Energy storage, tema caldo per gli investitori nel 2015

La banca d'investimento Citigroup dedica ai sistemi di accumulo un capitolo del suo report sui trend 2015 per gli investitori. Prevede un rapido calo dei prezzi e una massiccia diffusione del componente. Ma i profitti maggiori, è l'avvertimento, non si faranno vendendo l'hardware, cioè la batteria, ma vendendo l'accumulo come servizio energetico.

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C’è anche l’energy storage in batterie tra i 10 temi caldi per gli investitori nel 2015 segnalati da Citigroup. I prezzi dei sistemi d’accumulo, prevede la più grande banca d’investimento al mondo, nei prossimi anni caleranno a tal punto da far diffondere questa tecnologia sia nelle applicazioni per la rete che tra i consumatori, abbinata al fotovoltaico.

Le utility dovranno fare i conti con questi sviluppi che porteranno perdite in diverse loro attività, vendita di elettricità in primis, ma creeranno anche nuove opportunità. I profitti maggiori, si avverte, non si faranno vendendo l’hardware, cioè la batteria, ma fornendo l’accumulo come servizio energetico. C’è dunque da guadagnare per chi saprà modificare i propri modelli di business.

È questa la sintesi estrema del capitolo del suo “Investment Themes in 2015” (allegato in basso) che la società di servizi finanziari dedica allo storage. Per il 2030 la previsione è che il mercato, escludendo le batterie per l’automotive, arrivi a 240 GW l’anno per più di 400 miliardi di dollari di fatturato.

Citi stima che la curva di apprendimento delle batterie segua un andamento analogo a quello vissuto dalle rinnovabili negli ultimi anni, accelerando il trend vissuto dalle batterie agli ioni di litio per auto. In questo modo si prevede che nel giro di 7-8 anni il costo dei sistemi scenda fino a 230 $/kWh, per poi proseguire la discesa fino a 150 $/kWh. Per dare un’idea, Citi considera che attualmente i sistemi di accumulo per il residenziale vengono venduti anche a circa 1000 $/kWh.

A 230 $/kWh le batterie non costerebbero più dei sistemi a pompaggio idroelettrico e potrebbero così diffondersi anche per applicazioni a livello di rete: in mercati elettrici come quelli europei o negli Stati Uniti, con differenze del prezzo del MWh superiori a 10-15$ tra ore di picco e ore fuori picco, diverrebbe conveniente fare time-shifting con le batterie.

Ma i servizi che gli accumuli possono dare sono anche altri. Le batterie sarebbero ovviamente un ottimo affare anche per i consumatori, dato che a quei prezzi un sistema ‘fotovoltaico+ accumulo’ sarebbe ampiamente in grid parity in molti mercati.

Al 2020 un impianto FV residenziale con accumulo e senza incentivi, nelle simulazioni del report, sarà infatti più conveniente di un impianto FV senza batterie installato oggi. Nei mercati con la migliore radiazione solare e i costi dell’elettricità più alti, i tempi di rientro dell’investimento di FV+batteria al 2020 stimati dal report sono molto attraenti. Per l’Italia, ad esempio, (si veda grafico sotto) si ipotizza che il FV con sistema d’accumulo non incentivato si ripaghi in 6-7 anni: un payback time paragonabile, se non minore, di quello che attualmente ha un impianto FV semplice che usufruisca delle detrazioni del 50%.

I mercati elettrici, si spiega nel report, con una massiccia diffusione della possibilità di accumulare l’energia diverrebbero più simili a quelli del gas e del petrolio, senza quelle curve di offerta a montagne russe di oggi. Le rinnovabili non programmabili, ovviamente, riceverebbero una grossa spinta. La diffusione dello storage sia a livello di rete che presso il consumatore farebbe molto male a diverse attività delle utility: dalla vendita di elettricità, alla produzione da impianti convenzionali, anche quelli più flessibili come i cicli combinati a gas, che si vederebbero sottrarre il lavoro dalle batterie.

Ma lo storage (abbinato al fotovoltaico) “non sarà la morte delle utility”, si legge nel report. In quel campo ci saranno infatti vincitori e perdenti. Tra i primi ci sono, ad esempio, le aziende che possono contare su remunerazioni amministrate per gli investimenti che realizzano sulle reti, tra i secondi quelle che si focalizzano esclusivamente sulla produzione e vendita di elettricità. Le utility (statunitensi, ma la raccomandazione sembra generalizzabile), secondo Citi, dovrebbero saltare a bordo della barca dello storage, perché si tratta di attività che saranno economicamente redditizie, che aiutano a diversificare il fuel mix, proteggendosi così dalla volatilità dei prezzi e che sono utili anche in vista di probabili future norme ambientali più severe.

Lo storage, anche presso il consumatore, potrebbe essere interessante per le compagnie elettriche anche per un’altra previsione che fa il report: “il mercato degli accumuli a batteria probabilmente si svilupperà come un business che si occupa di infrastrutture, che implica la fornitura di servizi e non solo di hardware”. Anche chi produce e vende batterie, stretto tra gli alti costi di produzione e la necessità di avere prezzi competitivi, “dovrà convertirsi da fornitore di hardware a un fornitore di servizi”.

Il report “Investment Themes in 2015” di Citi (pdf)

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