Rinnovabili, il boom dei brevetti che smonta le accuse agli incentivi ‘inutili’

C'è chi accusa gli incentivi alle rinnovabili di 'impigrire' la ricerca nel settore, che si accontenterebbe delle tecnologie esistenti perché rese redditizie dai sussidi. Una ricerca del MIT mostra come sia vero il contrario: negli ultimi anni il numero registrato di brevetti in energie pulite si è quintuplicato, passando da 200 a oltre 1000 all'anno.

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Una delle critiche che più si sentono ripetere contro l’incentivazione delle rinnovabili è che sarebbe stato meglio dare quel denaro a centri di ricerca, in modo che inventassero tecnologie molto più efficaci delle attuali, così da avere prodotti immediatamente competitivi con le fossili, senza bisogno di ulteriori aiuti. Fornire invece soldi in incentivi a installazione e produzione, secondo questa critica, produrrebbe compiacenza, con i produttori che, consapevoli che i loro prodotti saranno convenienti grazie all’aiuto pubblico, farebbero ben pochi sforzi per migliorarli.

Ma è proprio così? Una recente ricerca portata a termine dalla professoressa di ingegneria Jessika Trancik e colleghi del MIT e dell’Università dell’Indiana, pubblicata su PLoS ONE, svela che sta accadendo esattamente il contrario.

Il forte impulso alla ricerca dato dal rinnovato interesse verso le tematiche energetiche e ambientali di questo ultimo decennio, unito alla forte espansione del mercato delle rinnovabili, grazie alla incentivazione di cui hanno goduto prima in Europa e poi nel resto del mondo, sta infatti producendo un boom senza precedenti di ricerche e brevetti in questo settore.

Esaminando i database degli uffici brevetti di 100 nazioni, alla ricerca di invenzioni registrate nel campo delle energie rinnovabili fra il 1970 e il 2009, Trancik e colleghi hanno individuato 73.000 brevetti, con due boom di domande coincidenti, una con lo shock petrolifero fra 1975 e 1985, e un secondo dopo il 2000.

Ma mentre fra 1975 e 2000 il numero di brevetti nel settore delle rinnovabili cresceva in media di 200 domande l’anno, ed è poi calato in parallelo con la diminuzione del prezzo del petrolio, fra 2000 e 2009 il numero è cresciuto a 1000 brevetti l’anno (vedi grafico), con un particolare dinamismo proprio nei settori delle energie incentivate in Europa: crescita del 13% annuo per le tecnologie solari e del 19% annuo per quelle nell’eolico, tassi pari o maggiori di quelli delle tecnologie informatiche e della comunicazione digitale.

A confronto la media dei brevetti nel campo delle energie fossili è restata intorno a una media dei 100 annui, anche se nel 2009 c’è stato un balzo con 300 nuovi brevetti.

Secondo Trancik il boom dell’innovazione nelle rinnovabili si deve all’azione congiunta, a livello di base e di applicazioni, di programmi di ricerca sia governativi che di industrie private, ma è anche effetto della crescita del mercato, sostenuto da incentivi, sgravi fiscali e sussidi vari, che ha attirato l’attenzione dei ricercatori verso un settore in grande espansione e che promette enormi profitti a chi individuerà le tecnologie vincenti.

E c’è anche da notare che la ricerca si ferma al 2009: viene da chiedersi cosa sia poi successo negli anni della grande espansione in Europa delle rinnovabili e soprattutto in questi ultimi tempi, quando il boom delle installazioni di rinnovabili si allargato su scala mondiale.

Lo studio

 

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