La casa energeticamente indipendente

Una casa che non utilizza energie fossili: quali i costi e le criticità di progettazione e realizzazione? Con un buon isolamento dell’involucro, ad esempio, un impianto solare combi può fornire ottime prestazioni e ampia copertura dei fabbisogni di riscaldamento di un edificio. Iniziamo a parlare di abitazioni energeticamente autonome.

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Una delle richieste più frequenti che ricevono gli installatori dai propri clienti è quella di “staccarsidalla rete del gas e dell’energia elettrica. Quasi sempre questa drastica soluzione non è attuata per il costo relativo di una tale operazione o per la mancanza di esperienza dell’installatore. Però ci sono casi in cui la cosa più economica da fare è proprio questa. Una casa alimentata a GPL o gasolio, soprattutto se lontana da un allaccio a metano, ha dei costi di gestione annuali di norma molto elevati. In questi casi un investimento drastico su una alternativa a “zero emissioni” può essere la soluzione migliore.

La prima direttiva da seguire per raggiungere questo obiettivo è un buon isolamento dell’involucro dell’edificio. È uno dei punti deboli del patrimonio edilizio italiano. Spesso si crede anche di avere un buon isolamento perché si ha un’intercapedine di 9 cm con uno stato molto leggero di lana di vetro, oppure un pannello di polistirolo di qualche cm di spessore; niente rispetto agli standard europei o a qualcosa che si avvicina ad un reale risparmio energetico.

Normalmente sono due le famiglie di soluzioni che sono prospettate:

  1. impianto termico solare e un’integrazione a biomassa;
  2. impianto fotovoltaico e pompe di calore.

Fino a che era in vigore il conto energia per il fotovoltaico molti installatori, o direttamente i loro clienti, non prendevano minimamente in considerazione la prima soluzione. Dal 2006 al 2011 l’EcoIstituto RESEDA onlus ha portato avanti un progetto di verifica della reale produttività e convenienza di queste due soluzioni, non da un punto di vista teorico, ma analizzando impianti ed edifici realmente costruiti. Queste analisi, compiute con un protocollo scientifico chiamato SolarCIP (Criticità Installazione e Progettazione degli impianti solari) ha delineato quali sono gli errori tipici nella progettazione e nella realizzazione di questo tipo di impianti, la loro efficienza e produttività reale, cioè non con prove di laboratorio o desunta da simulazioni numeriche, ma da impianti realmente funzionanti.

Pubblicheremo da oggi una serie di articoli per illustrare e conoscere i risultati di questo studio e la reale possibilità di costruire in modo economicamente conveniente un edificio o una abitazione indipendente dalle reti di energia classiche.

Innanzitutto ricordiamo che il fabbisogno di calore di un edificio dipende in gran parte dal clima locale e dagli standard di isolamento e dai comfort termici dell’edificio. La maggior parte dell’energia e del costo energetico in una casa è quello per il calore, in particolare per riscaldare gli ambienti e per produrre acqua calda sanitaria. Circa il 90% dell’energia totale, con un costo che si aggira per una casa di circa 80 mq e 4 abitanti intorno alle 1.300 euro l’anno e in qualche caso superare 1.800 euro l’anno.

Riscaldare un edificio in inverno significa utilizzare l’energia solare nel periodo in cui è meno disponibile. In realtà questo non è un problema in generale; infatti, possiamo aumentare la superficie captante e inclinarla maggiormente per avere una maggiore produzione di energia in inverno.

Se riduciamo il fabbisogno energetico di un edificio lo rendiamo più adatto a essere riscaldato tramite un impianto termico solare. Quindi una buona pratica è quella di agire contemporaneamente sulla riduzione del fabbisogno termico degli ambienti tramite, ad esempio, una maggiore coibentazione dell’involucro dell’edificio. Riducendo la quantità di energia termica necessaria, l’apporto relativo dato dall’impianto solare aumenta e riduce così anche gli effetti di una eventuale sovrapproduzione estiva.

Di solito sussistono molti dubbi nel realizzare un sistema solare combi: a volte si sottostima l’apporto dell’energia solare al riscaldamento degli ambienti, a volte si reputa questo tipo di impianti troppo complicati per un installatore idraulico medio. In realtà, gli impianti combi sono soddisfacenti per gli utenti che hanno adottato questa tecnologia. Innanzitutto permettono di non utilizzare le caldaie per almeno metà dell’anno con un ottimo risultato economico e i sistemi più efficienti possono ridurre di oltre la metà il consumo di combustibili fossili.

È vero però che per installare un sistema combi è necessario avere un’esperienza specifica nell’installazione degli impianti solari. E in generale è necessario conoscere bene i principi e i componenti tipici della termoidraulica solare. Uno dei punti cruciali nella realizzazione di un impianto combi è l’integrazione con l’impianto di riscaldamento dell’edificio. Una cattiva integrazione può portare alla completa inefficienza del sistema ed è quindi un punto da esaminare con attenzione. Nella foto uno dei primi impianti combi di grande dimensione realizzati in Italia, con due serbatoi di accumulo e un sistema di scambio del calore (al centro).

Attualmente un consumo medio in una casa è di circa 20 MWh annui; in questa situazione un impianto termico solare di tipo combi può contribuire con 8 MWh annui. Diversamente, in una casa ‘a bassa emissione’, dove il consumo annuo è di soli 8 MWh, il solare termico può coprire quasi tutto il fabbisogno con l’integrazione di un generatore a biomassa. In Germania questa tipologia di abitazioni è già stata costruita da tempo e riesce ad avere una copertura del fabbisogno annuo da energia solare che val dal 50 fino al 100%. Possiamo ottenere questo tipo di prestazioni anche in Italia con sistemi indipendenti dalla rete? Approfondiremo l’argomento in un prossimo articolo.

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