Mercato elettrico: il disegno è davvero obsoleto?

Nel mercato elettrico italiano che si sta delineando è affrettata l'ipotesi che la chiusura di parte della capacità termoelettrica pregiudicherebbe la sicurezza del sistema. Meglio lasciare scendere il margine di riserva e vedere se i prezzi all’ingrosso tornano a livelli compatibili per garantire il sistema. Un articolo di Giuseppe Artizzu.

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Fino a tre anni fa, il profilo orario del prezzo di equilibrio sul mercato elettrico seguiva fedelmente la curva di carico. Dal 2012 invece il fotovoltaico ha portato una graduale ma sistematica riduzione del prezzo nelle ore centrali della giornata, preceduta e seguita da due brevi picchi in prima mattinata e tardo pomeriggio, peraltro smussati dalla migrazione verso tali fasce della produzione idroelettrica programmabile. Nella sostanza la curva oraria di prezzo oggi non segue più il carico ma il carico residuo, ossia la porzione non coperta da fonti intermittenti a costo marginale nullo.

Ciò ha prodotto una sostanziale riduzione del prezzo medio nell’arco della giornata, nonché alla compressione del margine di generazione sia per gli impianti mid merit a gas sia per quelli di base. Il calo della domanda per effetto di recessione ed efficienza energetica ha fatto il resto.

Fin qui la ricostruzione sommaria degli eventi. Di fronte a questa realtà, estremamente penalizzante per i produttori convenzionali, va affermandosi una narrativa per cui il disegno del mercato all’ingrosso sarebbe in crisi. Ora, in linea di principio un mercato funziona bene se riflette volta per volta le condizioni prevalenti di domanda-offerta, e incoraggia decisioni di investimento o disinvestimento coerenti con i fondamentali.

Se è così, cosa ci sta dicendo il mercato elettrico oggi?

Primo: osserviamo un’accentuata e prevedibile dinamica infragiornaliera del prezzo orario, riflesso diretto del cambiamento strutturale del carico residuo. Il prezzo di mercato riflette fedelmente la nuova realtà, indirizzando così gli investimenti verso la flessibilizzazione della capacità esistente e ancor più verso i sistemi di accumulo.

Secondo: i prezzi medi sono scesi in modo sostanziale, riflesso di un incremento dell’offerta a fronte della contrazione della domanda. Di nuovo, il segnale è che non serve nuova capacità di base o mid-merit, anzi ne serve di meno. Al limite servono impianti concepiti per supportare il dispacciamento, in alcune zone di mercato ovvero particolari condizioni metereologiche.

Terzo: aumenta la domanda di risorse per il dispacciamento, e quindi la remunerazione potenziale per impianti flessibili in grado di coprire i costi fissi lavorando in un numero ridotto di ore. Anche in questo caso, il segnale per gli investimenti sembra andare nella direzione giusta.

L’idea per cui la chiusura di capacità termoelettrica pregiudicherebbe la sicurezza del sistema appare affrettata. Ad oggi, differentemente dal resto d’Europa, non risulta la messa in conservazione di impianti di moderna concezione. Fino a che ciò non avviene è impossibile verificare l’evoluzione dei segnali di prezzo e le conseguenti decisioni degli operatori. (Rettifica: a dicembre Edipower ha annunciato il fermo per almeno un anno dell’impianto a turbogas di Chivasso, oggetto di repowering meno di un decennio fa: probabilmente il primo caso italiano di messa in conservazione di un impianto realizzato o rinnovato post liberalizzazione).

In altre parole, bisognerebbe lasciare scendere il margine di riserva, e vedere se i prezzi all’ingrosso tornano a livelli compatibili con la permanenza sul mercato di capacità sufficiente a garantire la sicurezza del sistema. Ove così non fosse, l’introduzione di un sistema di remunerazione della capacità si autolegittimerebbe.

Al contrario, schemi di remunerazione preventiva della capacità in un sistema in eccesso di offerta deprimerebbero artificialmente il mercato dell’energia, scoraggiando gli investimenti in capacità flessibile e sistemi di accumulo.

In questo contesto, registriamo il proposito di Confindustria di predisporre una “piattaforma commerciale unica” per l’energia fossile e rinnovabile. Come se l’attuale mercato all’ingrosso non fosse già un sistema efficiente di selezione della fonte di volta in volta più economica …

Finora i dettagli della proposta scarseggiano, ma non è peregrino il sospetto che si voglia superare il dispacciamento di merito economico su base oraria in favore di un sistema che privilegi la programmabilità degli impianti (ad esempio passando da offerte orarie ad offerte per pacchetti di ore: peak, baseload, ecc.). In questo modo la produzione intermittente sarebbe obbligata ad accedere al mercato attraverso trader in grado di aggregare produzione convenzionale e rinnovabile, invece che su base indipendente.

Ipotesi di questo tipo vengono curiosamente definite come un incentivo a “portare le rinnovabili sul mercato”. In realtà le rinnovabili sono già sul mercato, mentre molti le vorrebbero fuori.

L’articolo di Giuseppe Artizzu (Cautha) è stato pubblicato per la Newsletter di eLeMeNS.      

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