Energia pulita in cooperativa targata UK

Impianti acquistati e gestiti da comunità locali. Nel Regno Unito il modello si sta diffondendo, ma il taglio agli incentivi mette a rischio molti progetti. La storia di Ovesco è un esempio di quanto sta accadendo oltremanica: 160 cittadini coinvolti in un progetto fotovoltaico otterranno un interesse del 4% sul capitale investito.

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Per quanto non ci stancheremo mai di dire che le rinnovabili sono un buon investimento, per il singolo cittadino, la spesa iniziale per un impianto solare potrebbe, a volte, risultare toppo onerosa. Per questo motivo stanno diventando sempre più comuni gli acquisti collettivi e la produzione di energia in forma cooperativa.

Un’approccio dal basso che vede il cittadino protagonista delle proprie scelte energetiche. Di questo modello esiste qualche esempio anche in Italia, ma è il Regno Unito il campione dell’energia cooperativa. Il primo progetto del genere si chiama Baywind e risale al 1997. Inizialmente era una turbina eolica di proprietà collettiva, installata nel nord ovest dell’Inghilterra. Oggi le turbine sono diventate 6, per 3 MW di potenza e il gruppo è diventato di 1.300 membri.
Negli anni, le cosiddette feed-in-tariff, il meccanismo di incentivi utilizzato dal governo britannico, hanno dato un forte impulso al settore dell’energia pulita. Anche oltremanica però, il 2011 è stato un anno difficile per le rinnovabili: per quel che riguarda il fotovoltaico, ad esempio, all’inizio dell’estate il governo ha tagliato gli incentivi a progetti superiori a 50 kW e posto una scadenza per accedere alle tariffe allora in corso.

L’ultimo successo, prima che le nuove regole diventassero operative, è stato quello della comunità di Lewes che, in una corsa contro il tempo, durante l’estate è riuscita a raccogliere il denaro necessario per realizzare un impianto fotovoltaico da 98 kW e metterlo in funzione. Ce lo ha raccontato Dirk Campbell, uno dei direttori di Ovesco (Ouse valley Energy Servece Company), la società fondata per gestire il progetto. L’idea è di lavorare come una vera e propria compagnia energetica, con la differenza che la proprietà è collettiva. Dietro Ovesco c’è infatti una comunità di persone, in particolare una comunità in transizione. La società è stata infatti creata da membri del gruppo energia di Transition Town Lewes, i quali si incontrano regolarmente per studiare le possibilità per creare alternative energetiche, per la transizione da una società basata sui combustibili fossili a modelli più sostenibili.

Campbell è uno di loro: “Cinque anni fa, quando abbiamo iniziato a parlare di transizione, abbiamo messo su questo gruppo dedicato alle questioni energetiche. Quando abbiamo visto che c’erano a disposizione dei fondi pubblici per incentivare gli impianti solari, abbiamo deciso di fare domanda. Il primo problema era il sito: in zona abbiamo il birrificio Harveys che ha il più grande magazzino dell’area. Il tetto di quel magazzino era ideale. La Harveys ha accettato e abbiamo presentato la domanda per un impianto da 98 kWp, appena al di sotto del tetto massimo incentivabile fissato dal governo”.

Ma nel bel mezzo del processo per raccogliere i soldi necessari per realizzare l’impianto è arrivata la decisione del governo di ridurre gli incentivi, criticati da parte dell’opinione pubblica e osteggiati da gruppi di pressione legati ai combustibili fossili. “Le nuove tariffe per gli incentivi sono entrate in vigore il primo agosto scorso. E così ci siamo ritrovati a dover raccogliere la cifra necessaria in sole tre settimane. Alla fine ci siamo riusciti: abbiamo messo insieme 306.000 sterline, tutti soldi di cittadini privati della nostra comunità, senza il coinvolgimento di banche o società, al di fuori di Ovesco e il birrificio. Siamo riusciti così a installare 544 pannelli fotovoltaici che producono all’anno 92.000 kWh, abbastanza per ripagare in soli cinque anni l’investimento fatto dai cittadini che hanno partecipato all’iniziativa”. Parte dell’energia prodotta viene usata in loco dal birrificio (che ha anche prodotto una birra commemorativa in edizione speciale per celebrare la realizzazione dell’impianto) e la sovrapproduzione viene reimmessa in rete, generando profitti per Ovesco.

I cittadini coinvolti nel progetto sono 160. La società è registrata con una formula giuridica che le consente di vendere quote non scambiabili ai membri della comunità i quali, nel partecipare all’impresa, ottengono un interesse del 4% sul capitale investito. 
Dopo questo primo successo, la comunità di Lewes non vuole fermarsi. L’idea è di creare un  modello di finanziamento per progetti di produzione energetica da rinnovabili replicabile da altre realtà. Ovesco cerca di diffondere nel Regno Unito e all’estero, l’idea che sia possibile realizzare impianti solari, eolici o idroelettrici, nati dall’iniziativa di gruppi locali, con un forte radicamento sul territorio e acquistati e gestiti dalla comunità stessa. E il gruppo è impegnato anche a offrire supporto e consulenza perché tutto ciò diventi realtà.

In ambito locale, sul lungo periodo, l’obiettivo è di rendere la Ouse Valley (il distretto in cui ricade la comunità di Lewes) energeticamente autosufficiente. Per arrivare a questo traguardo, Ovesco intende utilizzare diverse fonti rinnovabili, dal sole al vento, fino alla geotermia e le biomasse, ma anche, se non soprattutto, lavorare sull’efficienza energetica.
“Tuttavia, al momento siamo un po’ bloccati. Il governo ha ridotto ulteriormente le tariffe con la scusa che il costo dei moduli sta scendendo e quindi il settore non ha più bisogno di grossi incentivi. Ma la verità è che c’è ancora una sproporzione enorme rispetto alle fonti convenzionali e al nucleare che ricevono forti aiuti. Se il governo non avrà un ripensamento sugli incentivi ci troveremo costretti a rivedere la nostra  strategia complessiva.”
A rischio non ci sono soltanto i progetti di Ovesco, ma quelli di un migliaio di comunità locali, che, in varie zone della Gran Bretagna, avevano deciso di seguire la strada dell’energia dal basso.
“Dobbiamo aspettare che avvenga il definitivo tracollo finanziario, allora la gente si renderà conto che bisognerà cambiare sistema. Noi non vogliamo convincere nessuno, ma stiamo provando a diffondere un modello, con l’idea di preparare le infrastrutture adatte in caso di un collasso. Ma ci deve essere alla base un’etica individuale, un’impellenza morale. Alcune persone la sentono e queste, volontariamente, abbracciano sobrietà e sostenibilità negli stili di vita”.

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