la mobilità su pedali per alleviare gli enormi problemi dei trasporti a Roma.

In alcune città il traffico fa danni fino al 15% del Pil

Peccato perché le due ruote a pedali possono fare molto e gli interventi per rendere più facile pedalare in sicurezza sono tra le diverse misure per la sostenibilità che, secondo un report della Global Commission on the Economy and Climate, potrebbero far risparmiare alle città del mondo, entro il 2050, 17.000 miliardi di dollari, tagliando le emissioni di 3,7 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno entro il 2030.

Proprio in quel report c’è una raccolta di dati ed esperienze che mostrano perché trascurare la mobilità ciclistica è un grosso errore. La mobilità sostenibile, vi si legge, contribuisce alla vivacità economica di una città, porta a grandi risparmi in termini di infrastrutture, costi sanitari e altro ancora. I danni che causa la mobilità privata motorizzata, leggasi le auto, sono invece impressionanti: ad esempio solo il traffico a Londra causa costi per 1,5% del Pil cittadino, a San Paolo si mangia quasi l’8% del Pil e a Pechino arriva a sottrarre una fetta di ricchezza pari al 15%.

La bici costa meno dei mezzi a motore, pubblici o privati, ricorda il report, sia in termini di danni alla collettività – ambientali, sanitari, climatici, dovuti al traffico – che in termini di investimenti in infrastrutture, si ricorda citando uno studio del 2008 uscito su Transport Reviews (“Making cycling irresistible: Lessons from The Netherlands, Denmark and Germany”, allegato in basso).

I conti di Copenhagen

Tra le città che più hanno investito sulla bici c’è Copenhagen che ha anche commissionato una serie di studi sui costi e benefici dei vari mezzi di trasporto (vedi allegato in basso). Si è arrivati alla conclusione che, solo considerando alcuni aspetti come costi sanitari, tempi di percorrenza e impatto sul traffico, ogni km percorso in bici fa risparmiare alla collettività 1,22 corone danesi, cioè circa 0,16 euro, mentre la stessa distanza percorsa in auto privata costa alla società 0,69 corone, cioè quasi 10 centesimi di euro.

E’ sulla base di questa analisi costi-benefici, condotta con un metodo complesso messo a punto nel 2008, che i danesi decidono i loro investimenti in infrastrutture. Un esempio concreto è in un report della municipalità di Copenhagen (allegato in basso) a proposito del ponte ciclabile di Bryggebroen.

Nel 2010, nei giorni infrasettimanali, circa 9mila ciclisti al giorno hanno usato il ponte ciclo-pedonale lungo 190 metri realizzato nel 2006, risparmiando in media 3,3 km a viaggio e 12 minuti di tempo, per un totale su base annuale di circa 500mila ore. I tecnici della capitale danese hanno valutato sia l’impatto negativo dato dal fatto che il ponte diminuisce i km pro-capite pedalati, sia quelli positivi come il numero di incidenti evitati e il fatto che la sopraelevata ha convinto molti cittadini a prendere la bici che, diversamente, non lo avrebbero mai fatto. Tenendo in considerazione questi e altri fattori, la stima è che il ponte abbia ricadute positive per 93 milioni di corone, cioè circa 12,5 milioni di euro: si tratta di un tasso di ritorno dell’investimento annuale del 12,6%, ben oltre il 5% che in Danimarca è per legge il requisito minimo per realizzare un’infrastruttura.

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