Se l’utility è amica del fotovoltaico su tetto

Le utility in varie parti del mondo stanno combattendo una guerra di posizione cercando di ostacolare l'avanzata della generazione distribuita. Ma tra le compagni elettriche c'è chi inizia ad agire in senso opposto, favorendo il FV su tetto come GMP, nel Vermont: “riduce costi di trasmissione e di approvvigionamento”, dicono dall'azienda.

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Nel mondo delle utility, accanto a chi cerca di frenare il cambiamento, c’è chi anche chi sta lavorando per adattarsi, ed ecco che una compagnia elettrica americana è stata addirittura premiata da un’associazione del solare per lo sforzo che sta facendo nel promuovere il fotovoltaico su tetto, in controtendenza con quanto fanno la maggior parte delle altre società di vendita. Un’azienda che tra evolvere o estinguersi ha evidentemente scelto di percorrere la prima via, anticipando i tempi.

La metafora darwiniana è ricorrente nel descrivere la fase che stanno vivendo le utility tradizionali basate su termoelettrico e modello centralizzato, insidiate da rinnovabili in generazione distribuita, efficienza energetica, overcapacity e calo della domanda. Se non si adattano – ripetono gli analisti – i grandi venditori di energia rischiano di fare la fine dei dinosauri. I report che portano l’avvertimento – redatti da gruppi bancari, società di consulenza, think-tank legati al mondo dell’energia convenzionale – si susseguono ormai con regolarità.

L’ultimo di cui abbiamo parlato, di Citigroup, ad esempio, prevede un possibile dimezzamento nei prossimi anni del valore delle azioni delle utility, che in Europa si è già dimezzato dal 2008 ad oggi (vedi grafico qui, dall’Economist su dati Reuters). La strada verso la generazione distribuita – si legge nel documento – è segnata e il ruolo delle aziende che producono e vendono elettricità dovrà cambiare. Da una parte, prevede il report, ci sarà la generazione centralizzata che avrà funzioni di back-up (sostenuta da meccanismi di capacity payment), dall’altra si creeranno “utility molto più piccole e localizzate che gestiranno produzione e domanda di energia in reti realizzate per la generazione distribuita e per storage, anche a livello di isolato”. Se questi nuovi modelli di business saranno gestiti dalle utility tradizionali o da altri soggetti resta ancora una questione aperta.

Parole alle quali il mondo del business energetico non è certo sordo: se nella maggior parte dei casi le utility si stanno limitando a cercare di ostacolare in ogni modo la diffusione della generazione distribuita, c’è anche chi si chiede come cavalcare l’onda mettendo in discussione il proprio modello di business. In documenti riservati, come abbiamo guà raccontato, il gigante tedesco RWE si propone di “sviluppare un business model innovativo e profittevole rivolto ai prosumer (clienti che sono anche produttori, ndr), un mercato da un miliardo di euro che sta emergendo accanto alla value-chain tradizionale”, mentre dichiarazioni in tal senso si possono leggere anche in una nostra intervista ad un dirigente Enel.

Ora dagli Usa ci arriva anche la notizia prima anticipata: nel Vermont c’è una utility, Green Mountain Power (relativamente piccola, 250mila utenti, pur essendo la più grande dello Stato) che sta promuovendo con decisione il fotovoltaico su tetto presso i propri clienti. E che per questo è stata addirittura premiata da un’associazione del solare, la SEPA, oltre che encomiata da varie organizzazioni che promuovono l’energia pulita.

GMP ha recentemente annunciato di voler rivedere al rialzo i suoi obiettivi sul fotovoltaico (per la contea di Rutland ad esempio 10 MW al 2015 anziché 6,25 al 2017); grazie al net-metering (una sorta di scambio sul posto incentivato) ai suoi utenti che hanno impianti FV sul tetto, paga per l’energia immessa in rete l’intero prezzo retail maggiorato di 6 centesimi di dollaro a kWh; l’azienda è stata segnalata inoltre come eccezionalmente collaborativa nel permettere la diffusione del solare domestico.

La compagnia elettrica del Vermont non accenna affatto a voler boicottare il net-metering, come invece stanno tentando di fare la maggior parte delle utility americane. Queste hanno mobilitato potenti lobby con l’obiettivo dichiarato di opporsi a tali politiche, che (come avviene in Italia per lo scambio sul posto o l’esenzione dagli oneri di sistema e di rete dei SEU) sono accusate di scaricare sui consumatori, che non hanno il FV sul tetto, i costi del sistema elettrico. Perché GMP si è schierata sul versante opposto e promuove gli impianti su tetto che teoricamente potrebbero erodere la domanda dei suoi clienti?

Come spiega al quotidiano locale Rutland Herald la portavoce Dorothy Schnure, spingere la generazione distribuita è una mossa per contenere i costi di rete e un’assicurazione contro picchi di prezzo nell’acquistare energia all’ingrosso che si manifestano soprattutto nelle punte di domanda estive sul mercato del New England. Senza la produzione dagli impianti FV, sottolinea, “dovremmo pagare anche 1 dollaro per il kWh che rivendiamo a 15 centesimi”; mentre, riguardo ai costi di trasmissione, l’azienda dichiara di aver già risparmiato grazie al net-metering “centinaia di migliaia di dollari”. Dichiarazioni confermate dal direttore del Department of Public Service del Vermont, Darren Springer: “il solare che abbiamo connesso alla rete, assieme agli sforzi per l’efficienza energetica, sta avendo un effetto tangibile nell’evitare un impatto economico in progetti di trasmissione che altrimenti sarebbe costati centinaia di milioni di dollari”.

“Mentre molte utility vedono il solare come una minaccia per i loro business – spiega la CEO di GMP Mary Powell – noi lo vediamo come un’opportunità per soddisfare in maniera cost-effective i bisogni dei clienti, promuovendo la creazione di lavoro ed opportunità economiche nelle nostre comunità.” L’azienda, spiega, sta provando a “pensare meno come un’utility, e più come un business creativo”.

Un suggerimento che anche altri soggetti più grandi dovrebbero considerare.

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