Complessità e prospettive degli utilizzi energetici delle biomasse in Italia

Biomasse solide, gassose, liquide. Per utilizzi elettrici, termici, per il trasporto. Marino Berton, presidente di AIEL, fa alcune valutazioni sulle evoluzioni in atto e prova a tracciare delle indicazioni per il futuro. Soprattutto per impianti su piccola scala le tecnologie si stanno dimostrando mature, ma manca un quadro normativo stabile. L'importanza della loro integrazione nel contesto territoriale.

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L’elaborazione di scenari di sviluppo nel settore delle biomasse a destinazione energetica, proiettati al 2030, presenta una serie di oggettive difficoltà che dipendono dai seguenti fattori:

  • il termine biomasse a destinazione energetica comprende: le biomasse solide (in larga parte rappresentato dal sistema legno-energia), le biomasse gassose (biogas e biometano), le biomasse liquide (biocaburanti e bioliquidi). Un’articolazione quindi complessa che ha differenti dinamiche;
  • il settore biomasse può avere una diversa finalizzazione: la produzione di energia termica, energia elettrica, energia motrice per il trasporto, le stime devono quindi essere suddivise in ambiti decisamente differenziati;
  • data la complessità delle tipologie delle biomasse impiegate e della loro finalità energetica, tranne che per la parte relativa all’energia elettrica, non esistono sistematiche rilevazioni ufficiali per il settore, tali da poter tracciare agevolmente uno scenario di sviluppo. È necessario quindi procedere con stime il più possibile oggettive, ma certamente parziali.

Un quadro tutt’altro che semplice, data la complessità e l’articolazione; tuttavia, tenendo conto di queste premesse, sulla base delle informazioni disponibili e di alcune valutazioni circa le evoluzioni in atto è possibile tentare di tracciare alcune indicazioni per il futuro.

Secondo le stime prodotte da Assocostieri, nella proiezione 2010-2025 i consumi di carburanti fossili impiegati nel trasporto avranno una riduzione, che sarà più sensibile per la benzina (-23%) e più contenuta per il gasolio (-2,5%). In termini reali si dovrebbe passare dai 33,7 milioni di tonnellate consumati nel 2010 nella somma tra benzina e gasolio, a circa 30,8 M/t al 2025. Quanto al trend per l’etanolo e bio-ETBE, l’associazione dei produttori di biocarburanti stima una crescita che partendo dai 0,24 M/t dovrebbe raggiungere i 0,5 M/t. Anche per il biodiesel è stimata una crescita nello stesso arco temporale anche se più contenuta (da 1,2-1,4 del 2010 a 1,7 M/t al 2025 – vedi tab. 1).

Un dato comunque è certo: l’obiettivo del 10% di energia impegnata nel trasporto sostenibile al 2020 previsto nel pacchetto “energia-clima” della UE non sarà raggiunto, a meno che non si introducano alcune significative novità, come quelle che auspichiamo nella sezione dedicata al biometano. A nostro avviso le previsioni di Assocostieri circa l’evoluzione dei biocarburanti sono ancora troppo ottimistiche. Com’è noto la Commissione europea ha aperto un confronto per giungere a definire criteri di sostenibilità ancora più stringenti per i biocarburanti. Quindi, in questa prospettiva per esempio la quota significativa di biodiesel nazionale che già oggi viene prodotto con oli di palma provenienti dal Sud-Est asiatico potrebbe ridursi, incidendo a ribasso nelle stime che qui abbiamo evidenziato.

Gli annunciati biocarburanti di seconda generazione non sono ancora prodotti su larga scala, numerose attività di ricerca e progetti pilota sono in corso in Italia, Nord America, Europa, Brasile, Cina, India e Thailandia. Si tratta di una prospettiva interessante, ma si ritiene possano dispiegare i primi e significativi effetti nel lungo periodo. La realizzazione del primo impianto italiano per la produzione di bioetanolo di seconda generazione dovrebbe, a regime, produrre 40.000 t di biocarburante, quantità oggettivamente trascurabile anche se utile. Per quanto riguarda lo sviluppo della mobilità con le auto elettriche, esiste un’oggettiva difficoltà a stimare quanta parte dell’energia elettrica da fonti rinnovabili possa essere ascrivibile al consumo per questo settore, quindi ogni stima parrebbe azzardata.

