Germania, 80% di rinnovabili e fare a meno di nucleare e carbone

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L'autorevole associazione tedesca di tecnici ingegneri VDE ha elaborato uno studio che dimostra che almeno fino al 40-50% di contributo delle rinnovabili elettriche ci sarà scarso bisogno dei sistemi di accumulo. Ma, soprattutto, che nel passaggio più deciso verso le rinnovabili non servirà un baseload costituito da carbone e nucleare.

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L’elevata quota di elettricità intermittente da solare ed eolico in un paese come la Germania può mettere in crisi la rete? E quanta elettricità può essere realisticamente stoccata? Servirà accelerare sul carbone per poter passare dal nucleare alle rinnovabili e a quell’obiettivo del 2050 che prevede l’80-100% di energia elettrica pulita? A queste domande risponde uno studio (vedi qui la versione originale) della tedesca VDE, l’associazione nazionale degli ingegneri elettrotecnici, elettronici e informatici che conta circa 35.000 iscritti. Non si tratta di un’organizzazione “green”, ma sicuramente un’associazione tecnicamente qualificata e molto autorevole nel Paese e per questo riteniamo di un certo interesse lo scenario presentato nel documento.

VDE elabora cinque scenari. In ognuno di essi ritiene che potrà ottenere una potenza dispatchable, cioè quella che differisce dalla potenza di carico di base (baseload), con un buon grado di flessibilità. In questo modo, con una quota di rinnovabili pari a fino il 40% del totale, il contributo degli accumuli potrà essere marginale, al massimo causare nel peggiore dei casi un aumento dei costi dell’energia del 10%.

A fine giugno la Germania contava in una produzione da fonti rinnovabili per circa il 25% dell’offerta totale di elettricità (era al 20% a fine 2011). La Danimarca, certo un paese più piccolo e con un regime di venti che in Germania è sfruttabile solo nel nord del Paese, è la dimostrazione più attuale che si può raggiungere il 40% di elettricità da rinnovabile senza far un notevole ricorso agli accumuli.

Ma dello studio è soprattutto rilevante il fatto che gli ingegneri dell’associazione VDE ritengano che, superata la soglia del 40%, nucleare e carbone non siano affatto necessari e compatibili con una diffusione spinta delle rinnovabili e che il baseload possa essere ottenuto attraverso impianti di cogenerazione alimentati a gas e biomasse e con centrali a ciclo combinato a gas. Una strategia che permetterà di stoccare stagionalmente la produzione in eccesso.

Un’evoluzione che ci porta avanti nel tempo e verso quell’obiettivo dell’80%, e possibilmente del 100%, di elettricità da rinnovabili che la Germania si è posto per il 2050. Utile anche poi un confronto con la nostra approssimativa e provincialissima strategia energetica nazionale.

Nella pratica, dicono i tecnici del VDE, per passare dal 40 all’80% la Germania potrà soddisfare il suo picco di domanda, definito secondo uno scenario moderato di 80 GW, con ulteriori 14 GW di potenza a breve termine e 18 GW di potenza accumulata. Questo scalino porterà inevitabilmente a un aumento del 10% dei costi dell’energia rispetto al 2011. Tuttavia per quel passo in più necessario ad arrivare al 100% di elettricità da rinnovabili si avrà un costo maggiore stimato in un ulteriore 19%.

Nel grafico posiamo osservare la struttura dell’offerta ipotizzata dallo scenario del VDE con le rinnovabili all’80%. Si noterà che il nucleare (colore rosso) sparisce e il carbone (nero e marrone, brown e black coal) si riduce nel tempo a quote veramente marginali.

La questione che sembra veramente interessante nell’analisi, e che pare abbia un certo consenso tra gli esperti tedeschi, è che una fortissima crescita delle fonti rinnovabili non metterà a rischio la rete elettrica tedesca anche senza un baseload costituito da nucleare e carbone. Insomma, l’ampia diffusione delle “intermittenti” rinnovabili può fare a meno delle due fonti convenzionali, utilizzando però più gas, cogenerazione, migliore gestione della domanda e accumuli.

Idee mai sostenute ufficialmente dal Governo, ma che forse possono essere confortate dai fatti, come la recente inaugurazione della seconda condotta del gasdotto Nord Stream tra Russia e Germania (55 i miliardi di mc di gas che arrivano ora in Germania).

Alcuni osservatori sono stupiti dalle esplicite posizioni presentate dalla VDE anche perché sanno che troveranno tra i loro oppositori sicuramente una parte delle lobby delle compagnie elettriche.

Ma il mondo sta cambiando e anche con una certa rapidità. Come commenta a Qualenergia.it Alex Sorokin, esperto e attento osservatore del settore energetico tedesco: “Forse la maggioranza dei rappresentanti di questa organizzazione, che non deve per forza difendere gli interessi economici come quelli delle utility, si è resa conto che la generazione distribuita con le conseguenti innovazioni tecnologiche produrrà molte più opportunità di lavoro del settore energetico convenzionale e della generazione centralizzata, senza compromettere il sistema elettrico e a costi comunque accettabili”.

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