Nuovo colpo al carbone italiano: il Tar boccia Saline Joniche

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Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso contro il decreto della Presidenza del Consiglio e la valutazione di mpatto ambientale. È probabilmente il colpo di grazie per il progetto di centrale a carbone da 1.320 MW in Calabria. Era già stato bocciato in un referendum dal cantone dei Grigioni, che controlla la maggioranza della proponente Repower.

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La centrale a carbone di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria, per il momento non si farà perché l’iter autorizzativo era viziato da evidenti irregolarità e forzature. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, accettando il ricorso contro il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri e la valutazione d’impatto ambientale (sentenza in allegato).

Anche se resta la possibilità di un ricorso al Consiglio di Stato, questo è probabilmente il colpo di grazia per il progetto di centrale a carbone”pulito”da 1.320 MW di Sei (società controllata dalla svizzera Repower e partecipata da Hera, Foster Wheeler Italiana e Apri Sviluppo), alla quale il Governo aveva dato il via libera nel giugno 2012.

L’iniziativa era già in forse dopo l’esisto del referendum nel cantone svizzero dei Grigioni: i cittadini dei Grigioni, che controllano attraverso il Governo cantonale la maggioranza di Repower, a settembre 2013 avevano votato contro il progetto.

Il ricorso contro l’autorizzazione del Governo italiano era stato presentato a fine novembre 2012 da Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF e poi unificato a quello della Regione Calabria e di altre associazioni. Gli ambientalisti avevano evidenziato le violazioni delle norme di tutela ambientale, le notevoli carenze progettuali e il parere contrario delle istituzioni, a partire dalla Regione, e delle comunità locali.

“La proposta di centrale di Saline Joniche – sottolineano le associazioni – rispondeva a una visione vecchia e ormai superata della politica energetica italiana. Un impianto del genere non solo sarebbe stato molto dannoso per il clima, per l’ambiente, per la salute e per le comunità locali: oggi la centrale sarebbe anche inutile, visto che ormai il 37,5% elettrici della domanda elettrica del Paese è soddisfatta da fonti rinnovabili e che abbiamo una sovrabbondanza di capacità di produzione elettrica e di centrali. Il MiSE prenda atto di questa sentenza e chiuda una volta per tutte la Conferenza dei servizi sulla centrale con il diniego a un progetto che non ha alcun senso. Lo stesso TAR del Lazio sottolinea la necessità di dare ascolto anche alle popolazioni locali, alle istanze della società civile volte alla tutela del paesaggio e del territorio, alle realtà produttive locali che sarebbero state danneggiate dalla centrale.”

Il TAR ha contestato le modalità utilizzate dal Consiglio dei ministri per superare l’impasse creatosi per l’opposizione manifestata in Conferenza dei servizi da ministero dei Beni Culturali e Regione. In particolare, si legge nella sentenza, il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto  esprimere “le ragioni per le quali l’intesa non si era raggiunta, specificando esattamente attraverso quali strumenti l’intesa era stata ricercata, per poi approfondire le ragioni strategiche, di vantaggio economico o meno per le popolazioni interessate, di tutela del paesaggio e del territorio, che esitavano nel senso di consentire l’accoglimento della richiesta di rilascio dell’autorizzazione unica alla realizzazione della centrale a carbone“.

Invece, dicono i giudici, il Cdm si è limitato ad allinearsi “alla posizione della Commissione tecnica Via senza alcuna motivazione specifica idonea ad illustrare il fondamento delle valutazioni tecnico-giuridiche assunte dal Consiglio per raggiungere la decisione favorevole al rilascio dell’autorizzazione, peraltro a fronte di posizioni nitidamente espresse in senso non favorevole rispetto al progetto nel corso della conferenza di servizi da altre amministrazioni invitate a parteciparvi“.

La sentenza (pdf)

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