In calo la fattura energetica 2013 dell’Italia: 56 miliardi di euro

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Secondo le stime del preconsuntivo dell’Unione Petrolifera la fattura energetica è stimata quest'anno in flessione di circa 8,8 miliardi rispetto all’anno precedente (-13,5%) e sarà pari al 3,6% del Pil. La fattura petrolifera sarà invece pari a 30,8 miliardi di euro, con una flessione della domanda petrolifera rispetto al 2012 pari al 5,3%.

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La “fattura energetica“, cioè quanto spendiamo in un anno come Paese per l’approvvigionamento di energia dall’estero (al netto delle esportazioni di prodotti energetici), per il 2013 è stimata sui 56 miliardi di euro, con una flessione di circa 8,8 miliardi rispetto all’anno precedente (-13,5%).

Questa cifra corrisponde al 3,6% del Pil, contro un valore medio negli anni ‘90 dell’1,5%. In termini reali dal 2008, che ha rappresentato il record storico (65,8 miliardi a valori reali 2013), spendiamo 9,7 miliardi di euro in meno. I minori esborsi sono derivati principalmente dal gas naturale (-4,1 miliardi di €) e dal petrolio (-3,1 miliardi).

La stima è presente nel preconsuntivo dell’Unione Petrolifera (UP) pubblicato la scorsa settimana che valuta anche che la “fattura petrolifera” per il 2013, cioè la spesa per il solo acquisto di petrolio. Questa sarà pari a 30,8 miliardi di euro, un valore vicino a quello del 2006 in termini reali, ma con un consumo inferiore di circa 26 milioni di tonnellate. In altri termini, consumiamo meno, ma spendiamo la stessa cifra. La stima della fattura petrolifera dell’anno in corso è tuttavia in calo di 3,1 miliardi sul 2012 (-9,2%). In questo caso il peso sul Pil, pur scendendo al 2%, rimane tra i più elevati degli ultimi anni. Tre fattori hanno concorso a questo dato annuale: il calo dei consumi, l’apprezzamento dell’euro e la flessione delle quotazioni internazionali del greggio importato.

Per quanto riguarda i consumi, come detto, anche nel 2013 è proseguita la flessione della domanda petrolifera: -3,4 Mton, pari a -5,3% rispetto al 2012. La domanda di carburanti (benzina + gasolio auto), pari a 28,3 miliardi di litri, quest’anno è diminuita di circa il 5% con un calo complessivo di oltre 1,1 milioni di tonnellate.

Nel periodo 2000-2013, la flessione complessiva di consumi petroliferi è stata di circa 33 milioni di tonnellate (-35%). Nel grafico l’andamento dei consumi dei prodotti petroliferi in Italia dal 1971.

Uno dei fattori indicati dall’UP come determinante nel calo dei consumi è la forte crescita della componente fiscale che ha reso sempre più elastica la domanda al prezzo e ridotto sensibilmente il gettito per lo Stato: oltre 1 miliardo in meno rispetto al 2012. Il carico fiscale è oggi il più alto in Europa e in diverse Regioni l’introduzione di ulteriori addizionali hanno comportato, in queste aree, un calo dei consumi di benzina superiori alla media nazionale di 3-4 punti percentuali.

Secondo l’UP la raffinazione resta il tema più critico e condizionante di tutta l’attività downstream: i tassi di lavorazione sono scivolati intorno al 72% nonostante la trasformazione anche delle Raffinerie di Roma in polo logistico integrato. Dal 2010 sono stati chiusi impianti per un totale di 8,8 milioni di tonnellate (l’8% della capacità totale) e nonostante ciò il settore resta in una situazione di overcapacity per circa 30 milioni di tonnellate. Attualmente la capacità di lavorazione è intorno ai 90 milioni di tonnellate.

L’Unione Petrolifera se la prende con i biocarburanti che, secondo l’organizzazione, sono stati incentivati sia fiscalmente che attraverso normative ad hoc, “nonostante il loro costo molto più elevato dei prodotti fossili e le numerose problematiche tecniche associate al loro utilizzo, nonché lo scarso vantaggio ambientale”. L’UP plaude perciò all’iniziativa del Governo di sospendere l’aumento al 5% dal 2014, e chiede all’esecutivo di intervenire in sede europea per rivedere l’obbligo del 10% al 2020 che, secondo UP, “è irrealistico non essendo lo sviluppo industriale dei biocarburanti di seconda generazione tale da traguardare l’obiettivo”. In Italia, ricorda Up, “nella situazione attuale, il maggior costo per i consumatori, legato al rispetto dell’obbligo di miscelazione dei biocarburanti, è compreso tra 750 milioni e un miliardo di euro all’anno”.

Aperta poi la polemica dell’Unione Petrolifera con Legambiente che aveva richiamato l’attenzione alla questione dei sussidi alle fonti fossili (Qualenergia.it). Ma per l’UP in Italia nessuna forma di sussidio viene concesso alle fonti fossili, ad eccezione di quelli relativi al Cip 6 per le assimilate. Anzi semmai spiega UP “in Italia oggi esistono ‘disincentivi’ alla fonti fossili per 41 miliardi (a tanto ammonta il gettito di accise e Iva), che colpiscono sempre di più i consumi”. Quei sussidi che elenca Legambiente per l’Up altro non sono che una riduzione dei disincentivi a favore di particolari categorie e per scopi sociali (come gli autotrasportatori, le ambulanze, le serre, la pesca, ma anche i finanziamenti per lo sviluppo della rete stradale che usano tutti, ciclisti e auto elettriche comprese). Insomma, per l’UP la posizione di Legambiente “è strumentale e ignora l’importanza, anche per gli anni a venire, dell’industria petrolifera e le difficoltà che attraversa, mettendo a rischio la stessa sicurezza energetica del Paese”.

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