Impianti fotovoltaici: il FAC, l’ultima spiaggia

Prima del FAC, cioè l’accettazione definitiva degli impianti fotovoltaici costruiti tra fine 2010 e metà 2011, quali problematiche vanno risolte? Dalle opere non a regola d’arte ai materiali di scarsa qualità, dalle problematiche di tipo amministrativo a quelle di incentivazione. Un articolo dell'ingegner Mauro Moroni di Moroni & Partners.

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Il fotovoltaico ha superato i 16 gigawatt di installazioni ed è all’alba della grid parity. In questo periodo temporale di transizione e rallentamento di mercato l’attenzione è posta principalmente alle accettazioni definitive degli impianti allacciati al termine del 2010 e all’inizio del 2011.

Molti EPC hanno realizzato impianti assolutamente performanti, altri ancora oggi si trovano a dover risolvere problematiche importanti riguardanti opere non realizzate a regola d’arte, materiali di scarsa qualità, problematiche di tipo amministrativo e di incentivazione. Destreggiandoci in questo complesso e specialistico mercato che è il fotovoltaico italiano, proviamo ad analizzare punto su punto le maggiori criticità riscontrate in oltre 500 MW di controlli effettuati dalla nostra struttura.

Problematiche di tipo amministrativo.

Le maggiori criticità in questo ambito sono legate ai controlli previsti dalla normativa ministeriale ed effettuati dal GSE riguardo la veridicità e la completezza della documentazione inviata in fase di richiesta di tariffa incentivante.

Il GSE ha difatti la facoltà di verificare la documentazione relativa all’impianto, la sua  configurazione impiantistica e le modalità di connessione alla rete elettrica, anche mediante controlli a campione sugli impianti, per l’intera fase di esercizio e senza alcun preavviso. Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli siano rilevanti, il GSE può disporre la decadenza degli incentivi , nonché il recupero delle somme già erogate (art. 42 d.lgs. 28/2011).

Altro aspetto importante riguarda il corretto sviluppo dell’iter autorizzativo con particolare riferimento alla fase esecutiva e di fine lavori. Accade purtroppo spesso che in fase di realizzazione non vengano autorizzate né comunicate agli Enti competenti eventuali varianti in corso d’opera rispetto al progetto autorizzato (per esempio la potenza dell’impianto, il numero e la tipologia dei moduli, il numero e la dimensione dei locali tecnici, il layout planimetrico, ecc.).

A volte è possibile regolarizzare tali varianti sottoponendole agli Enti prima della trasmissione della documentazione di fine lavori. In molti altri casi tuttavia tale regolarizzazione non avviene, soprattutto quando i cambiamenti effettuati si configurano come varianti sostanziali, magari in un contesto territoriale gravato da vincoli o quando si è già affrontata una procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. In tali occasioni, difatti, potrebbe rendersi necessaria una nuova valutazione dei progetti che, oltre all’incertezza degli esiti, determinerebbe un allungamento dei tempi dell’iter autorizzativo con conseguente danno economico.

Un’altra problematica riscontrata frequentemente negli impianti a terra è il mancato o incompleto rispetto delle prescrizioni tecniche contenute nel titolo autorizzativo alla costruzione e alla gestione dell’impianto. In questo senso la disposizione più spesso disattesa è quella che riguarda la realizzazione delle opere di mitigazione dell’impatto visivo ossia la piantumazione e successiva manutenzione di siepi e arbusti in numero e posizione tali da attenuare la visuale dell’impianto soprattutto da punti di vista privilegiati e garantire un più armonico inserimento della struttura nel contesto paesaggistico.

L’accertamento, per conto degli Enti competenti della mancata osservanza della prescrizione, comporta l’ingiunzione all’immediata realizzazione delle opere, nonché l’erogazione di sanzioni amministrative.

Un’ulteriore criticità riguarda l’aspetto catastale degli impianti: può accadere difatti che in fase esecutiva avvenga uno sconfinamento dell’area di impianto su terreni di proprietà altrui o, comunque, su particelle catastali non autorizzate. Oppure può verificarsi che in fase di chiusura del cantiere si commettano errori nell’accatastamento.

Problematiche di tipo progettuale

Dal punto di vista strutturale non sono rari i casi di errato dimensionamento delle strutture di sostegno dei moduli e del loro sistema di ancoraggio a terra o alle coperture. Spesso risulta alto il rischio di collasso in caso di sovraccarichi quali, per esempio, neve e vento, poiché i carichi considerati in fase di progetto sono inferiori a quanto previsto dalle Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14/01/2008). Eventi atmosferici anche non eccezionali possono a questo punto mettere in crisi la tenuta statica delle strutture (foto 1, 2 e 3 – clicca per ingrandire).

La problematica di cui sopra è più facilmente riscontrabile negli impianti a terra, ma molto spesso anche gli impianti realizzati su tetti di fabbricati o pensiline già esistenti sono realizzati in assenza di un’opportuna verifica strutturale dell’idoneità statica della copertura. È importante sapere che, in caso di errori di progettazione, l’assicurazione può non essere tenuta al risarcimento dei danni.

Dal punto di vista elettrico le problematiche che si possono riscontrare sono molteplici: da un’errata configurazione dei moduli, a un carente dimensionamento dei cavi elettrici, a un’installazione degli inverter non correttamente eseguita per distanze funzionali e temperature di funzionamento, al mancato rispetto delle condizioni di sicurezza prescritte dalla normativa.

