Come ti integro il fotovoltaico nel sistema elettrico

In Europa il FV potrebbe coprire il 15-25% del fabbisogno elettrico al 2030. Serve una rete intelligente che preveda la produzione, l'accumulo di energia e gestisca la domanda. Centrale la questione della convenienza dell'autoconsumo: se venisse a mancare, per tasse e oneri sull'energia 'dietro al contatore', il cammino potrebbe rallentare.

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In Italia il fotovoltaico copre già oltre il 6% della domanda elettrica e oltre il 10% di quella del picco diurno. In Baviera la capacità installata ha toccato i 6 kW per abitante. In 15 aree regionali sparse per l’Europa il sole soddisfa quasi il 10% della domanda elettrica su base annuale, fino al caso limite dell’Estremadura in Spagna, dove arriva al 18%. Il fotovoltaico ha già iniziato ad avere un ruolo da protagonista nel sistema elettrico europeo e in futuro la sua presenza sarà sempre più centrale. Si potrà arrivare tranquillamente a soddisfare con il fotovoltaico il 25% della domanda elettrica europea entro il 2030, ma bisogna prepararsi affinché questa fonte venga integrata al meglio.

È questo il senso dell’ultimo report di EPIA, l’associazione europea del FV, dal titolo “Connecting the sun” (vedi allegato, pdf). Uno studio che ipotizza 3 scenari di sviluppo del fotovoltaico in Europa: uno molto prudente in cui il sole arriva a coprire il 4% della domanda elettrica europea al 2020 e il 10% al 2030; uno mediano in cui si arriva all’8% al 2020 e al 15% a 2030; e uno ottimista che prevede un 12% al 2020 e un 25% al 2030.

A spingere la crescita sarà la continua  discesa dei prezzi: nel 2000 un impianto residenziale da 3 kW si pagava 20.000 euro iva esclusa, nel 2012 siamo scesi fino circa 6.000, entro il 2020 EPIA prevede che si arriverà attorno ai 4.500. Il costo del watt installato chiavi in mano, si stima, scenderà dai 2,31 euro del 2012 a 1,30 entro il 2022. Ecco dunque che se il più realistico dei 3 scenari è indicato essere il mediano, alla luce dell’evoluzione del mercato e della tecnologia non è affatto improbabile che si arrivi allo scenario più ottimistico, con il sole che al 2030 soddisfa il 25% della domanda: d’altra parte in questi anni il fotovoltaico ha sempre superato nella realtà le previsioni di crescita più ottimistiche.

Come potrebbe integrarsi nel sistema elettrico europeo una fonte non programmabile e discontinua come il FV a queste percentuali di penetrazione? Intanto, premette il report, va considerato che all’aumentare del numero di impianti si riduce la variabilità della produzione del FV e aumenta la prevedibilità. Poi va tenuto conto del fatto che questa fonte ha il vantaggio di poter essere installata in corrispondenza con i centri di consumo. Qui entrano in gioco diverse strategie di sviluppo: se si installerà laddove ci sono maggiori consumi, magari privilegiando l’autoconsumo, si potrà risparmiare quasi il 75% sulle infrastrutture necessarie a trasferire l’energia, rispetto a un’ipotesi in cui si localizzino gli impianti in base all’irradiazione solare. Infine, altro grande vantaggio del FV è la sua elevata dispacciabilità: produce soprattutto in corrispondenza del picco di domanda diurno, cosa che, come sappiamo, sta avendo un effetto calmieratore sul prezzo del MWh in Borsa, trattandosi di produzione a costo marginale zero.

In ogni caso lo sviluppo del fotovoltaico non potrà che andare di pari passo con quello della rete elettrica intelligente, la famosa smart grid. Per la dispacciabilità per esempio molto potranno fare i sistemi di accumulo da una parte e quelli di gestione attiva della domanda dall’altra. In un caso, quello degli accumuli, si tratta di spostare parte dell’elettricità che il FV fornisce dalla fascia diurna a quella serale, mentre con la gestione della domanda si potranno viceversa traslare parte dei consumi della fascia serale a quella diurna, in modo da utilizzare a pieno l’energia dal sole. Non sembra una priorità, invece, quella di avere nel parco elettrico nuovi impianti flessibili – come i cicli combinati a gas – da mettere in moto rapidamente per compensare le rampe in salita e in discesa della produzione da FV: almeno fino al 2020, secondo lo scenario EPIA, sarebbero sufficienti quelli che al momento sono in funzione.

Insomma, per ridurre le emissioni dell’80-95% rispetto ai livelli del 1990, come l’Europa si è proposta di fare, per EPIA la strada non può essere che quella di puntare su fotovoltaico ed eolico, che al 2030 assieme potrebbero soddisfare il 45% del fabbisogno elettrico. Occorre però impegnarsi per adeguare la rete elettrica. Ed ecco che lo studio si chiude con una lunga serie di raccomandazioni ai decisori politici, ai distributori e ai gestori di rete. Per esempio, si dice che occorre permettere al FV di svolgere funzioni di stabilizzazione della rete, fornendo servizi anche in maniera aggregata.

L’impatto che le misure necessarie avranno sulla competitività del FV – e dunque sui benefici che potrà dare – dipende da cosa si farà e come. Per esempio mettere in campo gli inverter attualmente più avanzati avrà un costo trascurabile, mentre prevedere distacchi forzati peserà sui bilanci dei produttori di energia solare, per cui il ricorso a questa misura dovrà essere ridotta al minimo.

Fondamentale poi per lo sviluppo del fotovoltaico sarà sapere se e in quale misura i costi di rete e le imposte verranno fatti pagare anche sull’energia autoconsumata, come per esempio si ventila nella proposta dell’Autorità per l’Energia italiana. Una variabile, questa, che potrebbe pesare fortemente sullo sviluppo della smart grid e quindi sulla possibilità di integrare con successo il FV nel sistema. Più il fotovoltaico diverrà competitivo, più ci sarà spazio per lo sviluppo dei sistemi di accumulo; e la combinazione FV-storage sarà tanto più attraente quanto più i risparmi generati dall’accumulare energia saranno convenienti rispetto alla vendita dell’elettricità sul mercato.

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