Trivellare è la Strategia Energetica di Confindustria?

Efficienza, con un occhio ai costi, rinnovabili da controllare, gas, ma soprattutto il rilancio della produzione nazionale di gas e petrolio. Sono gli ingredienti della Strategia Energetica Nazionale secondo Confindustria Energia. Ma, nel 2012, scommettere ancora sulle trivelle, a fronte di risorse misere e danni potenziali enormi, cos'ha di strategico?

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C’è l’efficienza energetica, con un occhio ai costi, si parla dello sviluppo delle rinnovabili, che va imbrigliato perché non pesi troppo sulle bollette, si fa presente il problema gas, auspicando lo sviluppo di un hub del gas sud-europeo, ma dove si leggono le parole più entusiaste, è sulla necessità di trivellare il Belpaese per rilanciare la produzione nazionale di idrocarburi. Un entusiasmo che ci appare fuori luogo dato che le magnificate riserve nazionali non coprirebbero nemmeno un anno di consumi.

Stiamo parlando del documento di  Confindustria Energia in cui l’associazione, assieme ad Assoelettrica, traccia le linee di come vorrebbe fosse la Strategia Energetica Nazionale (SEN) di cui il Paese è orfano da troppo tempo e che sembra che il Governo dei tecnici voglia definire. Una sorta di position paper di 34 pagine (in allegato, pdf) inviato nei giorni scorsi al ministero dello Sviluppo Economico in cui Confindustria tocca i 5 punti chiave della politica energetica.

Si parte dall’efficienza energetica, tema sul quale si frenano gli entusiasmi: considerati gli attuali livelli di efficienza complessiva del sistema, si spiega, dato che l’Italia come intensità energetica è  messa relativamente bene rispetto al resto d’Europa – “nuovi passi saranno marginalmente complessi e presumibilmente più costosi. La variabile ‘costo’ deve essere riportata al centro dell’attenzione ogni volta che parliamo di guadagni di efficienza.” Una cautela dietro la quale, spiega a Qualenergia.it G.B. Zorzoli, si intuisce la preoccupazione per una domanda energetica già troppo bassa rispetto alla produzione, specie nel settore elettrico.

C’è poi la questione gas. Oltre al problema sicurezza, manifestatasi nella crisi invernale, Confindustria riconosce implicitamente che questa pesa molto sul caro elettricità, dato che in Italia il gas naturale serve a produrre oltre la metà della nostra energia elettrica. Occorre far sì che il nostro Paese abbia a disposizione il gas a prezzi minori e con più sicurezza: fare dell’Italia un possibile hub del gas sud-europeo e la costruzione di eventuali rigassificatori va valutata con attenzione ed è prioritario che il sistema italiano sia interconnesso con quelli europei e dotato, in particolare, di una capacità di trasporto in uscita che permetta anche l’esportazione da sud verso il nord d’Europa.

Delle fonti rinnovabili si parla mettendo in evidenza che devono essere sviluppate in maniera “sostenibile”. Dove per sostenibilità si intende quella economica. Anche se il documento non tace sui benefici che le rinnovabili danno, da quelli ambientali, a quelli su occupazione e indipendenza energetica, le rinnovabili per Confindustria sembrano viste principalmente come un problema da gestire. Specie il fotovoltaico: pesa troppo in bolletta e “ha determinato uno squilibrio  particolare dei cicli combinati a gas naturale”, che come sappiamo ci stanno rimettendo a causa della concorrenza del solare.

Dove l’associazione delle imprese vede un’opportunità è invece nelle riserve di petrolio e gas nazionali. Confindustria spinge per trivellare. Il nostro Paese, argomenta “possiede riserve provate di 124 miliardi di metri cubi di gas e 1,34 miliardi di barili di petrolio (circa 195,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalente, ndr)” concentrate in Mar Ionio, Canale di Sicilia, Emilia Romagna, Marche e regioni adriatiche. Un dato, questo, peraltro riportato senza fonte e poco coerente con gli ultimi dati ufficiali disponibili: il rapporto 2012 del MiSe riferito a fine 2011 (qui in allegato,pdf) parla di riserve certe di circa 62 miliardi di metri cubi di gas e (sempre certe) di circa 76 milioni di tonnellate di petrolio.

È in questo capitolo che vediamo accendersi di più l’entusiasmo di Confindustria, forse alimentato dal fatto che anche il ministro Corrado Passera ha dimostrato di essere un fan delle trivelle. Il documento elenca infatti lungamente i supposti benefici: dalla sicurezza energetica, al rilancio del Meridione, al “forte impatto sull’incremento dell’occupazione”, fino ai benefici fiscali “11 mln di tep per anno potrebbero generare royalties per oltre 250 milioni di euro e fiscalità su reddito d’impresa per oltre 600 milioni di euro all’anno”, senza peraltro ricordare che in Italia l’industria estrattiva gode di un regime di esenzione e di costi delle concessioni esageratamente agevolato rispetto al resto del mondo, dove le aliquote sul valore del prodotto estratto oscillano  tra il  20 e l’80% contro il 10% per il gas e il 7% per il petrolio in Italia.

Confindustria non accenna poi mai a possibili danni ambientali e relativi impatti su altri settori come il turismo, nemmeno quando ricorda che “l’industria e&p in Italia si colloca ai primi posti in termini di sicurezza sul lavoro”, cosa che non ci rassicura affatto sapendo che, come il disastro del Golfo del Messico ci ha insegnato, nemmeno un gigante come BP ha dimostrato di saper gestire eventuali fuoriuscite.

Ma, soprattutto, questa enfasi sugli idrocarburi nazionali non tiene conto di una questione fondamentale: puntare su petrolio e gas significa scommettere con grossi rischi su fonti del passato, per una posta in gioco alquanto misera. In base agli attuali consumi del Paese – circa 75 miliardi di metri cubi di gas e 80 milioni di tonnellate di petrolio – infatti, le riserve citate, sia per il gas  che per il petrolio, non ci basterebbero per un solo anno. Se – come propone Passera – arrivassimo a soddisfare con idrocarburi locali il 20% del fabbisogno, le attuali riserve certe verrebbero invece esaurite in circa 4 anni. Per così poco non è forse il caso di cercare altre strade e lasciare in pace i nostri mari e le nostre terre?

Il documento di Confindustria Energia (pdf)

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