Riguardo per esempio la sicurezza elettrica dell’impianto e degli operatori, vanno verificati tra gli altri aspetti la conformità e l’idoneità di quei componenti che sono a protezione dei contatti, diretti e indiretti, e il coordinamento delle protezioni da sovraccarico e corto circuito, sia sul lato corrente alternata che sul lato corrente continua.

Importantissime componenti da verificare sono quelle del sistema di monitoraggio da remoto (fondamentale è la valutazione della corretta calibratura del sensore d’irraggiamento) e l’efficacia del sistema di antintrusione e videosorveglianza. Un controllo terzo dell’adeguatezza di questi sistemi risulta, per impianti di grande dimensione, più che consigliabile.

Problematiche di tipo realizzativo

Le criticità più diffuse, imputabili a una realizzazione dei lavori non a regola d’arte e a una direzione lavori poco attenta, consistono per lo più nella cattiva posa in opera dei vari componenti dell’impianto.

Esempi classici sono l’errato fissaggio degli elementi di ancoraggio dei moduli alle strutture (foto 4), la sistemazione caotica dei cavi (foto 5), la mancata installazione di una protezione meccanica per inverter o quadri di campo al fine di ridurre la radiazione solare diretta.

Tali criticità possono determinare frequenti rotture con conseguenti notevoli riduzioni delle vite utili dei componenti utilizzati. Si tenga conto che l’errato montaggio  dei moduli, più spesso su copertura, comporta la perdita delle garanzie di prodotto.

Una criticità comune alla maggioranza degli impianti a terra riguarda la mancata realizzazione di opere di regimazione delle acque meteoriche, a seguito di studi idrologici e idraulici sul sito di interesse. Tali interventi sono costituiti in genere da trincee drenanti o canali a cielo aperto in terra o rivestiti, e si rendono necessari soprattutto laddove la morfologia della zona e la composizione litologica del terreno rendano l’area sensibile a fenomeni di dilavamento e di erosione superficiale (foto 6).

In assenza di opere di regimazione adeguate, in occasione di piogge consistenti possono insorgere fenomeni di accumulo e impaludamento di acque all’interno del campo. Nei casi più gravi può verificarsi l’allagamento dei locali tecnici o l’instabilizzazione delle strutture, specie se infisse, dovuta all’erosione superficiale o a movimenti franosi (foto 7).

Problematiche derivate dall’utilizzo di materiali di scarsa qualità

Parlando di materiali, sicuramente le maggiori criticità riguardano il componente principale dell’impianto, ovvero il modulo fotovoltaico. Il problema più frequente è la presenza di celle difettose, che si manifestano come “hot spot” (foto 8 e 9) e che sono riscontrabili tramite analisi termografiche e il sempre più diffuso effetto “bava di lumaca”, riconoscibile visivamente come striatura superficiale (foto 10).

Accertare la presenza di questi difetti per tempo permette per lo più di far valere la garanzia di prodotto, a condizione che siano riscontrabili significativi cali di potenza dei moduli analizzati.

La scarsa qualità dei materiali scelti può riguardare anche altri elementi dell’impianto, come gli inverter, i trafo e soprattutto le strutture di sostegno, in genere di acciaio zincato o alluminio. In merito a queste ultime, frequentemente si riscontrano evidenti corrosioni degli elementi metallici (foto 11) già nei primi mesi di esercizio dell’impianto, fenomeno che può pregiudicare la durabilità nel tempo della struttura dal punto di vista della resistenza meccanica.

Questo tipo di degrado è generalmente dovuto all’utilizzo di metodi di zincatura non  idonei, alla scelta di materiali non adeguati rispetto al grado di aggressività dell’ambiente atmosferico in cui è installato l’impianto, o alla presenza di correnti galvaniche tra diversi metalli posti a contatto diretto senza l’interposizione di opportuni elementi disaccoppianti (foto 12).

Conclusioni

Le problematiche sopra descritte possono essere individuate e contestate in sede di prove di accettazione definitiva dell’impianto. Le prove hanno lo scopo di valutare le condizioni generali dell’impianto prima della sottoscrizione del Certificato di Accettazione Definitiva (FAC), che deve comprendere la verifica dei requisiti contrattuali EPC.

Le verifiche devono essere molto più approfondite di un normale collaudo così come definito dalla norma CEI 82-25, e devono includere almeno:

  • ispezione completa dell’impianto (CEI EN 62446)
  • prove strumentali sulle componenti elettriche sia sul lato AC che sul lato DC (CEI EN 62446)
  • indagini termografiche sui moduli e sui quadri elettrici svolte da personale certificato (UNI EN 473)
  • misura curva caratteristica del modulo o della stringa (CEI EN 60891)
  • misura del Performance Ratio (CEI EN 61724)
  • valutazioni dei sistemi di antintrusione e videosorveglianza (CEI 79-3)
  • valutazione del rispetto delle principali normative vigenti in materia di sicurezza (d.lgs. 81/2008 e D.P.R. 554/99)

Inoltre, alla luce di quanto esposto in precedenza, è necessaria anche una verifica approfondita della documentazione a corredo dell’impianto:

  • Titolo autorizzativo ed elaborati allegati
  • Documentazione relativa alla connessione alla rete
  • Elaborati As-Built
  • Schede tecniche componenti principali
  • Fascicolo dell’opera
  • Documentazione GSE

Il FAC è “l’ultima spiaggia” e pertanto è fondamentale avvalersi di un Advisor indipendente che certifichi lo stato dell’impianto e delle relative componenti, al fine di limitare al massimo le sgradite sorprese che nel tempo potrebbero verificarsi.

Articolo a cura di Mauro Moroni – Moroni & Partners ([email protected])

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