Il canto del cigno del carbone in Europa

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Dal 2009 l'uso del carbone in Europa sta crescendo sensibilmente, ma sostenere che questa fonte stia vivendo una rinascita e abbia un futuro è un mito infondato. Si tratta piuttosto di una ripresa temporanea cui seguirà un inevitabile declino: quasi non si costruiscono nuove central le normative ambientali metteranno in crisi questa tecnologia.

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Dal 2009 l’uso del carbone in Europa sta crescendo sensibilmente (vedi grafico sotto), ma pensare che questa fonte stia vivendo una rinascita e abbia un futuro è un mito infondato. Si tratta piuttosto di un canto del cigno, una ripresa temporanea cui seguirà un inevitabile declino. Lo mostrano bene alcuni dati raccolti in un recente intervento di Justin Guay del Sierra Club e Lauri Myllyvirta di Greenpeace International,  dal quale attingiamo.

Innanzitutto, come sta avvenendo negli Usa, anche in Europa non si stanno costruendo nuove centrali a carbone: delle 112 che si dovevano realizzare nel 2008 solo 3 sono arrivate ad aprire i cantieri mentre 73 progetti sono stati abbandonati definitivamente. Dal 2000 al 2011 il carbone ha perso 10 GW netti di potenza da carbone: in questi anni l’Europa ha installato tantissimo gas, eolico e fotovoltaico, mentre le altre fonti convenzionali hanno visto più potenza decommissionata rispetto a quella installata (-10 GW il carbone, -14 il nucleare e un calo di uguale entità per l’olio combustibile, vedi grafico).

E la Germania, dove da qualche mese, ad agosto, si è inaugurata una nuova centrale a lignite da 2.200 MW, quella di proprietà RWE a Colonia? Non è vero (come sostiene qui Fox News e – con maggiori distinguo – Bloomberg) che la rinuncia tedesca all’atomo e il piano di sviluppare le rinnovabili stiano portando a realizzare più centrali a carbone? No: innanzitutto il processo per realizzare la centrale in questione è iniziato nel 2006, prima della decisione di uscire dal nucleare, inoltre l’impianto va a sostituire 2.400 MW di potenza da carbone che saranno ‘pensionati’ entro fine anno nella stessa area.

Uno studio dell’Agenzia per l’energia tedesca prevede che da qui al 2020 nel Paese si fermino centrali a carbone per 18,5 GW, e se ne mettano in funzione di nuove per 11,3 (Qualenergia.it, La Germania tra carbone e caro bolletta da rinnovabili). Neanche in Germania, dove come da noi la concorrenza del gas è messa a dura prova dalle rinnovabili, il carbone ha un futuro roseo. Basti pensare che dal 2008 nel paese ben 24 progetti di nuove centrali a carbone sono stati soppressi.

La crescita dell’uso del carbone nella produzione elettrica che si sta verificando dal 2009 (e che dopo due anni di calo ci ha riportato a valori comunque ancora inferiori a quelli del 2007) è dovuta a maggiori consumo negli impianti esistenti e non all’entrata in esercizio di nuove centrali. I motivi di questa impennata dei consumi sono diversi: l’entrata in vigore al 2016 di regole più restrittive sull’inquinamento atmosferico, i prezzi starcciati dei permessi ad emettere CO2 e varie politiche nazionali. Tutti fattori, argomentano Guay e Myllyvirta, che se ora hanno favorito il carbone gli si rivolgeranno contro nel giro di qualche anno.

Il fatto che le norme più severe sull’inquinamento atmosferico entrino in vigore dal 2016, sta spingendo gli operatori a sfruttare al massimo gli impianti ora. Quelle stesse regole però faranno chiudere un bel po di centrali: il 10% della potenza attuale (10 GW) chiuderanno entro il 2015 perché non adeguate alla normativa attualmente in vigore e al 2016 con l’entrata in vigore della normativa più severa ci sarà una nuova ondata di chiusure: solo il 40% degli impianti a carbone attualmente in esercizio infatti hanno i requisiti richiesti dalle regole che scatteranno nel 2016 mentre il restante 60% dovrà sottoporsi a costosi adeguamenti o chiudere (vedi grafico sotto).

Altra causa della recente impennata dei consumi di carbone è il prezzo della CO2, troppo basso per disincentivare l’uso di questo combustibile sporco. Come sappiamo, complice il calo delle emissioni dovuto alla crisi e l’eccesso di permessi assegnati gratuitamente, emettere CO2 per le industrie che partecipano all’ETS europeo non è mai costato così poco: si pensi che in questi giorni stiamo sotto intorno a 4 euro a tonnellata. Una situazione che però dovrebbe cambiare: da quest’anno è iniziata la terza fase dell’ETS, nella quale verrà quasi completamente eliminata l’assegnazione gratuita dei permessi: questo dovrebbe portare ad un rialzo dei prezzi della CO2, che penalizzerà il carbone e soprattutto la lignite, che ora ha un grosso ruolo (specie in Germania), ma che è anche la forma di carbone con più emissioni a parità di energia prodotta.

Infine ci sono le politiche nazionali, che in diversi casi stanno ponendo quasi moratorie di fatto a nuove centrali a carbone. Il Regno Unito ad esempio sta introducendo un floor price per la CO2 e ha stabilito limiti di emissioni per le nuove centrali che di fatto al momento impediscono di realizzarne, l’Olanda sta introducendo una carbon tax, la Danimarca ha annunciato di voler abbandonare il carbone e anche la Finlandia ci sta pensando, in Spagna gli aiuti all’industria del carbone sono in discussione.

E in Italia? Da noi ci sono proposte di conversione o di costruzione ex novo di centrali a carbone per oltre 5.000 MW, con Enel che sta puntando forte sul nero, ma siamo anche in una situazione di forte overcapacity (abbiamo 120.000 MW di potenza a fronte di una richiesta di punta di 57.000 MW), c’è una forte opposizione pubblica e anche l’ipotesi di introdurre una carbon tax.

Insomma, da noi come in Europa, ci sono buone speranze che il carbone si avvii al declino. Uno scenario diverso, nel quale continui la crescita di questa fonte sporca d’altra parte non sarebbe sostenibile: oltre all’impatto su emissioni e clima, produrre elettricità da carbone provoca circa 170.000 morti ogni 1000 TWh (Qualenergia.it, Quei chilowattora sporchi e il loro prezzo in vite umane) e a questa fonte si deve gran parte di quei 66-112 miliardi di euro di danni che la produzione elettrica causa in Europa ogni anno secondo i dati dell’Agenzia europea per l’Ambiente. Oggi l’uso sfrenato del carbone sta dimostrando tutte le sue storture ambientali con l’inquinamento che si vede, si tocca e si respira in tutte le grandi città della Cina.

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