Quando l’efficienza energetica bussa in banca

Cosa succede quando si chiede un finanziamento per un progetto di efficienza energetica? Con Mauro Conti di BIT facciamo un giro nel mondo delle banche, tra fondi di garanzia sostanzialmente ignorati, progetti complessi da valutare e spesso non sostenuti da analisi corrette, i primi studi sulla finanziabilità di progetti di FV non incentivato.

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L’efficienza energetica è ritenuta da tutti la strada più rapida, conveniente e senza controindicazioni per ripulire il sistema energetico, migliorando nel contempo i bilanci economici di famiglie, imprese e pubblica amministrazione e dando più sicurezza al Paese in materia di approvvigionamenti. Molti interventi di efficientamento si ripagano da soli in tempi ragionevoli, eppure nel mondo delle aziende, così come nel pubblico e nelle famiglie, trovare i finanziamenti per realizzarli non è affatto semplice. All’inizio di maggio QualEnergia.it pubblicherà una breve guida sul tema, “Prodotti finanziari a sostegno delle rinnovabili e dell’efficienza energetica”.

Intanto abbiamo parlato di questi argomenti con Mauro Conti, direttore di BIT SPA Servizi per l’Investimento sul Territorio.

Dottor Conti, iniziamo dal versante più semplice: i finanziamenti per il residenziale, più facili da valutare e garantiti da incentivi di facile gestione come le detrazioni fiscali e il conto termico. Come sta andando questo mercato? Come sono cambiate le offerte in questi anni e a cosa deve fare attenzione il consumatore per valutarle?

Oggi praticamente tutti gli istituti di credito hanno offerte dedicate per le famiglie che vogliano ridurre i consumi dell’abitazione e i tassi sono molto più favorevoli rispetto a qualche anno fa. Gli aspetti da valutare sono: condizioni e costi complessivi, se ci sono commissioni e a quanto ammontano e se il costo del denaro è commisurato alla durata del finanziamento. Oggi liquidità nel sistema ce n’è e dunque i tassi si stanno abbassando. I costi variano da zona a zona: più bassi al Centro-Nord e più alti al Sud. Al Nord oggi un prestito a 10 anni per un intervento di efficienza energetica sulla casa si può portare a casa con un tasso del 3-3,5%, condizioni molto interessanti sia rispetto al passato che in prospettiva; un costo del denaro sotto la media degli ultimi venti anni. Se i tempi si allungano si sale al 4-4,5%. Poi è importante, specie per finanziamenti particolarmente lunghi e onerosi, avere la possibilità di cambiare, ad esempio, passando da tasso variabile a tasso fisso qualora il mutare delle condizioni di mercato lo renda opportuno.

L’accesso al credito sembra invece più problematico laddove ci sono i potenziali di risparmio più importanti, nel mondo delle imprese e della pubblica amministrazione. Quali sono gli ostacoli che rendono difficili i finanziamenti?

Ci sono delle carenze in merito alla qualità dei progetti che vengono presentati: spesso non c’è una valutazione corretta di costi e benefici. Se gli aspetti tecnici, amministrativi ed economici fossero presentati in maniera chiara, questi progetti non avrebbero maggiori difficoltà ad accedere ai finanziamenti rispetto ad altri investimenti. L’altro tema è la conoscenza, a volte limitata, del settore da parte degli istituti di credito. Molto spesso i progetti si reggono sui titoli di efficienza energetica o Certificati Bianchi, uno strumento con il quale sovente il mondo bancario non è preparato ad interagire, anche se va detto che non mancano esempi positivi: alcune nostre banche offrono check-up energetici gratuiti alle aziende che finanziano. Insomma, per riassumere, l’efficienza energetica si scontra soprattutto con lacune culturali da entrambe le parti: chi propone i progetti e chi li deve finanziare.

Come si valuta la finanziabilità di un intervento?

