Il minieolico italiano ad un bivio

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Il minieolico in Italia è ad un bivio, tra consolidamento dell’industria nazionale e speculazione finanziaria, con il rischio di ripetere gli errori commessi nel grande eolico e nel fotovoltaico. La manifattura italiana del minieolico è all’avanguardia e potrebbe occupare importanti quote di mercato a livello mondiale. Come sostenerla e liberarla da vincoli burocratici locali e incertezze del quadro normativo?

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L’utilizzo della fonte eolica per la produzione di energia rinnovabile si sta sempre più consolidando come una delle grandi opzioni di diversificazione energetica. Una recente ricerca della WWEA (World Wind Energy Association) del marzo 2014 ha analizzato la situazione e le prospettive del mini eolico a livello mondiale: a fine 2012 sono stati installati impianti per una potenza di 678 MW, con una crescita del 18% rispetto al 2011, quando erano operativi 576 MW.

La crescita nel 2012 è stata concentrata prevalentemente in tre Paesi, Cina, Stati Uniti e Regno Unito, che rappresentano anche la stragrande maggioranza della potenza globale. In queste tre nazioni i numeri iniziano a farsi interessanti. Negli Usa, ad esempio, il mercato del piccolo eolico è cresciuto di 18,4 MW nel 2012, pari a circa 3.700 impianti e 101 milioni di dollari di investimenti. Le prospettive future sono positive: l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, il riscaldamento globale e la crescita della domanda di energia elettrica sono determinanti per la diffusione di tecnologie utili alla generazione distribuita. In particolare, nei paesi in via di sviluppo il piccolo eolico potrà contribuire alla elettrificazione delle aree rurali; a tal proposito la WWEA prevede che, con adeguate politiche di sostegno, il minieolico possa avere un trend di crescita nei prossimi anni attorno al 20% all’anno, permettendo al mercato di raggiungere i 480 MW di nuova capacità annuale entro il 2020. Per quella data il minieolico potrebbe contare su 3 GW di impianti installati in tutto il mondo.

Nel nostro Paese le normative applicabili a livello nazionale e regionale hanno permesso lo sviluppo dell’industria nazionale del minieolico; tra le altre, la Regione Puglia negli ultimi 10 anni, ha contribuito alla promozione di un nuovo modello di produzione elettrica basato sulla generazione distribuita da fonti rinnovabili. Sin dal 2005 la Puglia è diventata il punto di riferimento per le successive normative nazionali e regionali introdotte, promuovendo l’insedimento dell’intera filiera produttiva e ricaduta locale dell’intero valore prodotto. Aziende e professionisti curano la progettazione e la costruzione delle turbine, la fornitura delle torri di sostegno, le procedure autorizzative, le opere civili, l’installazione e la manutenzione degli impianti, con il 100% del valore generato che rimane in territorio pugliese; non ci sono esempi simili in nessun altro comparto economico.

Oggi il minieolico italiano è però ad un bivio tra consolidamento dell’industria manifatturiera nazionale e speculazione finanziaria, rischiando di ripetere gli errori commessi nel grande eolico e nel fotovoltaico, con la diffusione di tanti impianti ma senza sviluppo dell’industria manifatturiera nazionale, ostacolata da burocrazie locali e da incertezze del quadro normativo.

Burocrazia e incertezze normative

Il D.M. del 6 luglio 2012 ha introdotto il sistema della preventiva ammissione a registro per gli impianti eolici di potenza compresa tra 60 kW e 5 MW, fino al 2015, mentre per impianti fino a 60 kW, è prevista l’installazione libera.

Per una corretta programmazione industriale e in congruità con lo scenario indicato da WWEA è indispensabile che, per gli impianti di minieolico fino a 60 kW, il Ministero dello Sviluppo Economico si pronunci in tempi brevi sul mantenimento, anche dopo il 2015, dell’attuale regime e sull’applicazione della tariffa omnicomprensiva.

Inoltre, per rimuovere le cause di incertezza normativa nell’installazione di minieolico in aree rurali non vincolate e relative interpretazioni restrittive da parte di Comuni e Province che di fatto impediscono le installazioni, in Puglia si rende necessario armonizzare le nuove norme (R.R. n. 24/2010, L.R. n. 25/2012, PPTR), con la precedente normativa (R.R. n. 28/2008, art. 5 lettera n), distinguendo tra piccoli e grandi impianti, in materia di aree buffer alle zone SIC, ZPS e IBA, particolarmente estese nel territorio regionale.

Si verificano anche casi di Comuni che non riconoscono l’applicazione della P.A.S. (procedura autorizzativa semplificata) oppure di Province che richiedono adempimenti aggiuntivi rispetto al procedimento semplificato, con conseguenti ricorsi ai T.A.R. e aggravio di spese per le aziende.

Macchine rigenerate

La regolamentazione in Italia a partire dalla Legge 244/2007 non ha stabilito alcuna distinzione tra macchine di nuova costruzione e macchine rigenerate, applicando lo stesso regime tariffario e quindi favorendo operatori di mercato che propongono macchine già in esercizio ultra-ventennale in Nord Europa, rimesse a nuovo per soli scopi commerciali.

Non si comprendono le motivazioni industriali per supportare l’importazione di macchine usate, rigenerate al solo scopo di accedere alla tariffa, con danno per l’industria manifatturiera nazionale e con la penalizzazione della ricerca industriale.

Debolezza delle reti elettriche

Le aree rurali rappresentano i contesti più adatti per l’installazione del minieolico, con adeguata ventosità e diffusa presenza di reti elettriche, di media e bassa tensione.

Tuttavia, in Sud Italia, le reti elettriche rurali si stanno dimostrando ‘deboli’ e spesso incapaci di assorbire la quantità di energia prodotta localmente, con notevoli perdite di energia pulita dovuti a continui ‘fermo macchina’: è necessario che i costi di allacciamento dei nuovi impianti siano indirizzati ad investimenti per il rafforzamento delle reti elettriche.

E’ urgente un intervento della politica nazionale e delle Regioni prima che la burocrazia e la confusione normativa facciano danni enormi, generando disoccupazione e nuova emigrazione delle migliori risorse alla ricerca di un lavoro dignitoso.

In particolare, la Regione Puglia deve rimuovere le contraddizioni normative in materia di minieolico e completare il processo di snellimento procedurale e semplificazione burocratica avviato, armonizzando le normative da applicare al minieolico in materia di procedure in aree buffer delle zone SIC, ZPS e IBA.

E’ già successo per il comparto del grande eolico circa vent’anni fa quando le politiche nazionali e regionali dell’epoca sfavorirono la nascita di una industria manifatturiera italiana che nella fase di ricerca e di pre-industrializzazione era leader mondiale ed oggi è di fatto inesistente o residuale.

La manifattura italiana del minieolico è oggi all’avanguardia e potrebbe occupare importanti quote di mercato a livello mondiale. Per il consolidamento della industria manifatturiera nazionale del mini eolico è tuttavia necessaria la rimozione degli ostacoli burocratici e normativi che stanno ritardando lo sviluppo, facendo perdere importanti opportunità di lavoro e prospettive occupazionali.

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