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Percorsi italiani di decarbonizzazione

Interventi e strategie settoriali e generali, spinte dal basso e innovazione. Il percorso per decarbonizzare la nostra economia è complesso. Per avviare questa transizione servono visione e capacità di governare i cambiamenti utilizzando tutte le leve, a iniziare dalla fiscalità ambientale. Una rotta che la nostra politica non ha ancora intrapreso.

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In attesa che venga elaborato un piano climatico coerente e adeguato, può essere utile, in vista di Parigi e oltre, ragionare sui percorsi di decarbonizzazione che il nostro Paese potrà/dovrà avviare. Come primo riferimento va considerato l’obiettivo europeo, legalmente vincolante, di arrivare al 2030 a un livello di emissioni climalteranti inferiore del 40% rispetto a quello del 1990. E, sullo sfondo, la necessità di ridurre dell’80% le emissioni entro la metà del secolo. Un impegno da valutare con grande attenzione, specie quando si devono programmare investimenti strutturali di lungo periodo (centrali, rigassificatori, gasdotti, ecc.).

Sul fronte della domanda, i consumi energetici dei prossimi decenni vedranno un calo, con una marcata divaricazione rispetto all’andamento dell’economia. Nel settore elettrico la riduzione sarà invece limitata perché aumenterà l’elettrificazione del sistema energetico. Il comparto che subirà le maggiori riduzioni dei consumi sarà quello civile, grazie alla progressiva accelerazione della riqualificazione spinta di interi edifici e quartieri che potrebbe portare, alla fine del prossimo decennio, a risparmi energetici annui dieci volte superiori rispetto agli attuali. In sostanza – grazie a soluzioni finanziarie innovative che consentiranno, con una partita di giro, di valorizzare la riduzione delle importazioni di metano, e alla riorganizzazione dell’offerta attraverso l’industrializzazione degli interventi – sarà possibile non solo ridurre i consumi ma anche risanare interi quartieri.

Migliorerà inoltre l’efficienza energetica del comparto industriale, profondamente toccato dalla crisi e dalla globalizzazione. Le trasformazioni strutturali continueranno con una progressiva accentuazione delle opzioni verso processi e produzioni circolari. Una scelta quasi scontata in un Paese come il nostro, povero di materie prime.

Sul versante dei trasporti si faranno strada alternative, come il biometano e i biocarburanti di seconda generazione, ma la vera novità verrà dalla mobilità elettrica, che nel prossimo decennio vedrà una crescita esplosiva, con veicoli sempre più connessi fino ad arrivare a quelli senza guidatore. E naturalmente si espanderanno le soluzioni gestionali, come il car e il bike sharing, uber, blablacar, car pooling, ecc. che porteranno a una riduzione fisica del numero di auto.

Passiamo adesso all’offerta di energia per capire come potrà continuare la marcia verso la decarbonizzazione. Dopo la crescita rapidissima delle rinnovabili nella generazione elettrica è in atto un rallentamento che proseguirà anche nei prossimi anni.

Ma, attenzione: questa dinamica sarà caratterizzata dal progressivo imporsi dell’abbinamento fotovoltaico + accumulo con i prezzi dei moduli solari che si dimezzeranno entro una decina d’anni. La corsa è destinata quindi sul medio periodo a riprendere verso il traguardo dell’elettricità 100% rinnovabile, o quasi, al 2050. La transizione verso una smart grid consentirà inoltre al nostro Paese di acquisire in anticipo sofisticate competenze che potranno poi utilmente essere applicate all’estero. Più in generale, considerando che gli investimenti mondiali sulle rinnovabili si moltiplicheranno per 3-4 volte nei prossimi 10-20 anni, si allargherà lo spazio per le nostre imprese che già adesso stanno intervenendo in molti Paesi. Andrà poi fatta una seria riflessione sul versante della produzione delle tecnologie verdi, puntando ad alleanze internazionali.

Sul fronte dell’offerta di energia non va dimenticata la quota di calore a diverse temperature utilizzato nel settore civile e in quello industriale. Il solare farà la sua parte, come pure le biomasse. Per queste ultime andrà avviato un serio programma di gestione dei boschi che consenta di utilizzare in maniera ragionevole questo enorme patrimonio, al momento in larga parte in stato di abbandono. L’uso di benzina e diesel nei trasporti, infine, andrà riducendosi per la razionalizzazione della mobilità, l’aumento dell’efficienza dei mezzi e l’irruzione nel mercato dei veicoli elettrici. In questo scenario andrà anche contemplata la possibilità di sottrarre il carbonio dall’atmosfera sia con soluzioni tecnologiche, sia soprattutto attraverso l’incremento dell’humus nel suolo.

Naturalmente si tratta di un percorso né facile né automatico, pur in presenza di vincoli climatici destinati a divenire sempre più stringenti. Per avviare questa transizione occorrono visione e capacità di governare i cambiamenti utilizzando tutte le leve, a iniziare dalla fiscalità ambientale. Finora in Italia non si è percepita l’importanza che la “Energiewende”, la svolta energetica, può avere non solo per la riduzione delle emissioni, ma anche per il rilancio dell’economia. Vedremo se, dopo gli Stati generali sul clima organizzati dal Governo, verrà avviato un coordinamento delle attività dei vari ministeri (un passaggio decisivo e mai veramente intrapreso) e una reale interazione con gli attori nella società civile e produttiva.

La scadenza di Parigi va comunque utilizzata al massimo per innalzare la priorità politica della lotta ai cambiamenti climatici, con iniziative dal basso e con una crescente pressione sulle istituzioni.

L’articolo è tratto dall’editoriale di Gianni Silvestrini pubblicato sul n.3/2015 della rivista bimestrale QualEnergia con il titolo “Clima si cambia. Forse” (pdf)

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