Sulle imprese l’analisi non è banale. Visto il contesto economico, specie per finanziamenti su tempi lunghi, il problema è essere sicuri che l’azienda cliente resterà sul mercato per un numero sufficiente di anni. Erogare finanziamenti per interventi che si ripagano in un numero minore di anni, come la sostituzione di motori elettrici, è più facile. E’ comunque sempre fondamentale valutare il rating creditizio e di mercato dell’impresa. Altro aspetto da considerare è la qualità degli interventi, per cui assicurarsi che siano fatti da operatori affidabili e con tecnologie certificate e non sperimentali. E, non ultimo, vanno valutati incentivi e altre forme di supporto. Da questo punto di vista sono d’aiuto i fondi di garanzia, come il fondo di garanzia nazionale di Mediocredito che, se ben usato, può aiutare le aziende a fare investimenti con garanzia del pubblico.

Possiamo fare una rapida panoramica dei principali strumenti di sostegno al finanziamento dell’efficienza energetica che le aziende possono utilizzare?

Adesso ad esempio c’è la Sabatini bis, che interviene anche sulle rinnovabili e può essere usata anche per coprire parte del finanziamento per installare un impianto di produzione di energia. L’altra parte dell’investimento deve essere reperita dall’azienda con un mutuo tradizionale o con il leasing, strumento molto usato. Altra strada è quella di rivolgersi ad una ESCo, anche se sono poche quelle organizzate per gestire bene tutte le parti della filiera. Le agevolazioni, come appunto i titoli di efficienza energetica, ci sono e sono interessanti per diversi settori, dall’agricoltura, all’industria, fino al pubblico e al terziario. Interessanti sono poi i fondi della Banca Europea degli Investimenti che possono essere utilizzati sia dalla pubblica amministrazione che dalle aziende (si veda qui, ndr). Ad esempio JESSICA, che sostiene investimenti in infrastrutture ed efficienza nella pubblica amministrazione intesa in senso lato, cioè enti che abbiano una partecipazione pubblica di almeno il 50%, e JASMINE, fondo più generico rivolto alle imprese. Si sta concludendo la programmazione 2007-2013 ma sta per iniziare il nuovo ciclo: se tutti i soggetti sapessero usufruire di questi strumenti le opportunità migliorerebbero di molto.

Riguardo a questi fondi della BEI sembra di capire che non siano stati finora utilizzati a pieno. Perché?

Qualche progetto è stato fatto, ma parliamo di un decimo del potenziale. C’è difficoltà ad utilizzarli nonostante siano molto interessanti: si possono fare investimenti fino a 15 anni senza interessi. A impedire l’accesso è soprattutto la mancanza di preparazione da parte del personale che gestisce le strutture pubbliche e le gare d’appalto. Servirebbe un passo avanti nella qualità dei progetti presentati. Ad esempio, noi stiamo seguendo interventi sull’efficienza energetica nella pubblica amministrazione con il sostegno del fondo JESSICA, ma ci vediamo proporre progetti di cogeneratori e impianti fotovoltaici previsti a prescindere da serie valutazioni su costi e benefici. C’è una carenza di analisi. Nelle aziende ospedaliere, strutture altamente energivore, ad esempio ce n’è una su 10 che sa dirti precisamente quanto paga l’energia.

Chiudiamo parlando di fotovoltaico: il mondo delle banche durante il periodo d’oro del Conto Energia ha sviluppato notevoli competenze in materia. Con quale atteggiamento si guarda ora alla possibilità di finanziare i nuovi modelli di business del fotovoltaico senza incentivi?

L’attenzione è alta. Oggi la possibilità di fare fotovoltaico è legata sostanzialmente all’autoconsumo e ai SEU, i sistemi di utenza efficienti. La convenienza teorica esiste, ma è limitata a situazioni in cui domanda e offerta, cioè produzione e consumo, coincidono. Da questo punto di vista sono favorite aziende e pubbliche amministrazioni del Sud: stiamo esaminando progetti in Sicilia e in Puglia. Il potenziale per buoni margini c’è, ma al momento il mercato è ancora ristretto, anche per via del contesto economico incerto che impone di valutare bene il rating delle aziende interessate e richiede tempi di rientro rapidi.

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