Sovvenzioni al reattore di Hinkley Point, l’Austria ricorre alla Corte di Giustizia europea

  • 7 Luglio 2015

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Il governo austriaco ha depositato ieri, 6 luglio, la denuncia alla Corte di Giustizia europea contro la super sovvenzione concessa dal governo inglese per la costruzione del reattore nucleare EPR nel sito di Hinkley Point C. Uno scontro tra paesi e tra diverse concenzioni sul sistema di approvvigionamento energetico.

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Il governo austriaco ha depositato ieri, 6 luglio, la denuncia alla Corte di Giustizia europea contro le sovvenzioni concesse dal governo inglese per la costruzione del reattore nucleare EPR nel sito di Hinkley Point C.

L’azione legale intrapresa è contro la decisione della Commissione europea dello scorso 8 ottobre di dare il via libera alla promessa di riacquisto dell’elettricità da parte dello Stato ad un prezzo maggiorato per 35 anni: il MWh nucleare avrà uno “strike price” di 92,5 sterline (117 euro) che, in valore nominale al 2058, anno in cui scadrà l’incentivazione, diverranno 279 £ per MWh.

Una vera distorsione del mercato, affermano gli autori del ricorso, mentre per il Regno Unito si tratta di un investimento necessario per soddisfare il fabbisogno elettrico nel momento i cui altri reattori dovranno essere a breve essere smantellati.

Il via libera era stato proposto dal Commissario uscente alla Concorrenza, lo spagnolo Joaquin Almunia, con il forte sostegno del presidente della Commissione, José Manuel Barroso.

Il reattore in costruzione nel sito atomico britannico sarebbe del consorzio francese composto da EDF e Areva, in partenariato con le aziende cinesi CGN e CNNC.

Londra e Vienna sono da tempo ai ferri corti su questa questione: c’erano state anche pesanti minacce da parte del Governo britannico all’Austria, affinché questa potesse ritirare la sua azione legale contro il superincentivo all’atomo britannico.

Si tratta in effetti di un progetto costosissimo, valutato nel suo complesso in 31 miliardi di euro dalla stessa Commissione di Bruxelles. L’Austria, che ha abbandonato l’energia nucleare nel 1978, ritiene che le sovvenzioni pubbliche debbano essere destinate unicamente alle energie rinnovabili, e teme che queste scelte mettano in discussione il processo di transizione energetica dell’intera Europa, rilanciando di fatto la filiera dell’atomo nel continente.

Si stima che ci vorranno 10 anni per costruire la centrale, per un costo di 24,4 miliardi di sterline (30,958 miliardi di euro, al cambio attuale) solo per l’impianto, e un costo totale (costruzione, costi operativi, trattamento delle scorie e “decommissioning”) stimato di 34 miliardi di sterline (43,138 miliardi di euro, al cambio attuale), di cui la metà, 17 miliardi di sterline (21,569 miliardi di euro) finanziata dai fondi propri di una sussidiaria di Edf e l’altra metà da prestiti. Avrà una potenza di 3,3 GW (il 7,7% della produzione elettrica britannica nel 2023), ripartita su due reattori Epr della francese Areva. La durata di vita della centrale, a partire dal 2023, sarà di 60 anni.

L’istanza contro gli aiuti al reattore, appoggiata anche dall’associazione delle rinnovabili tedesca, è attaccata dall’associazione nucleare mondiale perché, affermano, non rispetterebbe il diritto degli Stati di scegliere il proprio mix energetico e, aggiunge, il Regno Unito non può certo contare sull’enorme potenziale idroelettrico del paese alpino.

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