Una vera novità è rappresentata dallo sviluppo del biometano (biogas depurato dalla CO2) soprattutto – ma non esclusivamente – se destinato all’autotrazione. Le ragioni sono chiare e inequivocabili: è il vero biocarburante tricolore, realizzato non da olio di palma della Malesia, ma da matrici provenienti da sottoprodotti aziendali o da colture di integrazione. Il sostegno al biometano utilizzato nell’autotrazione non costerà un euro in più ai consumatori italiani perché in larga parte andrà a sostituire biocarburanti realizzati con matrici d’importazione. Abbiamo una condizione unica: siamo il primo Paese europeo per numero di veicoli alimentati a metano, che possono “passare” al biometano senza alcuna modifica o integrazione. Naturalmente tutto ciò è condizionato dall’approvazione del decreto attuativo (atteso da 26 mesi e previsto nel Dlgs 28/11) che dovrà definire i criteri di incentivazione del biometano.

Alla produzione di energia elettrica da biomasse concorrono tre specifici segmenti del settore: bioliquidi, biomasse solide e biogas. Gli elementi che influiranno sui futuri sviluppi dell’energia elettrica da biomasse sono numerosi e vanno analizzati in modo distinto per categorie.

I riferimenti dei dati sui megawatt installati sono desunti dal secondo bollettino 2012 pubblicato dal GSE e riferiti a quelli qualificati IAFR (vedi fig. 1).

Per i bioliquidi è necessario considerare che i 1.015 MW attualmente installati sono stati in larga parte realizzati tra il 2009 e l’inizio del 2011. In quel periodo gli oli vegetali, di cui in larghissima parte si alimentano questi impianti, avevano un costo sul mercato internazionale molto più basso di quello attuale. Ci riferiamo per esempio all’olio di palma proveniente dal Sud-Est asiatico che nei periodi migliori era quotato attorno a 500-600 €/t rispetto agli attuali 800-900 €/t. La legislazione più recente ha ridefinito tariffe elettriche attribuendo un vantaggio per gli oli tracciati e certificati di provenienza europea, che hanno però un prezzo su mercato superiore ai 1.000 €/t. Inoltre la tariffa incentivante, introdotta con il DM 6 luglio 2012, è stata ridimensionata al punto da rendere impraticabile un investimento in questo settore. I criteri di sostenibilità dei bioliquidi preannunciati dalla Commissione europea e attualmente in corso di definizione sono un ulteriore elemento da considerare circa le prospettive future. In conclusione, dati questi elementi, le previsioni al 2030 per gli impianti alimentati a bioliquidi non fanno intravedere ulteriori sviluppi, quanto piuttosto una contrazione.

Per gli impianti alimentati a biomasse solide si rende necessaria un’analisi differenziata tra i grandi impianti (> 1 MWe) e quelli piccoli e medi.

Nel primo caso vi sono una serie di condizioni non favorevoli che non fanno prevedere significativi progressi al 2030. Per esempio il meccanismo delle aste a ribasso per i certificati verdi (oltre 5 MWe), le tariffe incentivanti più ridotte per queste taglie (da 1 a 5 MWe), il sistema di registri e il contingentamento delle potenze installabili.

Per la seconda tipologia e in particolare per gli impianti fino a 300 kW vi sono attualmente condizioni più favorevoli sia per la tariffa incentivante decisamente più vantaggiosa, sia per le procedure che escludono dalla modalità dei registri gli impianti inferiori ai 200 kW.

Elementi che, se confermati anche nel prossimo futuro, fanno presuppore una possibilità di sviluppo. Va altresì tenuto conto dell’evoluzione della mini cogenerazione a biomasse solide, che potrà avere interessanti sviluppi anche sul fronte della trigenerazione. Infine, una traiettoria del tutto simile è ipotizzabile per il settore del biogas agro-zootecnico per analoghe considerazioni. Le possibilità di ulteriore sviluppo, rispetto ai 770 MW attualmente installati, sono riposte nella crescita dei piccoli/medi impianti (fino a 600 kW), a condizione che per questa tipologia sia rivisto il sistema di registri e delle quote installabili, oltre alla necessità di dare certezza di contingenti installabili per il futuro, attualmente limitati al 2015. Prima ancora del valore e dell’importanza dal punto di vista energetico questa è una scelta di politica agraria. L’opzione del biogas può significare per alcune aziende agricole la possibilità di poter continuare a produrre carne, latte, formaggio con qualità e soddisfazione economica. Significa non chiudere le stalle di bovini, suini e avicoli e dare prospettive ai giovani agricoltori.

Termica da biomasse. Questo settore presenta oggettive condizioni per una crescita nel prossimo futuro. L’articolazione di questo comparto è uno degli elementi che depongono positivamente per il suo ulteriore sviluppo, infatti possiamo distinguere:

  • il settore degli apparecchi domestici a biomasse alimentati a legna e pellet e più precisamente stufe a legna, stufe a pellet, termocamini;
  • caldaie a legna, cippato, pellet di piccola e media taglia;
  • impianti a biomasse applicate alle reti di teleriscaldamento.

