I sussidi sporchi in Germania: 52 miliardi di euro

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Sovvenzionare tecnologie, prodotti o comportamenti dannosi per l’ambiente pesa sul contribuente: minori mezzi finanziari a disposizione dello Stato per il benessere pubblico oggi, e maggiori costi per curare i danni ambientali e sanitari domani. Le sovvenzioni, soprattutto nel settore energetico, sono ingenti anche nella culla dell’ambientalismo europeo.

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Per i tedeschi la protezione dell’ambiente è una delle priorità nazionali e, in parte, questo si rispecchia anche nella pratica: secondo dati dell’Ufficio Federale per l’Ambiente – Umweltbundesamt o UBA – nel 2010 Pubblico e Privato avrebbero speso 35,8 miliardi di € per misure di protezione ambientale. Però la Germania resta ancora lontana da una politica nazionale che consideri sistematicamente la protezione ambientale come una priorità generale nelle decisioni finanziarie: lo afferma il rapporto appena pubblicato dall’Ufficio Federale, intitolato “Sovvenzioni dannose per l’ambiente in Germania – 2014”, nel quale si analizzano i sussidi statali investiti in misure che causano danni all’ambiente: peggioramento della qualità di acqua, aria, suolo, biodiversità e consumo delle risorse. I dati di questa edizione 2014 si riferiscono al 2010 e continuano la serie di analisi che l’UBA porta avanti ormai dal 2006.

Cosa determina la differenza tra il dire e il fare? E’ “la politica dei sussidi”, si afferma nel rapporto. Già l’Ocse nel lontano 2001 mise in evidenza che la politica tedesca dirottava ben il 35% delle sovvenzioni pubbliche nazionali su progetti o misure ambientalmente dannose. E, secondo l’UBA, da allora poco è cambiato: il 2010 avrebbe visto sovvenzioni “non pulite” per ben 52 miliardi di €. Erano 48 miliardi nel 2008 e 43 nel 2006. E si tratta di una sottostima: questa analisi non contempla progetti regionali o locali, ma solo nazionali.

Cosa si intende, innanzitutto, per sussidi a misure ambientalmente dannose? Il rapporto afferma: le sovvenzioni sono benefici di pubblica natura ad aziende, ai quali non corrisponde nessuna, o quasi, controprestazione; sono aiuti a privati che indirizzano il consumo verso determinati beni e quindi influenzano l’andamento del mercato. Qualora tali benefici o comportamenti indotti determinino un effetto negativo sull’ambiente, a breve o lungo termine, essi sono da considerare “ambientalmente dannosi”.

Tali sovvenzioni sono doppiamente negative perché diminuiscono l’effetto dello sforzo della società civile per la protezione ambientale e contemporaneamente rafforzano la competitività economica di tecnologie dannose per l’ambiente o meno efficienti. Nel grafico a torta le sovvenzioni dannose per l’ambiente nel 2010 in Germania, suddivise per settore (Fonte: UBA).

In cima alla lista dei settori che beneficiano di tali sussidi vi è il trasporto basato sui combustibili fossili, i cui effetti negativi sull’ambiente e sul benessere delle persone sono noti. Questo settore solo 2010 ha avuto sovvenzioni per 24,2 miliardi €, la maggior parte dedicate alla riduzione delle tasse sul diesel per trasporto su strada (7,05 miliardi €), sul cherosene per i voli civili (6,9 miliardi €) e per la riduzioni dell’Iva per i voli internazionali (3,49 miliardi €).

Il settore energetico ha beneficiato di un totale di 21,6 miliardi di € di sussidi, soprattutto in forma di esenzioni fiscali. L’industria mineraria del carbone è stata il più importante beneficiario di sovvenzioni statali nel segmento energetico: nel 2010, 1,9 miliardi di € sono stati elargiti per l’estrazione e l’utilizzo di questo minerale, per una produzione di 12,9 milioni di tonnellate e l’occupazione di 24.200 persone.

Giocando con i numeri si potrebbe quasi dire che è come se ad ogni lavoratore del settore estrattivo fosse stato concesso un incentivo annuale di oltre 79.000 €. Ricordiamo che nello stesso anno l’occupazione nel settore delle rinnovabili contava circa 367.000 persone (vedi figura 2 – Occupazione totale nel settore delle rinnovabili, suddivisa per tecnologia – Fonte: Bundesministeriums für Wirtschaft und Energie).

I costi dell’estrazione del carbone in Germania sono, in paragone ad altri paesi, così elevati che secondo l’UBA tale attività può andare avanti solo in presenza di sovvenzioni statali. Di contro, per quanto il calcolo sia difficile, l’UBA afferma che i danni ambientali dovuti alla combustione del carbone sarebbero ammontati nel solo 2011 a circa 10 miliardi di €.

Trecento milioni di euro in esenzioni fiscali sull’energia autoconsumata sono andati ai produttori di materie energetiche secondarie, come, ad esempio, alle raffinerie, alla produzione di oli minerali, ecc. Esenzioni fiscali per 1,58 miliardi € hanno invece aiutato l’utilizzazione delle fonti fossili a fini diversi da quelli energetici: produzione di concimi, di lacche, di solventi, di plastica, cioè l’industria chimica.

Ma i benefici maggiori sono arrivati tramite quel meccanismo che, in teoria, doveva rimediare a tanti disequilibri, secondo il principio del “chi inquina, paga”: la distribuzione gratuita dei diritti di emissioni di CO2, per un valore di oltre 6 miliardi di euro nel solo 2010. In confronto a questa cifra, le esenzioni dal pagamento della quota per le rinnovabili concesse ad industrie energivore sono poca cosa: 1,4 miliardi di €. La lista è ancora lunga e considera anche alcune misure del settore edile (5,9 miliardi di €) e agricolo (530 milioni).

Queste sovvenzioni dunque non sono eventi casuali o isolati, ma frutto di una sistematica mancanza di considerazione degli effetti ambientali come prerogativa per la concessione di risorse economiche. “Non possiamo parlare di politica sostenibile se prodotti e processi dannosi per l’ambiente ricevono miliardi di sovvenzioni e poi si chiedono ai cittadini altri miliardi per mettere le pezze ai danni cosi causati all’ambiente e alla salute”, afferma Maria Krautzberger, presidente dell’UBA. “Il nostro consiglio? Eliminare gradualmente, ma sistematicamente, tutte le sovvenzioni dannose per l’ambiente. Non solo questo gioverà alla salute, alle tasche dei cittadini e all’ambiente, ma incrementerà la competitività di tecnologie sostenibili che, alla fine, costeranno meno”.  

Anche le rinnovabili sarebbero più velocemente competitive, se le fossili non ricevessero più tutti questi miliardi. E a proposito di fonti rinnovabili, secondo dati del Ministero per l’Ambiente, va ricordato che nel 2010 i soldi spesi dai contribuenti per incentivare le energie rinnovabili in Germania ammontavano a circa 9,5 miliardi di euro.

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