Decreto di recepimento della direttiva efficienza. Ecco cosa prevede

Interventi sul patrimonio edilizio pubblico, obblighi di diagnosi energetica per le imprese, un fondo per l'efficienza, ma anche un mandato all'Autorità per intervenire su bollette e mercato elettrico che mette sul chi va là il mondo delle rinnovabili. Le novità dello schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva sull'efficienza energetica.

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Un programma per rendere più efficiente il patrimonio edilizio pubblico, obblighi di diagnosi energetica per grandi aziende ed energivori, un fondo per l’efficienza energetica, ma anche un mandato all’Aeeg di intervenire su bollette e mercato elettrico che mette sul chi va là il mondo delle rinnovabili. Sono diverse le novità contenute nello schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, che, come abbiamo scritto, ha avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri e sarà ora inviato alle Commissioni parlamentari.

All’articolo 5 del testo (allegato in basso nella versione inviata al Senato) ci sono le misure per arrivare a riqualificare energeticamente ogni anno almeno il 3% della superficie coperta utile climatizzata della pubblica amministrazione centrale, come previsto dalla direttiva UE. È stata avviata la redazione di un inventario che al momento ha censito 2.904 edifici interessati per un totale di 13.763.975 di metri quadrati. La tabella di marcia stabilita dal decreto prevede investimenti pubblici per ridurne i consumi circa 70-80 milioni l’anno, dal 2014 al 2020, per un totale di 541 milioni in 7 anni. A fronte di questa spesa si avrà un risparmio cumulato sui costi energetici stimato in 71 milioni di euro entro il 2020 che, nell’intera vita delle tecnologie per l’efficienza, stimata tra i 15 e i 20 anni, si incrementerà di ulteriori risparmi per circa 16 milioni di euro all’anno (cioè un risparmio totale di 311-391 milioni di euro).

Conti che, ci spiegano fonti ministeriali, si riferiscono “alla peggiore delle ipotesi”, cioè ipotizzando che tutta la spesa per gli interventi ricada sullo Stato e senza contare che avranno precedenza gli interventi con il miglior rapporto costi-benefici. Al fine di ridurre gli oneri connessi all’adempimento dell’obbligo, inoltre, è previsto che le pubbliche amministrazioni centrali interessate favoriscano, ove possibile, il ricorso allo strumento del finanziamento tramite terzi e ai contratti di rendimento energetico.

Riguarda la bolletta energetica del pubblico anche l’articolo 6 in cui si stabilisce che le P.A., quando affittano locali o fanno investimenti sopra una certa soglia, debbano attenersi al rispetto di determinati requisiti minimi di efficienza energetica.

Per le grandi imprese e per quelle ad elevato consumo di energia si introduce un obbligo di diagnosi energetica (art. 8): dovranno eseguirla entro il 5 dicembre 2015 e successivamente ogni 4 anni. Le aziende saranno agevolate nell’assolvere all’obbligo, con contributi al 50% carico delle Regioni e al 50% a carico dello Stato, che a tal fine mette sul piatto 10 milioni di euro presi dai proventi annui delle aste delle quote di emissione di CO2. In caso di inottemperanza i soggetti obbligati dovranno pagare una multa i cui proventi sono destinati ad alimentare il fondo per l’efficienza energetica previsto nel decreto.

Nel decreto, infatti, si dispone che venga istituito presso il MiSE un Fondo nazionale per l’efficienza energetica (art. 15). Il fondo, a natura rotativa, sosterrà interventi di efficientamento realizzati dalla Pubblica Amministrazione, le ESCO e le imprese.

Altro punto importante del decreto è all’articolo 11, comma 2, nel quale si dà mandato all’Autorità per una riforma delle bollette elettriche che porti al superamento della struttura progressiva della tariffa. Nello stesso articolo – che attua quanto previsto dall’articolo 15 della direttiva UE (vedi allegato in basso) – al comma 1 si chiede all’Aeeg di intervenire su altri fronti:

  • l’Autorità dovrà aggiornare le regole per la remunerazione delle attività di sviluppo e gestione delle reti, “al fine di eliminare eventuali ostacoli all’incremento dell’efficienza”;
  • l’Autorità dovrà adottare disposizioni affinché “il dispacciamento dell’energia elettrica sia effettuato con precedenza, a parità di offerta economica, nell’ordine, a fonti rinnovabili non programmabiIi, altri impianti da fonti rinnovabili e impianti di cogenerazione ad alto rendimento”;
  • l’Autorità dovrà promuovere la “partecipazione della domanda ai mercati di bilanciamento, di riserva e altri servizi di sistema, definendo le modalità tecniche con cui i gestori dei sistemi di trasmissione e distribuzione organizzano la partecipazione dei fornitori di servizi e dei consumatori, inclusi gli aggregatori di unità di consumo (…) sulla base dei requisiti tecnici di detti mercati e delle capacità di gestione della domanda e degli aggregati”.

Questo mandato all’Aeeg di intervenire su mercato elettrico e tariffe per i consumatori ha messo in allarme gli operatori del settore dell’energia pulita. “Si introducono due commi (art.11, comma 1 e 2, ndr) che non solo nulla hanno a che vedere con l’oggetto del provvedimento, ma chiedono all’Autorità per l’Energia di modificare radicalmente due cardini dell’attuale normativa che disciplina il mercato elettrico: il meccanismo con il quale si forma il prezzo all’ingrosso del kWh e la tariffa per i consumatori tutelati. Non è accettabile che, in modo surrettizio, in una sede non pertinente, si cerchi una scorciatoia per affrontare questioni che, per la loro importanza, richiedono un confronto preliminare con tutte le parti interessate e con gli esperti della materia”, è la critica che arriva da una nota FREE, il Coordinamento delle associazioni delle rinnovabili ed efficienza energetica.

A mettere in allarme il Coordinamento, apprendiamo, è il fatto che in ambienti ministeriali da tempo circoli una proposta di riforma del mercato elettrico che, secondo FREE, potrebbe tagliare e gambe alle rinnovabili: si teme cioè che il mandato che il decreto dà all’Aeeg possa aprire la strada per azioni in tal senso. Ecco perché il Coordinamento chiede “alle Commissioni parlamentari competenti di pronunciarsi per la cancellazione dei due commi per evidente estraneità alla materia oggetto del provvedimento”.

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