La difesa del fotovoltaico in Italia, un valore per l’economia nazionale

Il conto energia è finito, la grid parity è raggiunta solo teoricamente, mentre il settore continua a subire attacchi mediatici e a rischiare per possibili 'stangate' normative. Come ci si deve muovere affinchè il fotovoltaico italiano attraversi indenne questo periodo difficile? Ne parliamo con il nuovo presidente del Gifi, Emilio Cremona.

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Il conto energia è finito, la grid parity è raggiunta solo teoricamente, mentre il settore continua a subire attacchi, non solo mediatici, e a tremare per possibili ‘stangate’ normative. Come ci si dovrà muovere affinché il fotovoltaico italiano attraversi questo periodo difficile? Ne parliamo con il nuovo presidente del Gifi, Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane, Emilio Cremona che è anche presidente di Universalsun srl.

Sabato, con la fine degli incentivi del conto energia, si è chiusa un’era per il fotovoltaico italiano. Quali sono ora i nodi strategici da sciogliere per permettere al settore di sopravvivere?

La fine degli incentivi non giunge certo inaspettata. Fortunatamente il prezzo dei moduli è calato molto. Ora bisogna puntare sugli altri strumenti: ad esempio far sì che i certificati bianchi possano essere ottenuti anche da impianti sopra i 20 kW o che delle detrazioni fiscali del 50% possano godere anche le imprese. A queste due misure andrebbe poi abbinato un sostegno a quella che è una missione strategica per il paese: la bonifica dell’amianto che copre ancora i tetti di molte imprese. Queste politiche sarebbero d’aiuto sia alle aziende che fanno fotovoltaico che a quelle imprese sul cui tetto l’impianto viene installato, che hanno così l’occasione di risparmiare autoconsumando.

Sappiamo che il futuro immediato del fotovoltaico è essenzialmente sugli edifici, con una produzione finalizzata quanto più possibile all’autoconsumo. La proposta dell’Autorità di far pagare gli oneri di sistema anche sull’energia autoconsumata rischia però di essere letale da questo punto di vista. A rendere più grave la situazione c’è il fatto che il ministro dello Sviluppo economico sembrerebbe voler accogliere questa idea e ricavare da quest’estensione degli oneri le risorse necessarie per finanziare il capacity payment necessario a soccorrere i cicli combinati (vedi qui). Che ne pensate al Gifi?

E’ assolutamente sbagliato pensare di far pagare gli oneri a chi autoconsuma. Non si deve criminalizzare un settore. L’autoconsumo è un modo che famiglie e imprese hanno per fare efficienza energetica. Il futuro sono le smart grid basate sulla generazione distribuita. Cercare di recuperare denaro da qui per rimediare a scelte sbagliate che qualcuno ha fatto in passato è ingiusto non solo verso le rinnovabili, ma verso tutti i cittadini.

Parlando di autoconsumo viene naturale pensare allo sviluppo dei sistemi di accumulo …

L’autoconsumo deve essere premiato, non scoraggiato. In questo periodo di crisi è anche uno strumento per le aziende per affrontare il problema del costo dell’energia. I sistemi di accumulo da questo punto di vista sono l’ideale; in un futuro prossimo saranno molto interessanti se abbinati al fotovoltaico e saranno un’ulteriore spinta allo sviluppo delle rinnovabili. La funzione di storage potrà essere anche assolta dalle auto elettriche, con notevoli benefici per tutto il sistema elettrico.

L’auto elettrica potrebbe infatti aiutare anche a far riprendere i consumi elettrici. Intanto però ci troviamo di fronte ad un crollo dei consumi che, assieme alla concorrenza del fotovoltaico, sta mettendo in crisi i cicli combinati a gas. Quali soluzioni si potrebbero adottare per attenuare l’impatto che la crescita delle rinnovabili sta avendo sul sistema elettrico?

Innanzitutto voglio sottolineare che se oggi noi in Italia abbiamo questo calo dei consumi è perché abbiamo perso competitività e dire che abbiamo perso competitività per colpa delle rinnovabili mi sembra quantomeno riduttivo. L’Italia sta consumando poca energia perché le imprese chiudono o lavorano meno. Capisco il punto di vista dei produttori da gas, ma un ministro dello Sviluppo Economico deve avere una visione più ampia, deve dare uno stimolo alla crescita perché solo così potranno risalire i consumi, con conseguente sollievo anche di chi gestisce i cicli combinati a gas. Invece, pensare di risolvere il problema andando a colpire uno dei settori che più portano sviluppo, quello delle rinnovabili, è un errore. Come è sbagliato pensare che le centrali a gas debbano essere privilegiate, anche se in parte è giusto che le si tuteli: gli addetti ai lavori dovevano sapere che in Italia si sarebbe installata e fatta in entrare in esercizio questa potenza di fotovoltaico; le decisioni erano state prese anni fa, la strada era tracciata da norme nazionali ed europee. Oggi bisognerebbe fare un discorso su costi e benefici. Invece le rinnovabili stanno già pagando i tagli e gli ostacoli messi in campo con una contrazione del 20-30% in termini di mercato e occupazione.

E le fonti pulite continuano a stare sul banco degli imputati: nell’ultima relazione, presentata qualche giorno fa, l’Autorità punta per l’ennesima volta il dito sul peso delle rinnovabili in bolletta. Come replicate?

Quando si sono presi gli impegni per installare una certa potenza da rinnovabili il costo degli oneri era noto. Si sapeva benissimo che l’A3 sarebbe arrivata a questi livelli: è la conseguenza di scelte fatte in precedenza. Ora si tratterebbe di ristrutturare la bolletta, visto che sugli oneri di sistema non pesano certo solo le rinnovabili, ma tutta una serie di altre voci. Bisognerebbe fare un po’ di chiarezza: ad esempio nessuno mai dice che nella fascia diurna il costo dell’energia cala per il contributo a costi competitivi dell’energia da rinnovabili.

Altra questione attuale è quella dei dazi sul fotovoltaico cinese.

La mia personale opinione è che il dazio di per sé non è mai una misura giusta: è una correzione in corsa di quelli che sono i valori di mercato. D’altra parte ritengo non appropriati i tempi e i modi con cui questi dazi sono stati applicati, creando di fatto problemi al mercato italiano. Se possono portare sollievo ai produttori, i dazi però rimettono tutto in discussione per impiantisti e installatori che si ritrovano nuove condizioni di mercato che diventano più difficili da gestire.

Gli interessi del fotovoltaico italiano sarebbero difesi più efficamenente se il settore riuscisse a parlare con una voce unica. Ritiene auspicabile e praticabile arrivare ad avere un’associazione di categoria unitaria?

Ritengo che la visione di chi rappresenta il fotovoltaico debba essere univoca. Se poi la visione è rivolta al bene generale e non solo a quello dell’industria fotovoltaica, questo è veramente auspicabile. Si deve far capire, grazie ad una vera rappresentanza globale, quante aziende e quante persone sono impegnate in questo settore che, ripeto, è e sarà un traino per l’economia nazionale.

 

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