Le utility italiane alla prova del cambiamento

Le utility italiane soffrono per il calo dei consumi e dei prezzi delle commodity e nel settore elettrico anche per il ruolo delle rinnovabili. Il passato non tornerà: queste aziende devono cambiare strategia, puntando di più su nuovi servizi che entro il 2020 peseranno per il 20% del mercato. Le raccomandazioni nel report di Arthur D. Little.

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Il 2014 non è andato bene per le utility italiane e il 2015 non promette miglioramenti. A pesare è il calo dei consumi e dei prezzi delle commodity, che nel settore elettrico è provocato anche dalla concorrenza delle rinnovabili. Queste aziende devono ripensare il loro approccio cominciando a muoversi su terreni nuovi, come quello dell’efficienza energetica, degli home services e dell’elettrificazione e della gassificazione dei trasporti.

Sono queste alcune delle considerazioni che emergono dall’ultimo report sulle utility italiane della società di consulenza Arthur D. Little, riferito al 2014 (allegato in basso). Nel 2014, si riporta, la maggior parte delle aziende monitorate ha avuto un peggioramento delle performance economiche, principalmente per effetto dei business energetici.

Come si vede dal grafico sotto c’è stata una generale contrazione dei ricavi, che supera il 10% nelle utility che non sono riuscite a compensare la forte riduzione dei volumi di vendita gas con gli altri business (Gas Plus, Acsm-Agam, Iren e Ascopiave, A2A). Si conferma, inoltre, una riduzione dei margini per tutte le società del panel, ad eccezione di Hera, Acea e Dolomiti Energia (che gode di ottime performance nell’idroelettrico).

Sia per il gas che per l’elettricità c’è stato un netto calo dei consumi – dovuto tra i vari fattori al clima più mite e al persistere della crisi – e una forte riduzione delle tariffe di vendita. A scendere, come detto, è stato il costo delle commodity.

Il PUN medio 2014 (cioè il prezzo unico nazionale per l’elettricità all’ingrosso) ha fatto registrare un minimo storico di 52,08 €/MWh, -17,3% rispetto al 2013. Il Pfor (prezzo di riferimento definito dall’Aeegsi per il gas) nel 2014 è stato del 26,3% inferiore ai valori dell’anno precedente.

Si è consumato meno gas, oltre che per questioni climatiche, anche per il minore suo impiego nella generazione elettrica e per il calo del trading. A fronte di una perdurante riduzione del consumo interno lordo (vedi grafico), sono cambiate le modalità di approvvigionamento e vendita degli operatori, anche a seguito delle nuove indicizzazioni spot dei prezzi, che li ha fatti calare.

Nell’elettricità, accanto al perdurante calo dei consumi, si confermano i trend relativi al mix: il contributo delle nuove rinnovabili continua a crescere, attestandosi al 16% della produzione totale italiana e la fetta del termoelettrico continua a calare, anche per la maggiore produzione dell’idroelettrico, che nel 2014 segna un +7% rispetto all’anno precedente.

In questo quadro, che la società di consulenza prevede perduri, le utility sono costrette a cambiare strategia. Da una parte, si raccomanda, dovranno agire “su un campo più tradizionale, ovvero la competizione sul cliente per aumentare i volumi venduti, migliorando nel contempo l’efficienza (incremento del Gross Margin assoluto e riduzione implicita del cost to serve) e dall’altra dovranno cominciare a muoversi su terreni nuovi, valutando la possibilità di aprire a nuovi servizi (efficienza energetica, home services, tecnologia, elettrificazione/gasificazione dei trasporti, ecc.) che permettano di differenziare la propria offerta rispetto ai competitors e recuperare margini da nuove attività.”

Quello dei nuovi servizi – sia in ottica B2B che B2C – è un segmento che a livello europeo raggiungerà il 20% del valore complessivo del mercato al 2020, stimano gli autori del report.

In un simile contesto competitivo attuale e atteso, si legge “l’Energy Management diviene un nodo cruciale per gli operatori del settore e già molte utility, per primi i leader del mercato italiano, Eni ed Enel, hanno ridisegnato il modello di funzionamento della società, ridefinendo i segmenti della filiera da presidiare, le modalità di approvvigionamento e i servizi offerti e, di conseguenza, anche il proprio assetto organizzativo.”

Ciò, si fa notare, è teoricamente più agevole per le società entrate negli ultimi anni nel mercato, grazie ad una struttura e organizzazione più snella, mentre per le municipalizzate diviene “una sfida che mette in discussione un modello di funzionamento spesso consolidato da decenni.”

Per chi è integrato a monte, “il profilo di rischio desiderato per l’organizzazione rimette in discussione la presenza nei settori con perfomance più altalenanti e incerte, quali il business della generazione e del trading. Rivedere il proprio posizionamento, la struttura operativa esistente, il livello di esposizione tollerato, le logiche di risk management, le interazioni con le altre business unit, rappresenta un ulteriore strumento di difesa e miglioramento dei margini complessivi.”

Un cambiamento, quello suggerito, che non sembra per nulla facile ma che pare ormai obbligato, visto che il mondo dell’energia non ritornerà indietro, ma con ogni probabilità continueranno i trend in atto: i consumi – è opinione piuttosto condivisa – non torneranno più ai livelli pre-crisi, mentre l’incidenza di rinnovabili, efficienza energetica e generazione distribuita continuerà a crescere.

“Utilities Flash Report – Full Year 2014” di Arthur D. Little (pdf)

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