Sicurezza reti, tra capacity payment e distacco rinnovabili

Critica Confindustria sul provvedimento per il capacity payment a favore dei cicli combinati che producono poco per overcapacy e per la diffusione di fotovoltaico e rinnovabili. Le risponde il senatore Ferrante che considera giusta la remunerazione di servizi di flessibilità. Terna intanto chiede il distacco per agosto di impianti FV ed eolici.

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A Confindustria l’introduzione di un capacity payment per un’ampia remunerazione della generazione elettrica “di riserva”, quella dei cicli combinati a gas per intenderci, da utilizzare per la sicurezza del sistema elettrico proprio non piace. Ne avevamo parlato ieri sul nostro portale (Ora spunta il soccorso alle fossili, danneggiate dal fotovoltaico), segnalando la complessità della questione, accelerata anche dalla rapida diffusione delle rinnovabili e del fotovoltaico in particolare.

Confindustria esprime in una nota “forte preoccupazione per la misura introdotta, che può innalzare ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro”. Nota Confindustria che “il tema degli effetti di spiazzamento delle fonti rinnovabili sul sistema termoelettrico esiste, ma non può essere affrontato in modo estemporaneo. In un Paese che ha una sovracapacità ormai strutturale di produzione elettrica di oltre il 30% non esiste un problema di capacity payment bensì quello di trovare opportuni meccanismi di gestione dei bilanciamento e riserva di energia coerenti con il finanziamento del mercato”. Dunque, spiega l’organizzazione di Via dell’Astronomia, “un decreto sulla crescita dovrebbe affrontare in modo razionale il problema dell’energia come fattore di competitività soprattutto in un Paese dove si sconta un differenziale di oltre il 30% di prezzo rispetto alla media europea» (sull’aspetto costi della bolleta vedi anche “Per l’Autorità l’elettricità non è poi così cara“­).

Le preoccupazione sono lecite, ma sappiamo che una parte di Confindustria ha da tempo un approccio schizofrenico nei confronti delle cause dei costi del kWh elettrico. Infatti in questo ambito per loro le rinnovabili sono spesso considerate un problema e non un’opportunità, basti ricordare le recenti posizioni durissime nei confronti dei sistemi di incentivazione, unica causa dell’elevato prezzo dell’energia. Il costo del gas per la generazione elettrica, tra i più elevati in Europa, invece viene considerato come fattore marginale. Poi è interessante notare che Confindustria ha finalmente scoperto che siamo un Paese con un’overcapacity di potenza elettrica. Ma non era proprio Confindustria a spingere per il ritorno del nucleare in Italia?

Perché invece non riprendono dal cassetto quel loro buon programma per l’efficienza energetica di qualche tempo fa per presentarlo al ministro Passera? Farebbero sicuramente un bel servizio al Paese.

Critico sulla posizione di Confindustria è il senatore Pd Francesco Ferrante, che in una nota si dice stupito dell’atteggiamento di Confindustria nei riguardi dei costi della bolletta energetica e del capacity payment, affermando che “da un lato Confindustria lancia l’allarme paventando nuovi costi per l’emendamento bipartisan approvato alla Camera che prevede giustamente la remunerazione dei servizi di flessibilità, necessari in questa fase di transizione in cui aumenta la produzione da rinnovabili, assicurati dagli impianti di produzione di energia elettrica più efficienti. Ma, furbescamente, tace sul fatto che i grandi gruppi più  energivori da anni sono beneficiari, a spese ovviamente dei cittadini, di una cifra che oscilla annualmente tra 1 e 1,2 miliardi di euro in maniera del tutto ingiustificata: infatti, metà di quei benefici è prevista per l’interrompibilità definita 10 anni fa e che oggi, in presenza di overcapacity, non serve a nulla e l’altra metà per la fittizia possibilità di comperare dall’estero che consente uno sconto per gli energivori che poi si scarica sulle bollette di tutti.”

Per Ferrante “L’emendamento bipartisan sul capacity payment approvato nel Decreto sviluppo, presentato dall’ex sottosegretario Saglia, ha lo scopo di omogeneizzare l’erogazione di energia elettrica, perché grazie al fotovoltaico durante il giorno i consumi nazionali vengono coperti in larga parte dalla fonte rinnovabile e non inquinante, rendendo però giustamente necessario che gli impianti a ciclo combinato siano sempre pronti a sopperire a eventuali necessità aggiuntive”.

Siamo di fronte al problema di rendere stabile la rete, un fatto impensabile solo meno di due anni fa. A tal proposito, Terna per il mese di agosto (con bassa domanda ed elevata producibilità del fotovoltaico) ha deciso di agire precauzionalmente, anche attenendosi alle disposizioni dell’Autorità (delibera Arg/elt n. 05/2010 e successivi aggiornamenti), e ha avviato una consultazione (scadenza molto vicina: 25 luglio) per definire la procedura di distacco degli impianti eolici e fotovoltaici di potenza pari o superiore a 100 kW connessi alla rete in media tensione già a partire dal 1° agosto.

Entro i primi 5 giorni di agosto i distributori dovranno comunicare a Terna una mappa degli impianti, individuando per ciascuna delle 8 aree geografiche una serie di gruppi con una potenza massima di 50 MW ciascuno. Per gli impianti che consentono il distacco a distanza, Terna darà un preavviso limitato a un’ora, per quelli che hanno bisogno dell’intervento manuale del titolare il preavviso sarà di 7 giorni.

Un segnale che occorrerà presto spingere su grandi e piccoli accumuli?

Alla luce di quanto detto sembra un provvedimento veramente contraddittorio quello del Ministero dello Sviluppo che ha dato parere favorevole a un emendamento (Saglia-Bernardo) che salva le centrali a olio combustibile, garantendo loro il funzionamento in caso di urgenze nei mesi invernali (gennaio –marzo). Una misura ingiustificata salvare “quei veri e propri ‘ferri vecchi’ che sono le inquinantissime centrali a olio combustibile”, dice Ferrante che accusa il MiSE di “continuare a guardare solo al passato”.

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