Quel che non funziona nella cattura e stoccaggio della CO2

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Per ogni treno di carbone che una centrale consuma, con la CCS ne avremmo quattro di CO2. I costi di questo MWh aumentano dal 39 al 64%, come pure cresce notevolmente il consumo di acqua delle centrali. Infine, restano tanti dubbi sulla sicurezza degli stoccaggi. Se la tecnologia non decolla qualche motivo c'è.

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Sulla cattura della CO2 o CCS (Carbon Capture and Sequestration), in questi ultimi 10 anni abbiamo visto riporre molte speranze, specie nel mondo dell’energia convenzionale. Non c’è da meravigliarsi: la tecnologia consentirebbe di preservare lo status quo di un sistema energetico basato sulle fonti fossili, affrontando nel contempo l’emergenza clima. E non solo: iniettata nei pozzi di gas e petrolio in via di esaurimento, l’anidride carbonica può facilitarne lo sfruttamento. Peccato che questa tecnologia, nonostante il generoso sostegno pubblico di cui gode in diversi paesi, non riesca a decollare. La colpa è di diversi ostacoli, sia pratici che economici. Ne abbiamo parlato spesso ma cogliamo l’occasione di alcuni semplici calcoli fatti dal giornalista francese Yves Heuillard per ricordarli.

Secondo Heuillard i conti dietro alla CCS non reggono. L’esempio che fa è quello di una centrale a carbone da 1.450 MW, come quella di EDF a Le Havre. Consuma 15mila tonnellate di carbone al giorno, abbastanza da riempire 5 treni; assumendo che si tratti di carbone di alta qualità, antracite con il 90% di carbonio, a fine giornata avremmo 13.500 tonnellate di carbonio da smaltire (il 90% di 15mila tonnellate).

Nella combustione ogni atomo di carbonio si combina con due di ossigeno, che sono un terzo più pesanti, per creare molecole di CO2, che pesano 3,6 volte di più di quelle di carbonio: a fine giornata da 15mila tonnellate di carbone bruciato otterremmo 49.500 tonnellate di CO2 da stoccare.
Il processo per estrarre e comprimere il gas però comporta consumi maggiori: dal 10 al 30% in più. Assumendo un valore mediano, ossia che l’efficienza cali del 20%, avremmo così 60mila tonnellate al giorno di CO2 da smaltire. Per ogni treno di carbone che la centrale consumava originariamente, ne avremo quattro di CO2 da smaltire con la CCS.

Nei dati forniti anche da altre ricerche, come quelle del Global Carbon Capture & Storage Institute (GCCSI), notiamo quindi che ogni MWh prodottio con CCS costa dai 50 ai 100 dollari in più, mentre secondo la International Energy Association (IEA) aggiungere un impianto di CCS a una centrale a carbone fa aumentare i prezzi medi dell’elettricità tra il 39 e il 64% e del 33% nel caso di una centrale a gas. Aumenti che spiegano bene perché la cattura della CO2 non ha preso piede.

Altre preoccupazioni sono legate ai consumi idrici, un problema sempre più sentito per l’acuirsi dei cambiamenti climatici con cui il termoelettrico sempre più spesso deve fare i conti (QualEnergia.it). Secondo dati del Dipartimento dell’Energia americano (DOE), le centrali a carbone che usano tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2, rispetto a quelle tradizionali, consumano tra l’87 e il 93% di acqua in più per MWh prodotto.

Infine, c’è il problema dello stoccaggio vero e proprio. In certi casi un incentivo per ‘mettere sotto terra’ la CO2 c’è e migliora sensibilmente l’economia del ciclo: iniettata in pozzi di gas e petrolio in via di esaurimento, come detto, li rende più facilmente sfruttabili. Ad esempio a Weyburn, in Saskatchewan, l’iniezione di CO2 ha allungato di 20 anni la vita di un pozzo di proprietà di Encana, aumentando del 34% la quantità di petrolio che vi si può estrarre.

Solo in casi limitati però si può procedere in questo modo e se, trasporto e stoccaggio diventano un costo, magari per un servizio affidato a terzi, non si può avere garanzia che la CO2 venga effettivamente confinata e mai più liberata in atmosfera.
Anche se la CO2 venisse stoccata correttamente, aggiungiamo al ragionamento del giornalista francese, non è detto che farlo sia facile e senza rischi. Se alcuni scienziati e rappresentanti dell’industria sostengono che la CO2 possa essere stoccata in maniera sicura per centinaia di migliaia di anni, restano comunque diverse perplessità. Recenti analisi su acque e terreni vicini a siti di stoccaggio, hanno rivelato piccole fughe e concentrazioni crescenti di anidride carbonica. Se ciò avvenisse regolarmente avremmo rilasciato più emissioni rispetto al continuare con le centrale originarie senza CCS.

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