Carbon tax per coprire i costi delle rinnovabili? Bene, ma rendiamo le accise più eque

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Alcune considerazioni di Michele Governatori (Direzione Radicali Italiani) ed Edoardo Zanchini (Vicepresidente Legambiente) sulla proposta di Giuseppe Artizzu, pubblicata su Qualenergia.it, di una carbon tax sui combustibili di 10 € per tonnellata di CO2 per pagare gli incentivi delle fonti rinnovabili e allegerire così la bolletta elettrica.

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La proposta di Giuseppe Artizzu pubblicata su Qualenergia.it il 30 aprile, a titolo “Carbon tax: proposta liberale alternativa ai tagli retroattivi degli incentivi alle rinnovabili” ci sembra un utilissimo punto di partenza per ripensare la fiscalità dell’energia e dell’ambiente.

Artizzu, in estrema sintesi, propone di non tagliare né “spalmare” gli incentivi alle fonti rinnovabili, ma di alimentarli non più tutti con la componente A3 della bolletta elettrica, ma anche con una carbon tax sui combustibili di 10 € per tonnellata di emissioni di CO2 che porterebbe 4 miliardi di gettito. Insieme ai vantaggi delle bollette si realizzerebbero quei risultati che il fallimento del sistema ETS non ha fino ad ora permesso, in termini di recupero delle esternalità legate alle emissioni di gas serra.

L’introduzione di una componente delle accise sui prodotti energetici e sull’energia elettrica del resto è prevista anche nella delega fiscale approvata in Parlamento, la quale però, surrettiziamente, la subordina all’approvazione della nuova direttiva UE sulla tassazione dei prodotti energetici, bloccata in Consiglio.

Tutto bene quindi nella proposta Artizzu? Non tutto. Ecco cosa a nostro avviso cosa serve considerare per renderla più efficace, accettabile e soprattutto coerente con le premesse:

  1. A legislazione vigente un aumento delle accise sui combustibili non verrebbe pagato da tutti. Proprio i settori ad alto consumo ed emissioni godono infatti di esenzioni che bloccano le loro accise al valore minimo previsto dell’UE. Uno sconto prevalentemente per trasporto aereo, TIR e navi che supererà i 5,5 mld nel 2014 secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato.
    Stando così le cose, è imprescindibile partire dal far pagare intanto le tasse esistenti a tutti. E poi di rendere finalmente trasparente un sistema dove vige una totale incoerenza rispetto a quanto si paga nei diversi settori rispetto alle esternalità prodotte, come dimostrano studi recenti, e rispetto a politiche nazionali dove l’efficienza energetica è in teoria sempre in cima agli obiettivi (a partire dalla Strategia Energetica Nazionale).
  1. Una carbon tax migliora la competitività delle fonti rinnovabili rispetto a quelle fossili, sia per i nuovi impianti che per quelli esistenti. Per esempio: un impianto elettrico a biomassa che beneficia di incentivi diventa più competitivo sul mercato se i combustibili alternativi sono gravati da una carbon tax, e questo può aumentare le ore di funzionamento e la remunerazione dell’impianto. Questo vuol dire che un’eventuale carbon tax aggiuntiva alle accise attuali permetterebbe, con buona pace delle banche sempre invocate a garanzia dei cosiddetti diritti acquisiti, di ridurre in qualche caso gli incentivi alle rinnovabili, con ulteriore vantaggio delle bollette.

Se vogliamo davvero rendere la nostra fiscalità e le nostre bollette più eque e le politiche energetiche green efficaci nei prossimi anni, dobbiamo partire anche da questi due punti.

Per presentare un Manifesto con proposte più dettagliate e ampie di quelle che abbiamo avuto lo spazio di descrivere qui, e che mira a responsabilizzare davvero tutte le attività che depauperano le risorse ambientali, recuperando risorse per abbassare le tasse sul lavoro, Legambiente e Radicali Italiani organizzano una iniziativa il prossimo 21 maggio a Roma presso la sede della Commissione Europea in via IV novembre alle 14,30. Sarà un occasione per confrontarsi con esperti e istituzioni.

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