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Riscaldamento globale e disastri locali, e la noncuranza della politica

La tragedia della Sardegna ripropone con regolarità la questione dei cambiamenti climatici globali e dell'abbandono e distruzione del territorio. Sul primo aspetto l'Italia può fare poco di risolutivo; sul secondo aspetto predomina l'indifferenza e un pensiero unico che considera più proficuo rilanciare cemento e grandi opere piuttosto che investire nel risanamento dei nostri habitat.

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Il disastro dell’alluvione in Sardegna era un evento annunciato. Non è il primo e non sarà neanche l’ultimo. Sono precipitati 470 mm di acqua sull’isola con un’intensità spaventosa e in dodici ore; in un giorno circa la metà di quanta ne cade in un solo anno. Un altro evento climatico estremo che nel Mediterraneo, con una temperatura del mare spesso molto elevata rispetto a quella degli strati più alti dell’atmosfera, provoca vere e proprie bombe d’acqua. Il ‘combustibile’ di queste bombe è proprio quel riscaldamento che, come in altre parti del mondo, sta diventando una causa di altri eventi estremi, causa peraltro mai troppo evidenziata nelle cronache della stampa.

Noi qui parliamo da anni di questi argomenti, segnalando report e dati allarmanti, buoni per la stampa per un titolo catastrofista. Raccontiamo dei 2, 3 o 4 gradi di temperatura media globale in più che il nostro modello di sviluppo ci consegnerà entro la fine del secolo. Restano argomenti per iniziati, per addetti ai lavori che non trovano riscontro in chi ogni giorno affronta la quotidianità nel proprio microcosmo. Almeno fino a quando non arriva l’evento meteorologico violento. La psicologia però ci insegna una cosa: di fronte all’annuncio di un possibile futuro disastro la natura umana agisce con un approccio difensivo. Si preferisce non guardare o sperare che le cose si aggiustino. Ma le cose non si aggiustano: Giampilieri e Scaletta Zanclea, Genova, Cinque Terre, cagliaritano, provincia di Grosseto, Marche, e tanti altri disastri. L’altro giorno la Sardegna.

Noi intanto osserviamo il mondo dall’alto dei grandi numeri, facciamo informazione, a volte un po’ astratta, sui grandi scenari planetari. Tutto utile, d’accordo. Il global warming è in atto. Ma a questi ‘macro avvertimenti’ non segue poi mai un’azione concreta. L’Italia può fare poco sul clima globale, se non seguire la roadmap internazionale. Ma poi la calamità è lì, sul territorio, più o meno circoscritto: la gente che perde tutto, case, attività produttive e soprattutto affetti. Chi ha affrontato un’alluvione è alluvionato dentro e non ne uscirà facilmente.

Come ha scritto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, l’Ance ha stimato che il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è di 242,5 miliardi di euro. Ma molti ritengono che nei prossimi anni saranno anche molti di più visto che la probabilità di eventi meteo estremi e il loro aumento in termini di frequenza è crescente (come spiega il V Rapporto di Valutazione dell’Ipcc). Non sarebbe meglio prevenire riducendo i danni?

Sono argomenti che le menti deboli di gran parte della politica non riescono nemmeno a percepire. Se il cittadino può anche girare la testa, non è accettabile che questo approccio lo abbia chi deve prendere le decisioni per il paese.

Chi afferma di fare politica per amore del paese non mette mai al primo posto la tutela del suo territorio. E’ assurdo e ipocrita. Alcune recenti notizie dalla Sardegna: nuovo piano edilizio a Cagliari, dove non si vendono più case, e revoca dai bilanci della Regione di fondi (1,5 milioni di €) destinati alla salvaguardia del territorio. A livello nazionale si preferisce acquistare gli F35 e poi si fa la conta dei pochissimi elicotteri disponibili per tutto il territorio sardo. Si ritiene indispensabile un’inutile Tav nella Val di Susa e investire in altre grandi opere, vantaggiose solo per pochi, e poi non si fa regolare manutenzione dei fiumi e dei torrenti (e a volte anzi vengono perfino ingabbiati nell’asfalto).

Non serve più uno Stato nazionale e locale che ha come unica ricetta per la crescita costruzioni e cemento; che grida alla fatalità asciugandosi le lacrime con la mano sinistra, mentre con la destra firma una infinita sequela di speculazioni sul territorio sventrandolo in modo quasi irreversibile. E specula pure sui disastri a favore della cricca di turno.

Le strategie di adattamento (ricordiamo qui il pacchetto europeo sulle Adaptation Strategy) realizzate attraverso un’attenta informazione, pianificazione e coordinamento su aree anche ristrette, adeguati sistemi di allerta, la preparazione delle diverse strutture territoriali e dei cittadini, sono punti che dovrebbero essere all’ordine del giorno, ma vengono ignorati, anche se avrebbero ricadute positive sull’economia locale e nazionale.

Su scala nazionale servirebbe uno stanziamento pluriennale per mettere in sicurezza il territorio dal rischio idrogeologico (circa 40 miliardi di euro secondo il Ministero dell’Ambiente), mentre nella finanziaria il governo Letta mette a disposizione della tutela del territorio la miseria di 30 milioni di euro.

Tra poco le telecamere si spegneranno e molti dimenticheranno. E noi continueremo a recensire report allarmanti sul clima che cambia e sui danni ambientali ed economici che tutto questo provoca. Quando l’assenza della politica è così evidente serve una più consapevole e reazione delle popolazioni. E’ vero che molti cittadini e imprese trovano i loro piccoli tornaconti nelle scelte miopi della classe politica, ma il solo modo di salvare il territorio è farlo preservare da chi ci vive e ci lavora.

Per questo serve una élite consapevole di cittadini capace di trascinarsi dietro anche gli indifferenti e che sappia ragionare come comunità e per il bene del proprio habitat. Comunità di quartiere, di territorio, di città che facciano pressione sui governanti locali e si ripensino anche al di là della politica, che sappiano lottare e organizzarsi per una nuova idea di futuro che non si fondi più sulla devastazione del suolo, ma su una nuova cultura per uno sviluppo armonioso con la propria terra.

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