Gli aiuti alle fonti fossili, il 2,5% del Pil mondiale

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Gli aiuti pubblici alle fonti fossili sono pari al 2,5% del Pil mondiale e pesano per l'8% delle entrate dei governi del mondo. Eliminarli ridurrebbe le emissioni del 13%. Ma i sussidi non ostacolano solo la transizione energetica: sono anche un problema per l'economia e lo sviluppo sociale, denuncia il Fondo Monetario Internazionale.

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Gli aiuti pubblici alle fonti fossili pesano per un impressionante 8% delle entrate dei governi del mondo. Non solo ostacolano la transizione energetica, ritardando il momento in cui le energie rinnovabili saranno competitive senza incentivi, non solo aggravano il problema del riscaldamento globale e quello dell’inquinamento: i sussidi a petrolio, gas e carbone sono anche un problema per l’economia e lo sviluppo sociale. Gravano molto sui debiti pubblici e in molti paesi si spende di più per sostenere le fonti fossili di quello che si destina ad istruzione e sanità messe assieme. A denunciarlo è il Fondo Monetario Internazionale che qualche giorno fa ha presentato un report sulla questione, sollecitando una riforma (qui la presentazione e allegato in basso il documento).

Lo studio, intitolato ‘Energy Subsidy Reform – Lessons and Implications’, dà una nuova stima sul volume degli aiuti di Stato alle fonti sporche. Se la International Energy Agency, considerando solo i sussidi “veri e propri” li stima in 523 miliardi di dollari l’anno, l’FMI, tenendo conto anche delle esternalità negative non compensate da una tassazione insufficiente (conteggiate tra i cosiddetti sussidi post-tax), calcola che gli aiuti a petrolio, carbone e gas valgano circa 1.900 miliardi di dollari (vedi grafico sotto).

Un fenomeno che non interessa solo i paesi emergenti. Per quel che riguarda gli incentivi pre-tax (quelli che considera anche la IEA) le nazioni dell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa, in media) sono le più generose con le fossili: 8,6% del Pil e 21,8% delle entrate statali. Se però contiamo anche i sussidi post-tax, 4 volte più ingenti, scopriamo che in cima alla lista per aiuti in termini assoluti ci sono gli Usa con 502 miliardi di $, la Cina con 279 e la Russia con 116.

Se si eliminassero gli aiuti pre-tax, le emissioni di gas serra si ridurrebbero dell’1-2%, che sarebbe comunque circa un 15-30% dell’impegno sottoscritto a Copenhagen. Se invece si cancellassero anche gli aiuti post-tax la riduzione sarebbe di ben 4,5 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, un taglio del 13%.

Ma l’impatto dei sussidi va oltre la questione energia-clima: 1.900 miliardi sono pari al 2,5% del Pil mondiale e l’8% di tutte le entrate pubbliche. Il peso di questi aiuti nei bilanci statali di vari paesi (in 20 nazioni supera il 5% del Pil) “sta crescendo al punto da rendere ingestibili i deficit dei budget, minacciando la stabilità economica”, si legge nel documento FMI.

E il problema non è solo di debito pubblico: investire così tanto per sostenere le fonti sporche influisce pesantemente sullo sviluppo economico. In molti paesi la spesa in sussidi alle fossili è un multiplo di quella destinata a sanità ed educazione (vedi grafico sotto), chiaro come l’effetto sia quello di tarpare le ali allo sviluppo del capitale umano. I prezzi dell’energia tenuti artificialmente bassi, inoltre, non stimolano l’efficienza né gli investimenti. Senza parlare della concorrenza sleale che fanno alle fonti rinnovabili. E non è nemmeno vero che siano efficaci nell’alleviare la povertà energetica: vanno infatti a chi consuma di più e per questo, mostra lo studio, nei paesi a basso e medio reddito, il 43% degli aiuti finisce al 20% più ricco della popolazione.

“Una riforma del sistema dei sussidi – ha ricordato David Lipton dell’FMI nel presentare lo studio – può portare ad una allocazione più efficiente delle risorse”. Ed ha aggiunto: “Il G20 ha riconosciuto questo punto nel 2009 a Pittsburg, impegnandosi ad eliminare tutti i sussidi inefficienti alle fonti fosssili nel medio periodo. Non so esattamente cosa si intenda per ‘medio periodo’ ma è sicuramente tempo di tener fede a questo impegno molto importante”.

Il report (pdf)

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