Dal MIT, come ripensare il fotovoltaico in 3D

Un team di ricerca del MIT ha sviluppato un sistema di cattura solare a tre dimensioni. Rispetto ai tradizionali pannelli la produzione può aumentare notevolmente e la diversa disposizione delle celle consente di captare la luce anche in condizioni sfavorevoli. Ora i ricercatori cercano il modo di integrare questi impianti negli edifici.

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Un collettore solare tridimensionale che possa catturare i raggi del sole, anche quando questo è più vicino all’orizzonte, come avviene, per esempio, durante l’inverno. È questa l’idea che arriva dal Massachusetts Institute of Technology dove, all’interno di un progetto finanziato anche dall’Enel, stanno testando delle torrette solari statiche che combinano moduli fotovoltaici e riflettori solari che massimizzano la quantità di luce captata in base alle diverse ore del giorno, alle stagioni e all’area geografica (vedi foto). I risultati sono incoraggianti, con questo sistema la densità di energia (i chilowattora prodotti per metro quadrato) può essere significativamente maggiore rispetto ai pannelli fotovoltaici statici, specie nelle condizioni più sfavorevoli per il fotovoltaico convenzionale: lontano dall’equatore o in giorni con scarsa irradiazione.

Con il fotovoltaico in 3D infatti, anche se l’energia prodotta a parità di superficie di celle solari è minore ripetto ai moduli piani fissi (di un fattore da 1,5 a 4), a parità di superficie di base si arriva a rese da 2 a 20 volte più alte. Il FV tridimensionale inoltre, come spiegato nella ricerca pubblicata sulla rivista Energy and Environmental Science, consente di estendere significativamente le ore di massima produzione dell’impianto e ridurre le variazioni dovute ai cambiamenti di irradiazione che derivano dalla stagionalità o dal meteo.

Nel team internazionale responsabile della pubblicazione anche due ricercatori italiani: Marco Bernardi e Nicola Ferralis. Quest’ultimo ha spiegato a QualEnergia.it com’è nato il progetto: “Viviamo in un mondo tridimensionale e in natura la luce solare viene catturata in uno spazio in 3D. Eppure la disposizione delle celle fotovoltaiche oggi è espressa in due dimensioni. Il nostro lavoro è stato stimolato da questa curiosità accademica. In un sistema a due dimensioni, ogni cella del modulo è esposta alla stessa illuminazione. In un sistema tridimensionale, al contrario, ogni cella è sostanzialmente indipendente”.

Le torrette progettate dal team del MIT permettono di sfruttare ogni angolazione e quindi di ottimizzare la resa delle celle, in ogni condizione di luce. Spiega Ferralis: “Generalmente la massima efficienza dei sistemi in 2D si ottiene in condizioni che sono l’equivalente di laboratorio del sole a mezzogiorno all’Equatore. Ma le condizioni della vita reale sono molto diverse e il fotovoltaico in 3D è una tecnologia strategica che consente di tenere conto di queste condizioni variabili come le diverse latitudini, le ore del giorno e i fattori meteorologici”.

Affinché la quantità di luce catturata, e di conseguenza l’energia prodotta, possa aumentare significativamente, non è necessario che le torrette abbiano forme astruse: è sufficiente un cubo ricoperto di materiale fotovoltaico, aperto su un lato. Si tratta quindi di sistemi che possono essere facilmente fabbricati e che non richiedono costi aggiuntivi rispetto alla fabbricazione dei normali pannelli. In confronto a un pannello bidimensionale, tuttavia, il sistema sperimentato al MIT ha bisogno, a parità di area, di un maggiore numero di celle fotovoltaiche. Ma, specifica Nicola Ferralis, questo oggi non è un problema: “Dieci anni fa, quando il costo del singolo modulo era 10 volte più alto del costo di installazione, delle componenti elettroniche, un sistema fotovoltaico tridimensionale non avrebbe avuto senso da un punto di vista economico. Per questo la ricerca non si è preoccupata di trovare modi più efficienti di disporre le celle. Ma oggi il costo del materiale fotovoltaico sta scendendo in maniera significativa e quindi diventa fattibile pensare a questi sistemi in tre dimensioni”.

Secondo i ricercatori del MIT questo sistema può potenzialmente cambiare il futuro dell’industria del fotovoltaico. Tante le possibili applicazioni, a partire da torrette in piccola scala da utilizzare per ricaricare elettrodomestici o come stazioni di alimentazione per veicoli elettrici. Tuttavia il team di ricerca vede il più grande potenziale nei sistemi integrati in architettura: “In generale tendiamo a pensare al fotovoltaico in 3D in forma di torri, come quella presentata nel nostro progetto di ricerca, ma gli strumenti che stiamo testando sono totalmente flessibili e possono essere adattati a ogni dimensione. Ripensando il modo in cui installiamo i moduli fotovoltaici sugli edifici in senso tridimensionale, possiamo trovare metodi migliori di sviluppare il solare fotovoltaico in contesti urbani molto densi in cui i pannelli solari non sono la soluzione più adatta. Per esempio, edifici rivestiti in modo adeguato con moduli fotovoltaici e specchi sui lati potrebbero trarre il massimo vantaggio da un’illuminazione sia diretta che indiretta. Possiamo ripensare totalmente il modo in cui usiamo l’energia solare e andare verso un sistema a rete (sia in termini elettrici che in termini di  cattura del sole) che è da preferire all’approccio “insulare” che viene praticato attualmente”.

Per questo il team di ricerca, che comprende fisici, matematici, esperti di materiali e architetti, si sta concentrando nello sforzo di sviluppare progetti per l’integrazione negli edifici. Non si tratta soltanto di cercare di andare oltre lo spazio del tetto, ma di costruire sistemi e progettare configurazioni che possano ottimizzare la cattura del sole anche riflettendo la luce dagli edifici vicini. Un concetto che potrebbe portare a un ripensamento complessivo della futura progettazione urbana. 

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