Enel, Greenpeace approva la svolta verde di Starace

“Per la prima volta una grande aziende elettrica cambia rotta”. Nonostante il permanere di diverse divergenze, Greenpeace, in uno storico incontro con i vertici dell'azienda, plaude al nuovo corso di Enel, che prevede di accelerare l'abbandono delle fonti fossili e spostare l'attenzione sulle rinnovabili, smart-grid ed efficienza energetica.

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Fino a poco più di un anno fa, Greenpeace ed Enel si incontravano più che altro nelle aule di tribunale, come nei diversi procedimenti che hanno visto la compagna elettrica accusare l’ong di diffamazione o in quelli in cui Enel era sul banco degli imputati per danni ambientali e Greenpeace sedeva tra le parti civili. Ieri, invece, l’associazione ambientalista e la multinazionale hanno avuto un incontro di dialogo pacifico, al termine del quale Greenpeace ha diffuso un comunicato in cui plaude alla svolta di Enel verso un modo più sostenibile di produrre energia.

Segnali dei tempi che mutano. Nel mezzo infatti c’è un cambio ai vertici dell’ex monopolista che è coinciso con importanti ripensamenti nella politica dell’azienda: storico è stato l’annuncio dell’autunno scorso dal nuovo a.d. Francesco Starace, di voler dismettere 23 centrali per 11 GW di potenza nel parco elettrico Italiano. Con la nomina del nuovo vertice aziendale, la strategia industriale di Enel punta ad un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, all’efficienza energetica, alle smart grid e ai sistemi di accumulo e il gruppo si è impegnato ad abbandonare progressivamente nuovi investimenti nella filiera del carbone.

“Per quanto tuttora permangano differenze di valutazione sulla definitiva uscita del Gruppo dal carbone in Italia e su alcune delle metodologie per perseguire obiettivi più ambiziosi in sede europea, la visione di medio-lungo termine di un sistema energetico per larga parte basato su generazione da fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica, è oggi un elemento condiviso”, si legge nel comunicato diffuso dopo l’incontro tra una delegazione di Enel guidata dall’amministratore delegato Starace e Greenpeace, la cui delegazione era guidata dal direttore esecutivo di Greenpeace International Kumi Naidoo e da Andrea Purgatori presidente di Greenpeace Italia.

Enel, continua la nota, “ritiene fattibile il conseguimento della propria ‘carbon neutrality’ anche prima del termine del 2050, aumentando in particolare i suoi già significativi investimenti nello sviluppo delle rinnovabili e nella promozione dell’efficienza energetica. Il Gruppo ha già ridotto le emissioni specifiche di CO2 di oltre il 36% rispetto al 1990. Nel periodo 2007-2013 la riduzione è stata del 15%, raggiungendo così in largo anticipo l’obiettivo che era stato prefissato per il 2020 di 395 g/KWh”.

Il primo segnale positivo da parte dell’azienda, spiega a QualEnergia.it Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, è stata la rinuncia a Porto Tolle. “Il piano di dismissione dei vecchi impianti ad olio, pur essendo questi fuori mercato, ha una valenza importante perché tenerli sarebbe conveniente se si pensasse a un’eventuale riconversione a carbone: significa che la vicenda carbone è chiusa. A questo aggiungiamo le dichiarazioni che Starace ha fatto anche di recente sul nucleare e la svolta verso rinnovabili e smart grid. Per la prima vota una grande azienda elettrica cambia rotta.”

Fino ad ora tra le cosiddette progressive companies, le aziende che secondo Greenpeace si stanno impegnando per cambiare, trovavamo solo grandi consumatori di energia, come Ikea, Philips, Unilever, Google e DSM; Enel è il primo produttore progressive. “È singolare che mentre è stata la Germania a promuovere con più continuità e coerenza la transizione energetica a livello pubblico, e l’Italia attuava politiche di stop-and go, la prima grande azienda a cambiare atteggiamento sia proprio italiana”, commenta Onufrio.

“Sul problema dei cambiamenti climatici prima avevamo degli scettici alla guida dell’azienda – continua – ora abbiamo una persona che pensa che il tema sia fondamentale e quindi se un’azienda vuol avere un vero futuro deve tenere conto del contesto. Prima avevamo un’azienda che puntava su nucleare e carbone, ora sul nucleare da Starace arrivano dichiarazioni molto nette e sul carbone oltre a quanto già detto c’è stata la cancellazione dell’ingrandimento della centrale di Los Barrios e l’abbandono dell’ultimo progetto in Cile.”

Tutto a un tratto il monopolista passa nel campo dei ‘buoni’? “Bisogna paragonare le mosse di Enel a quelle dei parigrado. La battaglia si vincerà solo se gli interessi delle grandi aziende si allineeranno con quelli del clima. Quanto fatto da Enel dovrebbe far riflettere non solo i suoi competitor ma anche il Governo italiano che sta attuando scelte passatiste”, spiega il direttore esecutivo di Greenpeace Italia.

Insomma, il giudizio di Greenpeace sulla nuova Enel sembra decisamente positivo, ma come è ovvio diversi punti di contrasto restano. Tra gli investimenti più criticati dall’ong c’è ad esempio la centrale di nucleare di Mochovce, in Slovacchia, che Enel sta cercando di vendere: “speriamo che quell’impianto, dai costi altissimi e progettato negli anni ’70 non venga mai completato”, commenta Onufrio.

Altra divergenza è sui tempi di abbandono del carbone: “nei nostri scenari entro il 2030 questa fonte non deve più essere usata. Enel, tramite Endesa, ha impianti a carbone e nucleari anche in Spagna: dovrebbe arrivare ad un phase out anticipato e non chiedere estensioni della vita degli impianti.”

Poi c’è una visione diversa in materia di obiettivi europei: Greenpeace si è sempre espressa a favore di obiettivi ambiziosi e vincolanti anche per le rinnovabili e l’efficienza energetica; Enel al contrario si è finora accodata all’atteggiamento difensivo della lobby elettrica: “speriamo che il gruppo Magritte (che raccoglie 12 grandi europei dell’energia particolarmente conservatori sulle politiche climatiche e pro-rinnovabili, ndr) cambi atteggiamento o che Enel esca da questo gruppo”, si augura Onufrio.

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