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Utility europee contro rinnovabili, e per il capacity payment

Oggi a Bruxelles Enel, Eni e altre 8 grandi società dell'energia europea si sono riuniti per chiedere per l'ennesima volta la fine degli incentivi alle rinnovabili e un soccorso alle centrali termoelettriche tramite il capacity payment. La crisi delle centrali a gas, denunciano, mette a rischio la sicurezza del sistema elettrico.

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Le utility europee alzano la voce contro gli incentivi alle rinnovabili, colpevoli di aggiungere potenza a sistemi elettrici già in overcapacity e chiedono misure di capacity payment, cioè di venir pagate anche per la potenza flessibile che tengono in stand by, ma che può servire a compensare la fluttazione della produzione da eolico e fotovoltaico.

Le richieste arrivano da una conferenza stampa tenutasi oggi a Bruxelles dai CEO di 10 grandi compagnie elettriche che assieme controllano metà della potenza elettrica europea. Una lobby informale conosciuta come “il gruppo Magritte” (perchè si è riunita per la prima volta questa primavera a Bruxelles nel museo dedicato all’artista surrealista) e che comprende nomi importanti come le nostre partecipate pubbliche Enel ed Eni, la francese GDF Suez, le tedesche E.ON e RWE, la svedese Vattenfall e la spagnola Iberdrola.

La denuncia dei grandi dell’energia convenzionale non è nuova. Come ha spiegato alla conferenza, Gerard Mestrallet, CEO di GDF Suez, tra crisi e misure di efficienza energetica, la domanda è crollata e con essa i prezzi all’ingrosso, “quasi dimezzati dal 2008”, nel contempo le bollette per i consumatori sono aumentate “del 17% per i consumatori domestici e del 21% per quelli industriali”.

Il mercato europeo è afflitto da un eccesso di capacità e in tutto ciò “incentivi eccessivamente generosi” per le rinnovabili hanno portato a installare nuova potenza da eolico e fotovoltaico, che godono di priorità di dispacciamento. Una situazione in cui è diventato antieconomico gestire certi impianti termoelettrici.

“In altri settori come siderurgia, automotive e raffinazione quando c’era overcapacity si toglieva capacità produttiva. Invece nel settore energetico abbiamo incentivato massicciamente nuova potenza da solare ed eolico che ci ha portato nella situazione assurda in cui siamo oggi”, lamenta Mestrallet.

Una denuncia che tralascia peraltro il fatto che le utility hanno continuato a investire in nuova potenza termoelettrica anche quando erano già stati stabiliti i target da raggiungere sull’energia pulita, forse scommettendo contro le stesse politiche europee, e in alcuni casi quando sapevano già che anche senza rinnovabili di potenza elettrica ce n’era già abbastanza. Ad esempio. la nostra Assoelettrica, già in un documento del 2006 scriveva che la potenza termoelettrica realizzata o in fase di realizzazione in Italia garantiva “un adeguato margine di riserva” (anche senza tenere conto della potenza da rinnovabili che si sarebbe poi installata); ciò nonostante dal 2006 al 2011 si sono aggiunte ugualmente altre diverse migliaia di megawatt di centrali.

Al centro della crisi del termoelettrico attuale sono i cicli combinati a gas: le utility europee, si è detto, nel corso della conferenza, hanno dovuto fermare centrali per 51 GW di potenza, anche per la concorrenza del carbone, sceso di prezzo in conseguenza del boom delle shale gas negli Usa.
Le chiusure degli impianti a gas, denuncia, Mastrallet, mette in pericolo la sicurezza del sistema elettrico europeo, dato che questi impianti particolarmente flessibili sono “essenziali” come back-up per la produzione intermittente di sole e vento. Da qui la richiesta di misure di capacity payment e, per difendere il gas dalla concorrenza del carbone, anche misure che rimettano in sesto il mercato della CO2, che attualmente ha prezzi troppo bassi.

 

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