Clima, la montatura di Parigi 2015

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Il clima mondiale sta cambiando: aumentano le temperature e gli eventi meteorologici estremi, i costi in termini di vite umane e come quelli relativi ai danni economici. Ma la prossima conferenza annuale sul clima non è "l'ultima chance per cambiare rotta". Un articolo di Karl-Ludwig Schibel pubblicato sulla rivista bimestrale QualEnergia.

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L’annuale conferenza sul clima, che nel 2015 si svolgerà in dicembre a Parigi, potrebbe essere l’occasione di una revisione critica delle narrazioni sui cambiamenti climatici. L’obiettivo sarebbe di mandare fuori servizio tutte le formule ormai usate e abusate che nessuno vuole più sentire e che non fanno cambiare idea a nessuno e nessuna.

Cominciamo con la montatura di Parigi come “un evento storico”, “il futuro del Pianeta dipende da quell’accordo”, “successo o fallimento della nostra storia”, “appuntamento di rilevanza fondamentale”, seguito subito da “il tempo sta per finire”, “ultima chance per evitare la catastrofe”, “momento chiave della storia umana”, “sopravvivenza o completa devastazione”, ecc. Esattamente le stesse affermazioni patetiche e stesse grida di allarme catastrofiche hanno preceduto la conferenza di Copenhagen nel 2009 e la maggior parte dei 20 incontri degli ultimi due decenni. Per intendersi, non è in discussione la drammaticità della situazione.

Il clima sta cambiando, gli eventi meteorologici estremi stanno aumentando, i costi in termini di vite umane e di qualità di vita sono drammatici come anche i danni economici. Sono però controproducenti le narrazioni che usano la minaccia epocale dei cambiamenti climatici per propagare il processo internazionale come l’unica, o comunque la strada principale per scongiurare una catastrofe e proprio il prossimo appuntamento come ultima chance per cambiare rotta.

Negli ultimi 20 anni le conferenze delle parti hanno contribuito molto poco alla soluzione e non ci sono indicazioni di grandi cambiamenti né a Parigi nel 2015 né a Marrakech nel 2016.

Dove guardare quindi per trovare narrazioni che suonino più vere perché più vicine alla realtà? 

Un caso importante in questo periodo potrebbe essere la California, da sempre un forte indicatore del futuro. La moda, la musica, Hollywood, Silicon Valley e l’era digitale, aeronautica, agricoltura, vino e più in generale la visione di un progresso continuo e una crescita infinita. In questo periodo le crepe in quest’immagine si stanno allargando come quelle nei terreni californiani.

Il settimo potere industriale nel mondo – se lo Stato americano fosse una nazione indipendente – soffre sempre più di un periodo di siccità non visto in decenni. Non piove, o così poco che non contribuisce minimamente a rifornire le falde. Al contempo milioni di chili di arance, pomodori, mandorle, meloni richiedono di essere irrigati ogni giorno per non interrompere il flusso continuo di frutta e verdura dallo Stato agli scafali dei supermercati di tutto il Paese.

La reazione del governatore Jerry Brown è poco meno che rivoluzionaria: «Non potete continuare a vivere come avete sempre fatto», dice il primo cittadino dello Stato, «per più di 10.000 anni la California è stata abitata da non più di tre o quattromila persone. Adesso abbiamo avviato un esperimento che non è mai stato provato in precedenza: 38 milioni di persone con 32 milioni di veicoli, che vivono a un livello di comfort che tutti vogliamo raggiungere. Questo richiederà adattamento. Questo richiederà apprendimento».

Di fronte a una crisi senza precedenti nessun catastrofismo, ma la consapevolezza che lo Stato è di fronte a una profonda trasformazione. Finita l’illusione della crescita illimitata, occorre fare i conti con il meno, con la riduzione delle emissioni, con l’adattamento ai cambiamenti in atto con un piano del clima tra i più ambiziosi in assoluto. Jerry Brown non avrebbe la minima chance di essere eletto governatore di una Regione italiana, in California è al suo quarto mandato. Insiste solo di fare quello che ogni persona intelligente e perspicace avrebbe fatto. Sono «i tempi che definiscono l’agenda», dice lui. Non male come inizio di una nuova narrazione. The Times They Are a-Changin.

L’articolo di Karl-Ludwig Schibel è stato pubblicato sul n.3/2015 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “I tempi cambiano”.

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