Clima. Governo: “in arrivo il Green Act e un piano con un approccio di sistema”

Il 22 giugno il Governo ha indetto gli “Stati Generali sui cambiamenti climatici”, tappa verso la COP 21 di fine anno a Parigi. Sarà presentato un piano che dovrebbe dare una strategia di lungo termine per la decarbonizzazione, da attuarsi anche con il Green Act. Ma finora poche le risposte concrete. Da Palazzo Chigi qualche anticipazione.

ADV
image_pdfimage_print

Per il Governo la lotta al cambiamento climatico “è la madre di tutte le battaglie”. Dalla COP 21 di Parigi di dicembre l’esecutivo si aspetta “impegni adeguati” ed è “sulla stessa lunghezza d’onda” del Papa, che con la recente enciclica fa uno scatto in avanti nella lotta contro il global warming. Per questo – spiega a QualEnergia.it Erasmo D’Angelis, che a Palazzo Chigi ricopre il ruolo di coordinatore della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico –  il Governo sta lavorando al Green Act e, all’incontro del 22 giugno, presenterà un piano a 360 gradi che dovrebbe affrontare i temi legati alla questione clima-ambiente-energia, mettendo sul piatto anche risorse notevoli.

Palazzo Chigi – è la sintesi dell’intervista – esprime molte buone intenzioni, come quella di “dare un’orizzonte di lungo termine” alla decarbonizzazione, ma nei fatti dà poche risposte concrete alle domande del mondo dell’energia pulita, che chiede certezze e un indirizzo chiaro.

Il prossimo 22 giugno ci saranno gli “Stati Generali sui cambiamenti climatici”. Nelle parole del ministro dell’Ambiente Galletti, oltre che una tappa di avvicinamento verso la conferenza di Parigi, si tratta di un appuntamento che rientra “in una fase di preparazione del Green Act”. Questo provvedimento è molto atteso, ma ancora non si sa quasi nulla sui suoi contenuti: quando sarà reso noto e di cosa tratterà?

Il Green Act è in lavorazione e il ministro Galletti lo presenterà a breve: definirà tutto lo scenario futuro sul tema delle energie rinnovabili e dei cambiamenti climatici. Avrà un approccio di sistema a un problema che per noi è la madre di tutte le battaglie.

Tra i provvedimenti possibili per la lotta la global warming c’è l’introduzione di una carbon tax, per altro già prevista dalla legge di delega fiscale (l.11 marzo 2014, n. 23), che però sotto questo aspetto resta inattuata. Dobbiamo aspettarci novità da questo versante?

La discussione su questo è in corso ed è importante confrontarsi anche con le associazioni delle rinnovabili e dell’efficienza energetica: bisogna trovare un punto di caduta della discussione tra tutti gli attori principali coinvolti. L’impegno del Governo è proprio questo: trovare le norme migliori per guidare la transizione energetica.

Quindi il Governo attuerà – come peraltro suggerito di recente anche dalle Commissioni Industria e Ambiente del Senato – quanto disposto dalla delega fiscale in materia di carbon tax e fiscalità ambientale?

Non lo posso dire in questa sede, bisogna aspettare la presentazione del Green Act.

Finora, è la critica che arriva da molti, in Italia su rinnovabili ed efficienza energetica è mancata una visione di lungo termine. Lo vediamo ad esempio con la bozza del decreto sulle rinnovabili, criticato per i suoi contenuti, ma anche perché si limita a misure provvisorie, che cesseranno i loro effetti già al 2016. Possiamo aspettarci un’azione di più ampio respiro con le politiche in cantiere?

La visione di lungo termine ce l’hanno gli italiani grazie anche al lavoro di tanti che ci hanno creduto: oggi abbiamo un Paese che è terzo al mondo per la produzione di biogas, primo al mondo per energia da fotovoltaico nel mix elettrico. Il tema è come possiamo ancora migliorare, a partire da questi aspetti positivi. Un tema ancora tutto da svolgere.

Le aziende e i cittadini che vogliono investire nelle energie pulite però chiedono certezze, che al momento non ci sono.

