La Cina e lo stress idrico da centrali a carbone

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Oltre ai danni incalcolabili che sta producendo l'inquinamento atmosferico, la Cina ha un altro valido motivo per ridurre la sua dipendenza dal carbone e spingere ancora di più sulle energie rinnovabili: il problema della disponibilità di acqua, sempre più sentito per l'acuirsi dei cambiamenti climatici. Un report di Bloomberg New Energy Finance.

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Oltre ai danni incalcolabili che sta producendo l’inquinamento atmosferico e alla questione climatica, la Cina (ma lo stesso si potrebbe dire praticamente per ogni altra nazione) ha un altro valido motivo per ridurre la sua dipendenza da carbone e spingere ancora di più sulle rinnovabili: il problema della disponibilità d’acqua. Come sappiamo (vedi QualEnergia.it), uno dei vantaggi che fonti rinnovabili come solare ed eolico hanno nei confronti di altri modi di produrre elettricità è il loro minor impiego di acqua anche considerando tutto il loro ciclo di vita. Tutte le centrali termoelettriche, a gas o a carbone, hanno infatti bisogno di ingenti quantità di liquido per il raffreddamento, mentre il nucleare è in assoluto il modo di produrre energia più dispendioso in termini di risorse idriche.

In Cina questo è un enome problema: qui, decenni di industrializzazione nelle zone settentrionali e orientali del paese hanno creato una domanda di elettricità dislocata in maniera inversamente proporzionale alla disponibilità d’acqua. Il nord conta il 60% della potenza termoelettrica cinese, ma solo il 20% delle risorse idriche. E l’era dell’abbondanza d’acqua nel colosso asiatico può dirsi finita: la competizione per l’accesso alle risorse tra industria, agricoltura e consumi residenziali si sta già facendo sentire.

Il carbone – mostra un report di Bloomberg New Energy Finance (vedi executive summary allegato in basso) – sta succhiano quantità impressionanti di acqua: tra estrazione e produzione elettrica circa 98 miliardi di metri cubi in un anno (dato riferito al 2010): il 15% dell’intero prelievo idrico nazionale. E se i piani di sviluppo di questa fonte delle 5 grandi aziende verranno realizzati, la sete di questa fonte sporca potrebbe crescere ancora di più, arrivando a 175 miliardi di metri cubi l’anno, e assorbendo dunque il 25% del prelievo idrico nazionale che Pechino vuole limitare a 700 miliardi di metri cubi.

Le 5 grandi dell’energia nel paese – Huaneng, Datang, Huadian, Guodian, e China Power Investment – possiedono circa un centinanio di GW di potenza termoelettrica in aree soggette a carenze idriche. Per mettere queste centrali al sicuro dallo stress idrico, stima BNEF, servirebbero almeno 20 miliardi di dollari di investimenti, mentre in diversi casi le aziende dovranno semplicemente chiudere gli impianti meno efficienti, dal punto di vista dell’uso dell’acqua, nelle zone meno ricche di risorse idriche.

Le aziende potrebbero intervenire con ingenti investimenti, adottando sistemi di raffreddamento che usino meno acqua, come quelli a ciclo chiuso o quelli ad aria, ma ciò diminuirebbe nettamente l’efficienza degli impianti, con il risultato di comportare più emissioni di gas serra per MWh prodotto. Altra soluzione sarebbe costruire nuove centrali nelle zone più ricche d’acqua del paese come le regioni meridionali di Guangxi, Fujian, e Jiangxi; queste però hanno meno domanda elettrica e. dunque. bisognerebbe realizzare anche strutture per trasferire l’elettricità per lunghe distanze. Infine. altra opzione è quella di installare eolico e fotovoltaico, ma queste fonti però hanno il difetto di essere fonti intermittenti e pertanto richiederebbe l’installazione di molta più potenza di quella termoelettrica che andrebbero a sostituire.

In sintesi, un grande problema ambientale, che dovrebbe poter spingere ulteriormente le fonti pulite. Eolico e fotovoltaico, infatti, oltre che a rallentare gli effetti perversi del cambiamento climatico, evitando emissioni di gas serra aggiuntive, permettono di adattarsi meglio agli effetti, come appunto la scarsità idrica, che si accentueranno in molte aree del pianeta. Come sottolinea Michael Liebreich, CEO di Bloomberg New Energy Finance, “la questione della resilienza delle infrastrutture è sempre più importante nell’agenda mondiale, anche a causa di un certo numero di gravi siccità e alluvioni avvenute negli ultimi anni, tra cui l’uragano Sandy. Questo report mette in evidenza il rischio legato allo stress idrico per le 5 grandi utility cinesi, ma il messaggio è valido per molte altre utility e corporation nel mondo”.

L’executive summary del report (pdf)

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