Fase post-sviluppo delle rinnovabili e gestione del conflitto con la produzione tradizionale

La nuova fase dello sviluppo delle rinnovabili richiederà anche una nuova visione regolatoria: servizi di rete, accumuli, gestione dei carichi e maggiore prevedibilità della domanda e della produzione, capacity payment. Tutti temi diventati centrali, ma che non sono stati ancora adeguatamente normati. QualEnergia.it intervista sull’argomento Arturo Lorenzoni dell’Università di Padova.

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“In presenza di una domanda elettrica in contrazione la concorrenza tra rinnovabili e centrali tradizionali alimentate a combustibili fossili è reale e dolorosa. Secondo me non è pensabile di non remunerare gli investimenti fatti in cicli combinati, anche se in maniera avventata, nell’ultimo decennio. Ma non possiamo pensare che la loro remunerazione passi attraverso un capacity payment piatto, come quello prospettato: va premiato invece chi è in grado di offrire nuovi servizi alla rete e chi riesce ad innovare”. Questi alcuni punti forti che Arturo Lorenzoni dell’Università di Padova, ha voluto sottolineare nel suo intervento nell’ambito del convegno “Rinnovabili 3.0: un viaggio verso la competitività”, svoltosi ieri a Roma con l’organizzazione del Coordinamento FREE.

In merito al mercato elettrico, Lorenzoni ha inoltre spiegato, riferendosi alle rinnovabili, che la fase del loro sviluppo in alcuni paesi, come il nostro, è in gran parte avvenuta. Una fase alimentata dagli incentivi che si sta per concludere e che dovrà essere seguita da un’altra fase capace di realizzare una possibile integrazione delle fonti intermittenti (rinnovabili) e della produzione distribuita nei mercati liberalizzati, prevedendo nuove regole per il loro dispacciamento.

Ai margini del convegno, chiediamo al professor Lorenzoni se proprio per questo motivo il settore elettrico non si trovi di fatto in un momento veramente storico, forse precoce rispetto alle previsioni di inizio decennio, soprattutto per il forte sviluppo delle rinnovabili, anch’esse di fronte ad una sorte di bivio.

Lorenzoni – Sono d’accordo che ci troviamo davanti ad un bivio anche con diversi elementi di preoccupazione. Innanzitutto va detto che la crisi è molto più profonda di quanto potessimo pensare solo qualche mese fa e sta incidendo tantissimo sulla collettività. Relativamente al possibile futuro sviluppo delle fonti rinnovabili, inoltre, direi che altri elementi di timore provengono secondo me dall’analisi del Libro verde sulle politiche per le energie pulite della Commissione europea pubblicato a marzo e messo in consultazione. Personalmente non vedo positivamente le indicazioni che vi vengono tracciate, soprattutto perché non vi si prevede nessun passaggio concreto verso la transizione energetica ma, anzi, introduce un principio nuovo che guarda ad una forte attenzione verso la sicurezza dei servizi energetici. Un documento che sembra mostrare una possibile via di uscita da una transizione spinta che invece era presente nella direttiva del 2009. Per me si tratta di un fattore di allarme.

Per come evolverà il settore delle rinnovabili a livello europeo?

Sì, pare che al momento facciano gola i prezzi bassissimi per il gas che ci sono oggi negli Stati Uniti. Rispetto a qualche anno fa, quindi, ritengo ci siano delle cartucce in più per chi vuole tornare indietro nel processo di riconversione del settore energetico.

Allora quali scelte diventano urgenti, considerando, come lei ha detto nel convegno, che qualsiasi riforma non potrà mai arrivare spontaneamente, ma richiederà invece una forte visione e consapevolezza regolatoria?

Bisogna avere il coraggio di cambiare i principi della regolamentazione perché è il sistema che è mutato. Questo cambiamento va indirizzato, con una capacità di visione di lungo termine. Non ci si può limitare al breve periodo, perché per investimenti remunerativi questo non è più sufficiente. Ci sono iniziative che avrebbero notevole  valore nel campo dell’energia, ma esse richiedono tempi lunghi.

Si sta riferendo per caso alla gestione degli oneri di sistema?

Sì, e anche su come essi dovrebbero essere ripartiti. Questa è una questione vitale e va affrontata con realismo. Le rinnovabili all’interno del sistema devono condividere dei costi generali e accettare che una parte della loro remunerazione provenga anche da servizi che potranno offrire alla rete. Ad esempio, accoppiando la produzione da rinnovabili con altre produzioni o con dei carichi così da garantire dei profili che siano prevedibili. Può voler dire favorire un dispacciamento distribuito degli impianti. L’idea della rete come serbatoio infinito non è più possibile: oggi abbiamo quasi 18 GW di fotovoltaico e 8 GW di eolico e solo 22-24 GW di carico minimo. Diventerebbe rischiosa la gestione di un mercato con 2 GW all’anno di FV per i prossimi 6-7 anni; saremmo ben al di sopra del carico minimo sulla rete. Ad esempio, credo invece nella possibilità di incentivare le nuove realizzazioni se abbinate ai carichi per esempio e così riuscire a delegare questa regolazione della rete anche con gli accumuli, un’esigenza ormai diventata imprescindibile.

Che tipi di accumuli?

Sotto varie forme. Penso ad una migliore gestione degli accumuli idroelettrici che stiamo utilizzando al disotto delle loro capacità, ma anche a nuove forme di accumulo, come quelle ad aria compressa (CAES, ndr). E chiaramente anche agli elettrochimici. Poi se dovesse decollare una mobilità elettrica con costi ragionevoli, a quel punto avremmo un carico di alcune decine di gigawatt che può essere utilizzato.

Tornerei ancora sul capacity payment, perché mi sembra una cartina di tornasole nella gestione di questa fase di grande competizione tra rinnovabili e cicli combinati a gas, in presenza anche di una domanda in flessione.

Alcuni degli impianti convenzionali che hanno la possibilità di fornire servizi necessari alla rete potrebbero essere pagati molto bene in modo da far loro recuperare i costi fissi di impianto proprio tramite questi servizi. Ma attenzione a non dare una remunerazione a pioggia, a rischio di perpetuare le cattive pratiche. Un’altra soluzione che propongo da tempo è quella relativa a centrali a gas che non riescono a pagare i costi di investimento: paghiamogli gli interessi, come comunità dei consumatori, e per un certo numero di anni; li tiriamo fuori dal mercato e dopo avergli pagati anche una quota per la loro manutenzione per tenerli in buona efficienza, tra 4 o 5 anni ridiscuteremo della loro operatività.

Cosa crede che succederà invece?

La pressione per un capacity payment che remuneri costi di capitale e interessi è fortissima. Ma, ripeto, una soluzione ‘piatta’ o a pioggia penalizza anche il sistema.

Insomma, siamo entrati in una nuova fase. Servono nuove regole per gestire bene gli investimenti fatti finora in fonti rinnovabili e anche pe quelli che si faranno. Per l’Italia questa fase, post incentivi o post sviluppo, può essere critica, e per questo richiederà diversi interventi capaci di dare dei segnali agli operatori di mercato per un utilizzo economicamente valido degli impianti. Questi temi oggi non sono normati, perché in effetti solo adesso stanno emergendo: la distribuzione degli oneri di sistema, gli accumuli, la gestione dei carichi, la prevedibilità della domanda, ecc. Temi che se adeguatamente regolati potrebbero dare delle risposte molto efficaci ad uno sviluppo duraturo del settore. E’ questa la partita dei prossimi anni, anche se vorremmo sperare dei prossimi mesi. Un percorso però che va richiesto a gran voce.

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