L’orizzonte di lungo termine ci sarà: si guardi ad esempio a come sono crollati in questi anni i prezzi degli impianti fotovoltaici. È cambiato il mercato, sono cambiate le tecnologie, arriveranno gli accumuli che ricambieranno ancora una volta tutto. Il mondo è una scoperta continua, c’è tanta ricerca, tanta innovazione. Noi dobbiamo fare i conti con questo e i piani saranno a lunga scadenza: abbiamo oggi un documento che ha individuato 14 macro-settori, dal tema delle fasce costiere, ai trasporti, all’edilizia, al turismo, all’agricoltura al settore idrico e così via. Questo documento sarà presentato il 22 giugno e prevederà investimenti non solo nazionali ma anche europei. Tra questo piano e il Green Act ci avviamo verso una nuova stagione.

Nella transizione energetica un tema da affrontare per ragionare sul lungo termine è quello della diffusione dell’autoconsumo. Questa è l’unica strada che il fotovoltaico non incentivato può percorrere per continuare a crescere e non gettare al vento i risultati di cui parlava prima. L’Autorità per l’Energia però teme che la crescita della quota di energia autoconsumata, al momento quasi completamente esentata dal pagamento degli oneri di sistema, crei squilibri al sistema elettrico, scaricando i costi su chi non si autoproduce l’energia. Per questo sta lavorando a cambiamenti normativi che, se non ben ponderati, potrebbero essere letali per il FV, i sistemi di accumulo e l’autoproduzione di energia in genere. Qual è la posizione del Governo su questo tema?

Sull’energia abbiamo un Autorità che regola il settore. L’approccio giusto è quello di considerare le rinnovabili un volano per la crescita dell’Italia, quindi sono certo che andranno anche loro in questa direzione.

Ma questa non è una materia su cui si può lasciare decidere da solo il Regolatore: l’Autorità, come da suo ruolo, si preoccupa di mantenere in equilibrio i conti del sistema elettrico, spetta al Governo dare un indirizzo politico. Ad esempio per dire se vogliamo promuovere la generazione distribuita e l’autoconsumo o se, per tutelare lo status quo, siamo disposti a veder soffocare fotovoltaico, storage e cogenerazione. Della latitanza del Governo su questi temi peraltro si lamentano non solo gli operatori, ma – come è emerso in qualche convegno recente – anche alcuni rappresentati dell’Autorità.

Noi ereditiamo una lunga latitanza dei governi: di fronte agli impegni che assumeremo a Parigi questo governo si prenderà sulle spalle il tema ed elaborerà un piano secondo il quale investire.

La questione però è piuttosto è urgente: l’Autorità sta lavorando ad una riforma delle tariffe elettriche domestiche che sposta gli oneri di rete e di sistema dalla parte variabile a quella fissa, in misura ancora da definire. Se si spostassero tutti gli oneri sui costi fissi o una percentuale maggioritaria, si darebbe un colpo mortale al fotovoltaico su tetto e alle tecnologie per l’autoproduzione in generale. Nel suo ruolo di guida della transizione energetica di cui parla, il Governo sarebbe disposto ad accettare che ciò avvenga?

Ora vediamo. Non la metterei in maniera così radicale.

Con lo Sblocca-Italia questo governo promuove esplicitamente lo sfruttamento dei giacimenti nazionali di gas e petrolio, con norme secondo molti eccessivamente permissive. Questo non è in contraddizione con l’azione seria di decarbonizzazione che serve per affrontare la questione dei cambiamenti climatici?

Per parlare di questi aspetti bisogna considerare anche quelli che saranno i contenuti del Green Act e del piano. Le norme in materie non sono complete: c’è una discussione in atto con le Regioni. Aspettiamo il Green Act e aspettiamo il piano.

Con che atteggiamento questo governo si avvia sulla strada della COP 15 di Parigi?

Da Parigi ci aspettiamo impegni adeguati che poi andranno mantenuti. Il Papa ha scavalcato tutti e noi siamo su quella stessa lunghezza d’onda. Il tema ha a che fare con l’aumento del debito pubblico italiano. Se non agiamo ne pagheremo i costi: siamo passati dai 4-5 eventi meteorologici estremi all’anno che si verificavano negli anni ’90 ai 400 registrati nel 2014.

Tra le misure che presenterete ci sono anche azioni per difendere il nostro fragile territorio dagli effetti dei cambiamenti climatici?

Certo, c’è un investimento da 8 miliardi di euro per l’adattamento e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Un grosso investimento ci sarà poi sull’edilizia, un tema centrale: abbiamo un patrimonio edilizio energivoro e fatiscente. Tutti queste problematiche, come detto, saranno affrontati prima della conferenza di Parigi, con il Green Act e il piano per il clima.

ADV
×