Vuoi un cogeneratore a idrogeno in casa? Paga (in parte) l’Europa

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Un progetto europeo installerà cogeneratori a cella combustibile in 1000 case di 12 paesi, compreso il nostro. Scopo: testare le tecnologie e farne scendere i costi. Chi vuole sostituire la caldaia con uno di questi impianti può fare domanda. Verso un futuro in cui sarà comune stoccare in casa con l'idrogeno l'energia del fotovoltaico?

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Mentre in Italia il governo Renzi ha deciso di invertire il corso della storia, facendo di tutto per affossare le rinnovabili, l’Europa continua tranquillamente a lavorare per trasformare il sistema energetico del continente, per adattarlo a un futuro senza combustibili fossili. Uno degli esempi più interessanti di questo “nuovo mondo” che sta nascendo, è il progetto Ene-field, finanziato dalla UE nel quadro del settimo progetto di ricerca su idrogeno e fuel cell, che installerà 1000 nuove unità a cella combustibile, per la produzione di elettricità e calore, in 1000 case in 12 paesi europei, compreso il nostro. Uno di questi sistemi è già in funzione in un centro sportivo di Borgo Valsugana, in Trentino.

Nelle normali celle a combustibile, semplificando, idrogeno e ossigeno (dell’aria), reagiscono formando acqua, in un dispositivo dove uno dei due gas viene prima ionizzato (perdendo o acquisendo elettroni), tramite un catalizzatore o del calore, e poi fatto muovere verso il secondo gas, passando attraverso un separatore che può essere attraversato solo dagli ioni, ma non dagli elettroni, i quali, per completare la reazione, percorrono invece un circuito esterno, generando elettricità. Il risultato è una “pila” che produce continuamente elettricità, senza rumore o parti in movimento, fintanto che viene alimentata di idrogeno, con una efficienza elettrica di circa il 50%, molto superiore a quella di un motore a scoppio, e con il resto emesso come calore, che, nel caso delle applicazioni statiche, può essere utilizzato anch’esso, portando l’efficienza complessiva vicina al 100%.

Nel progetto Ene-field, metà delle nuove caldaie/generatori sperimentali, saranno del tipo PEM cioè con separatore in membrana polimerica e catalizzatore al platino, che funzionano a circa 80°C. L’altra metà sarà del tipo SOFC cioè con separatore ceramico, che non usa platino, ma richiede temperature di funzionamento fra 600 a 800 °C. Lo scopo di Ene-field, oltre che testare le tecnologie fuel cell nel mondo reale e mostrarne i vantaggi, è quello di farne scendere il costo a livelli concorrenziali con le tecnologie concorrenti (essenzialmente cogeneratori con motore a scoppio), così da innescare la produzione in serie.

A Ene-field, come detto, può partecipare chiunque abbia i requisiti giusti (essenzialmente avere un impianto di riscaldamento centralizzato, con allaccio a gas, elettricità ed Internet). Per farlo si può fare una domanda on line per far sostituire la propria caldaia con una di queste nuove, in grado di fornire da 1 a 5 kW elettrici e fino a 25 kW termici, in uno spazio comparabile a quello di un normale impianto termico domestico, a muro o a terra.

Visto che nessuno ha ancora una fornitura di idrogeno in casa, le fuel cell PEM conterranno un primo stadio, chiamato reforming, che estrarrà l’idrogeno dal metano, emettendo CO2 come scarto, mentre dalla cella uscirà solo vapore d’acqua. Quelle SOFC, invece, il reforming lo fanno internamente, grazie alle alte temperature. A causa del reforming, però, l’efficienza del sistema si abbassa un po’: circa il 35-40% per la parte elettrica, che comunque arriva all’80-95% complessivo, con il recupero del calore.

Un esempio della tecnologia che verrà usata in Ene-field, la dà questa ricerca dell’Istituto Fraunhofer per le tecnologie ceramiche di Dresda che, insieme al produttore di caldaie tedesco Vaillant, ha realizzato un modello di caldaia/generatore SOFC da 1 kW elettrico, basata su una pila di minicelle a combustibile, ognuna con un separatore in ceramica grande come una mattonella, per contenere dimensioni e costi. Il prototipo sta già venendo testato in case private e sarà offerto anche da Ene-field.

Fra PEM e SOFC, potrebbe sembrare che il primo, per le basse temperature di funzionamento, sia avvantaggiato. Ma in realtà non è così. E’ vero che le SOFC hanno lo svantaggio di doversi scaldare a lungo (fino ad 8 ore), prima di cominciare a funzionare, ma nelle applicazioni statiche, dove possono essere fortemente isolate termicamente e il loro uso è quasi continuo, questo è un problema relativo.

Molto più gravi, probabilmente, gli svantaggi delle PEM, che usano raro platino ed una membrana in Naflon, costosa e delicata, la cui fragilità costituisce uno dei principali motivi per cui le auto a idrogeno stentano a decollare. La “mattonella-separatore” in ceramica è invece robusta ed economica, tanto che la Vaillant ha già cominciato a costruire e vendere in piccola serie le caldaie/generatore SOFC.

Una strategia industriale molto lungimirante, perché l’uso di fuel cell domestiche, non solo poterebbe servire da subito come integrazione alla produzione intermittente da piccoli impianti fotovoltaici o eolici, ma potrebbe un domani risolvere anche uno dei più grossi problemi dei sistemi energetici basati su rinnovabili intermittenti: l’accumulo stagionale di energia.

Se infatti le batterie risolvono il problema di usare la sera un eccesso di elettricità solare prodotta durante il giorno, sicuramente non possono garantire, a meno di non installarne una enorme quantità, che l’energia prodotta in estate, possa essere usata nei mesi invernali. Questo potrebbe invece essere possibile usando l’eccesso di energia prodotta dall’impianto FV d’estate, per produrre idrogeno tramite elettrolisi, e poi usare il gas, stoccato a livello domestico o centralizzato o mescolato al metano della rete gas (in una sorta di “Scambio sul posto gassoso”), per poi riutilizzarlo, nelle caldaie/generatore a fuel cell, nei mesi in cui il sole si vede poco. Ene-field, insomma, apre, finalmente, una finestra realistica su un possibile futuro a emissioni zero e zero dipendenza dai combustibili fossili.

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