L’Autorità e quell’interpretazione forzata che ucciderebbe lo storage

In una segnalazione a Governo e Parlamento, l'Autorità suggerisce un'interpretazione delle norme che impedirebbe agli impianti dotati di storage di accedere alle facilitazioni previste per i SEU. Un'interpretazione che sembra giuridicamente infondata, ma che se fosse accolta sancirebbe la morte sul nascere degli accumuli in Italia.

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Nascosto in un documento che l’Autorità per l’Energia ha inviato a Governo e Parlamento c’è un dubbio che, se non disinnescato, potrebbe essere letale per la diffusione dei sistemi di accumulo in Italia. Sono poche righe che propongono una definizione che potrebbe far sì che in Italia nei prossimi anni non si installi una sola batteria abbinata a un impianto fotovoltaico. La conseguenza dell’interpretazione normativa proposta dal Regolatore sarebbe, infatti, che chi installa un sistema di accumulo paghi anche sull’energia autoconsumata tutti gli oneri di rete e di sistema e le tasse, come se la prelevasse dalla rete, eliminando così ogni vantaggio economico ad autoprodurre e immagazzinare energia.

L’attacco agli accumuli è nell’ultima segnalazione dell’AEEGSI a Governo e Parlamento: vi si insinua il dubbio che un impianto con accumulo non possa essere definito SEU, cioè “sistema efficiente di utenza”, la configurazione che dà diritto all’esonero dal pagamento di oneri di rete e di sistema per la parte di energia “fatta in casa” (esonero che per gli oneri di sistema dopo il recente decreto 91/2014 in via di conversione è solo parziale). A pagina 9 del documento (allegato in basso), l’Autorità chiede al Governo che “si specifichi se un sistema di auto approvvigionamento qualificato come SEU (o eventualmente SEESEU) può mantenere tale qualifica a seguito dell’installazione di sistemi di accumulo”.

Quella di SEU, come sappiamo (si veda  il nostro speciale tecnico), è una definizione centrale per il futuro del fotovoltaico non incentivato, che basa la sua convenienza sull’autoconsumo esente (ora non più totalmente) dal pagamento degli oneri. SEU, ricordiamo, è sia il piccolissimo impianto FV sul tetto di casa sia il grande impianto di proprietà di terzi che vende l’elettricità direttamente ad un cliente come ad esempio una fabbrica o  un supermercato. Per definizione i SEU (oltre a richiedere che ci sia un solo utente servito e che la produzione avvenga in aree di proprietà o di disponibilità di questi) devono essere alimentati da impianti sotto ai 20 MW a fonti rinnovabili o da cogenerazione ad alto rendimento.

Il fondamento del dubbio che l’AEEGSI vuole instillare al Legislatore starebbe nella definizione di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili data dall’articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 387/03: “l’elettricità prodotta da impianti alimentati esclusivamente con fonti energetiche rinnovabili, la produzione imputabile […], nonché l’elettricità ottenuta da fonti rinnovabili utilizzata per riempire i sistemi di stoccaggio, ma non l’elettricità prodotta come risultato di detti sistemi“.

“Poiché la definizione di SEU presuppone la presenza esclusiva di impianti alimentati da fonti rinnovabili o in assetto cogenerativo ad alto rendimento, a stretto rigore, la presenza di sistemi di accumulo potrebbe comportare il venir meno della qualifica”, osserva l’Autorità nella nota 17 a pagina 9 della segnalazione.

Un’interpretazione quanto meno forzata e che sembra infondata. Come sottolinea l’avvocato Emilio Sani dello studio legale Macchi di Cellere Gangemi, interpellato da QualEnergia.it, “non è corretta perché non tiene conto del contesto del d.Lgs 387/2003 ove vi era l’esigenza di non procedere a un doppio conteggio dell’energia da fonte rinnovabile, esigenza e problematica che con riguardo ai SEU non c’è”.

La definizione contenuta nel decreto del 2003 – ci spiega il legale – nasce per permettere di quantificare correttamente l’energia rinnovabile prodotta in funzione delle Garanzie d’Origine, dei Certificati Verdi e del raggiungimento degli obiettivi comunitari: da qui l’attenzione a impedire che l’energia prodotta con le rinnovabili e poi stoccata venga contabilizzata due volte. “Ma nella disciplina sui SEU – osserva Sani – non c’è riferimento alla definizione del decreto 387/2003. Il decreto 115/2008, infatti, nel definire il SEU si limita a parlare di un impianto alimentato a fonti rinnovabili che abbia un collegamento diretto con un’unità di consumo. Il concetto del decreto 387/2003 non è ripreso e appare totalmente fuori contesto”.

Che un impianto a rinnovabili rimanga tale anche se abbinato ad un sistema di accumulo, d’altra parte, è confermato (oltre che dalla logica) anche da altri documenti scritti dalla stessa Autorità per l’energia. “Ad esempio, nel documento di consultazione sugli stoccaggi pubblicato nel dicembre 2013 si dava per acquisito il fatto che se ad un impianto a rinnovabili fosse abbinato uno stoccaggio non si andava ad interferire sull’incentivabilità del primo. Pertanto non si capisce perché ora si ventili un’interpretazione diversa. Mi sembra poco corretto che in una segnalazione l’AEEGSI inserisca questo suggerimento di interpretazione palesemente infondato e credo che si dovrebbe effettuare una rettifica”, continua l’avvocato.

Insomma, sembra una tesi difficile da sostenere dal punto di vista legale quella che un impianto fotovoltaico se dotato di accumulo non debba essere considerato un SEU e dunque non abbia diritto alle facilitazioni previste per queste configurazioni. Il sospetto è che, più che una lettura obiettiva della normativa, a spingere l’Autorità a suggerire al Legislatore questa interpretazione forzata sia il noto timore del Regolatore che in Italia cresca in maniera rilevante l’autoconsumo. Come si legge anche nella segnalazione in questione,  l’AEEGSI teme che “la realizzazione di nuovi SEU determini un quadro di progressiva antieconomicità dei prelievi dalla rete pubblica di ciascun soggetto, oltre ad incertezze nella previsione del gettito inerente i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema”.

Questa preoccupazione può anche essere legittima, anche se secondo molti è eccessiva e sembra usata in maniera strumentale per impedire un’ulteriore diffusione del fotovoltaico. Quello che sicuramente è meno legittimo è il fatto che per ostacolare storage e autoconsumo l’Autority arrivi a suggerire un’interpretazione forzata delle norme: comunque la si pensi non è questa la strada da seguire. Nel caso il legislatore concordasse con l’AEEGSI, valutando che generazione distribuita e autoconsumo portino più problemi che vantaggi, dovrebbero essere Governo e Parlamento ad intervenire con nuove norme. Non si può certo permettere che temi così importanti come il futuro dello storage siano affidati a cavilli e interpretazioni forzate di leggi scritte per altre finalità.

La segnalazione dell’Aeeg (pdf)

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