L’efficienza energetica per dimezzare i consumi dell’industria

Quasi tutte le tecnologie per l’efficientamento energetico nelle industrie sono convenienti sulla base del costo del kWh risparmiato rispetto a quello acquistato. Si potrebbero dimezzare i consumi, ma ci sono ostacoli nella normativa e nella mentalità. Anteprima dell'Energy Efficiency Report redatto dall'Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.

ADV
image_pdfimage_print

L’efficienza energetica dell’industria italiana negli ultimi anni è peggiorata: i consumi si sono sì ridotti dal 2005 al 2011, passando dal 28 al 25% del fabbisogno energetico totale, ma non sono diminuiti tanto quanto la produzione. Eppure nel nostro Paese ci sarebbe il potenziale per dimezzare la bolletta energetica dell’industria, tagliandola per quel che riguarda la sola elettricità di 64 TWh entro il 2020. C’è il tema dell’efficienza energetica nei processi industriali come focus della seconda edizione dell’Energy Efficiency Report redatto dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Un tema di grande attualità se si considera che la Strategia Energetica Nazionale (SEN) pone l’efficienza energetica come priorità, accreditandole circa 60 (33%) dei 180 miliardi di euro degli investimenti complessivi e 8 (57%) dei 14 miliardi di € di risparmio da conseguire sulla “bolletta energetica” dell’Italia da qui al 2020.

Nello studio, che sarà presentato mercoledì 21 novembre prossimo a Milano, ma che Qualenergia.it ha potuto leggere in anteprima, così come nella prima edizione che si era occupata dell’edilizia, si fa una ricognizione dello stato dell’arte delle tecnologie. Per ciascuna tecnologia si calcola il costo medio necessario per risparmiare (o produrre) un singolo kWh elettrico o termico considerando l’intera vita utile, comparandolo poi con il costo evitato dell’approvvigionamento da fonti tradizionali. Si valuta insomma quando convenga fare determinati interventi sia nel caso di sostituzione “obbligata” a fine vita della tecnologia precedentemente adottata, sia nel caso di sostituzione “volontaria” di una tecnologia ancora funzionante.

Se si guarda alla convenienza “assoluta”, ovvero alla differenza fra il costo del kWh risparmiato con un intervento di efficientamento e quello di acquisto dello stesso kWh da fonte tradizionale, quasi tutte le tecnologie per l’efficientamento energetico (inverter, rifasamento dei carichi elettrici e interventi sul sistema ad aria compressa, UPS ad alta efficienza, tecnologie di accumulo nel sistema ad aria compressa, sistemi per il controllo dinamico della pressione in un impianto di refrigerazione, cogenerazione con turbina a gas o motore a combustione interna, sistemi efficienti di combustione) risultano economicamente sostenibili in tutte le condizioni e anche in assenza di sistemi di incentivazione. Solo i motori elettrici ad alta efficienza e i sistemi ORC mostrano qualche problema di sostenibilità, ma con un trend di riduzione dei costi della tecnologia che lascia ben sperare per il futuro, anche prossimo, di queste applicazioni.

Anche se il tempo di rientro dell’investimento è in media piuttosto elevato – tra 3 e 7 anni – se comparato con le soglie massime di accettabilità tipicamente fissate dalle imprese per questo tipo di investimenti attorno ai 2 o 3 anni, il quadro sembra particolarmente positivo, tanto più nella particolare situazione di arretratezza del sistema industriale del nostro Paese in tema di efficientamento energetico, fanno notare dall’Energy & Strategy Group.

Se il potenziale di riduzione dei consumi industriali al 2020, per quel che riguarda la parte elettrica, è di circa il 50%, pari  a 64 TWh, gli autori del report ritengono “plausibile” che si riesca a ridurre almeno di 16 TWh. Perché dunque l’efficienza energetica nell’industria non sta dando quanto potrebbe? Le ragioni sono fondamentalmente due, ovviamente interrelate fra loro: il quadro normativo che nel nostro Paese sconta un ritardo significativo rispetto per esempio al benchmark europeo e la mancanza di una vera cultura dell’efficienza energetica – negli operatori industriali, ma anche nelle banche e negli istituti di credito.

ADV
×