Le banche scommettono su efficienza e autoconsumo

Il fotovoltaico nel 'post incentivi'; un accesso al credito difficile anche per le tecnologie più redditizie; il giacimento dell'efficienza energetica e le difficoltà per sfruttarlo. Qual è la visione delle banche riguardo agli investimenti low carbon in questo momento particolare? Ne abbiamo parlato con Romano Stasi, segretario generale del Consorzio ABI Lab.

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Le rinnovabili, dopo il boom degli anni scorsi, hanno raggiunto la maturità e devono confrontarsi con incentivi meno generosi quando non completamente eliminati, come nel caso del fotovoltaico. Pur riconosciute, assieme all’efficienza energetica, come strategiche per uscire dalla crisi e capaci di dare buoni rendimenti economici, le energie pulite devono inoltre scontrarsi con la stretta del credito. Che visione hanno le banche nei confronti degli investimenti low carbon in questo momento particolare? Ne abbiamo parlato con Romano Stasi, segretario generale del Consorzio ABI Lab.

Per le rinnovabili e in particolare per il fotovoltaico è finito il periodo d’oro degli incentivi generosi. Si devono cercare modelli di business diversi. Come cambia l’approccio delle banche verso il settore?

Come abbiamo mostrato nella nostra indagine su banche e green economy presentata un paio di mesi fa, le banche dal 2007 al 2012 hanno erogato finanziamenti a rinnovabili ed efficienza energetica per 25 miliardi di euro. La sfida adesso è appunto quella di adattare gli strumenti finanziari a progetti che si reggono su incentivi ridotti, quando addirittura non devono operare in un’ottica di grid parity. Per il fotovoltaico ci sarà uno spostamento verso gli impianti destinati all’autoproduzione, magari a favore di soggetti energivori. Dal punto di vista della banca in questi casi la sostenibilità economica si basa sui risparmi che l’impianto consente a chi ne beneficia. Per le altre fonti invece una garanzia viene da registri e aste: i progetti che superano questo passaggio burocratico hanno una maggior certezza di accedere agli incentivi e, dunque, danno più affidabilità.

La sostenibilità economica di modelli di business basati sull’autoconsumo, come quelli cui accennava per il fotovoltaico, è molto più difficile da valutare rispetto ai modelli basati sull’entrata degli incentivi. Ad esempio si deve essere sicuri che l’attività produttiva ospitata nel capannone su cui si vuole fare l’impianto mantenga per molti anni consumi costanti. Come si stanno attrezzando gli istituiti di credito?

Le banche si sono strutturate con risorse dedicate ad analizzare queste problematiche. Dalla nostra ricerca emerge che il 75% degli istituti del campione ha creato team di esperti tecnici per valutare progetti in rinnovabili ed efficienza energetica. Nei casi di cui parliamo si valutano tutti gli aspetti che vanno ad influenzare il merito dell’investimento: rispetto ai progetti basati sugli incentivi c’è una valutazione più di tipo corporate, che guarda molto alle garanzie che offrono i soggetti in gioco. I fondamentali di queste iniziative sono comunque in genere interessanti per le banche: l’attenzione verso le rinnovabili resta.

Tra le rinnovabili elettriche alcune – ad esempio biogas o minieolico – godono ancora di incentivi che le rendono particolarmente interessanti a livello economico. Gli operatori di questi settori però ci dicono di trovare ancora un notevole ostacolo nell’accesso al credito. Come risolvere il problema?

L’interesse in queste fonti da parte del mondo bancario c’è. Per questi settori, che spesso hanno leve molto interessanti a livello di incentivi, bisogna creare cultura, anche tecnica, sul funzionamento degli impianti e il sistema incentivante: proprio per questo noi, ad esempio, recentemente abbiamo pubblicato una sorta di linee guida sul tema biogas e biomasse. Per venire all’eolico, in passato le banche hanno finanziato soprattutto con project financing, perché si trattava di impianti molto grandi; il minieolico, comportando investimenti minori, richiede strumenti diversi, come leasing o finanziamenti tradizionali, che vanno riprogettati per questo tipo di impianti. Il concetto chiave comunque è che non ci si può aspettare che tutte le banche offrano gli stessi prodotti e servizi. Solo alcune hanno la possibilità e l’interesse nel focalizzare competenze e predisporre risorse per strumenti destinati a questo tipo di investimenti.

Riguardo al minieolico, in Sardegna si è cercato di facilitare l’accesso al credito da parte delle aziende agricole con un fondo di garanzia regionale. Ritiene che iniziative analoghe, anche per altre fonti, possano essere efficaci?

In realtà piccole e medie imprese che vogliano investire in rinnovabili o efficienza energetica hanno già la possibilità di farsi supportare da alcuni fondi, ad esempio il Fondo di garanzia per le PMI, che non fa distinzione del tipo di investimento. Poi sicuramente avere fondi dedicati aiuta molto.

Quanto pesa l’incertezza normativa nel valutare un investimento in rinnovabili?

Moltissimo. Come emerge anche dalla nostra rilevazione, nel valutare un investimento, per le banche questo aspetto è secondo solo alla solidità creditizia del soggetto interessato. Il 56% del campione ha inserito il quadro normativo tra gli aspetti fondamentali per decidere di un finanziamento e il 22% ha espresso preoccupazioni per l’iter autorizzativo: si pensi che può ritardare la realizzazione di un progetto anche di oltre un anno, con relativo impatto sui flussi di cassa. C’è da dire che per quel che riguarda il quadro normativo la situazione, nel bene o nel male, ora sembra relativamente consolidata.

Come vede il settore dell’energia pulita in rapporto al contesto economico generale?

A livello macroeconomico il settore è sicuramente in grosso fermento. In generale le banche ci dicono di considerare il comparto del green, un mercato in forte crescita, dove si ottengono ancora buoni rendimenti, sia per chi investe che per chi finanzia. Credo sia importante che si muovano delle leve per favorire investimenti in efficienza energetica. Ciò porterebbe a ulteriori possibilità di crescita nel settore immobiliare, uno di quelli più capaci di influire sul Pil. Bisogna, dunque, spingere di più su certificazione e riqualificazione energetica degli edifici, come sulle rinnovabili in autoconsumo al servizio delle attività produttive.

Abbiamo appunto trascurato efficienza energetica e rinnovabili termiche. Come si pongono le banche nei confronti di questi settori?

Anche qui c’è interesse. Dalla nostra indagine emerge che il 67% delle banche valuta per il 2013 l’avvio di finanziamenti per interventi di efficienza energetica e che una spinta positiva è stata data dal Conto Termico, che per il 78% del campione abilita la definizione di nuovi prodotti ad hoc. Tra gli interventi maggiormente presi in considerazione per la predisposizione di nuovi prodotti di finanziamento vi sono la sostituzione di scaldacqua elettrici con scaldacqua a pompa di calore e l’installazione di collettori solari e termici.

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