I progressi della tecnologia applicata in tutti questi ambiti negli ultimi 10 anni hanno consentito di raggiungere ottimi livelli di efficienza nel rendimento (in alcuni casi anche superiori al 90%) e notevoli risultati nella riduzione delle emissioni, in particolare del particolato primario. Apparecchi e impianti realizzati e certificati secondo gli standard qualitativi europei già oggi presentano livelli di emissione ben inferiore ai limiti previsti dalla legislazione nazionale e in molti casi inferiori anche alle più restrittive norme dei Paesi nord europei. Circa le stime al 2030 dell’energia termica prodotta, è necessario in premessa dare evidenza della mancanza di un quadro ufficiale di rilevazione dei dati. Secondo il PAN (Piano d’Azione Nazionale per le fonti di energia rinnovabile), i consumi di termica da biomasse al 2008 erano pari a 1.875 ktep (migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio), dato che risulta oggettivamente sottostimato.

Un’analisi svolta da AIEL nel 2011 ha calcolato che la somma tra consumi domestici convenzionali, reti e minireti di teleriscaldamento dovrebbe superare i 6.400 ktep, ben più di tre volte, e superiore anche ai 5.760 ktep previsti dallo stesso piano nazionale al 2020! Quasi certamente il dato relativo ai consumi domestici di biomasse legnose nel piano nazionale era decisamente carente. In termini di prospettiva, le misure recentemente avviate – se confermate nel tempo, quali il conto termico per apparecchi e impianti fino a 1.000 kW, la prosecuzione del meccanismo dei certificati bianchi e l’annunciata conferma, sia pure transitoria, delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e l’efficienza energetica – dovrebbero dare frutti positivi.

Le valutazioni che danno sostanza alle previsioni di ulteriore crescita sono affidate alla necessità di introdurre nuove politiche per promuovere lo sviluppo della produzione di biomasse legnose e tra queste:

  • avviare politiche per lo sviluppo della gestione forestale sostenibile del patrimonio boschivo nazionale (36% della superficie complessiva del nostro Paese). La superficie dei nostri boschi annualmente sottoposta a utilizzazione è ufficialmente inferiore al 2%, dalla quale viene prelevato il 20% dell’incremento legnoso contro una media europea del 65%;
  • migliorare l’efficienza e ridurre i costi delle utilizzazioni forestali, realizzare nuova viabilità forestale, promuovere la professionalità delle imprese boschive;
  • aggiornare e semplificare la legislazione forestale superando l’antica concezione conservazionista, per affermare un nuovo approccio che coniughi la tutela con la gestione attiva e la manutenzione del territorio;
  • organizzare moderni cantieri e piattaforme di raccolta delle biomasse forestali e delle potature delle colture arboree (queste ultime stimate con un potenziale di 2,7 milioni t di sostanza secca).

Con queste premesse il sistema delle biomasse termiche potrebbe puntare a raggiungere al 2030 un obiettivo tra 9 e 11 Mtep. Dagli elementi fin qui evidenziati emerge un quadro molto differenziato e tutt’altro che omogeneo. Il settore delle biomasse non si presta a facili semplificazioni. È necessario evitare rappresentazioni del tutto teoriche ma piuttosto individuare i limiti che possono influire nel processo di crescita ovvero le condizioni per realizzare nuovi e promettenti obiettivi nella produzione di energia rinnovabile dalle biomasse. I problemi non sono di tipo tecnologico perché le imprese hanno dimostrato di essere all’altezza di raccogliere la sfida dell’innovazione, pur restando fondamentale un crescente impegno nella ricerca applicata.

È necessario un quadro legislativo stabile che dia certezza, orientato da obiettivi chiari e misurabili, procedure e assetti autorizzativi semplici, ma allo stesso tempo selettivi. La fortissima relazione tra le biomasse energetiche e il contesto territoriale, ambientale e produttivo e in particolare quello agricolo e forestale, impone che il generico concetto di sostenibilità sia sostanziato da precise scelte nei modelli da promuovere, intesi come esempi che esprimono concretamente lo sviluppo sostenibile e la crescita economica del Paese. Non è sufficiente definire obiettivi quantitativi quindi, in questo caso, è ancor più indispensabile indicare obiettivi qualitativi da raggiungere.

L’articolo è stato pubblicato sul n.3/2013 della rivista bimestrale QualEnergia, con il titolo “La prospettiva delle biomasse”.

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