Aviazione ed ETS, ci guadagneranno le compagnie?

Dal 1° gennaio l'aviazione internazionale deve sottostare al meccanismo europeo di riduzione delle emissioni, con il disappunto delle compagnie aeree. Un report ribalta la prospettiva: grazie ai permessi gratuiti e al trasferimento dei costi sui passeggeri potrebbero addirittura guadagnarci. Un settore insostenibile in quanto a CO2.

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Le compagnie aeree avevano provato ad opporsi alla decisione europea in ogni modo, ricorrendo anche alla Corte suprema, ma questa ha loro dato torto. Dal primo gennaio 2012, come sappiamo, anche l’aviazione internazionale rientra nei settori coperti dallo schema di emission trading europeo (EU-ETS). Le compagnie, che siano europee o extracomunitarie, sono dunque tenute a dotarsi di permessi ad emettere per i voli per e dall’Europa, in una prima fase peraltro assegnati quasi completamente gratis.


Contro l’inclusione dell’aviazione nell’ETS europeo sono scesi in campo Stati Uniti, Cina e Canada, secondo i quali la normativa viola non solo il Protocollo di Kyoto, ma anche la Convenzione di Chicago sull’aviazione internazionale e l’accordo “Open Skies”, una convenzione tra i paesi comunitari e sottoscritta dagli stessi Stati Uniti. Negli scorsi mesi l’ostruzionismo è annunciato anche dalla Cina: le quattro principali compagnie aeree cinesi hanno annunciato che si rifiuteranno di pagare le spese per le emissioni.


Le compagnie però saranno verosimilmente costrette a pagare, pena un possibile divieto ad accedere agli aeroporti europei  e sanzioni fino a 100 euro per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa. Un duro colpo per il settore? Tutt’altro: uno studio commissionato dalla US Federal Aviation Administration (dunque non sospettabile di essere pro-ETS) mostra che le compagnie aeree lungi dal rimetterci potrebbero invece guadagnare dall’inclusione nello schema. E neanche poco: le sole compagnie statunitensi potrebbero avere una ricaduta positiva di circa 2 miliardi di euro, data dalla vendita di eventuali permessi gratuiti risparmiati e dal trasferimento dei costi sui passeggeri.


Nella fase iniziale infatti, ricordiamo, i permessi saranno assegnati quasi gratuitamente: fino al 2020 le compagnie si vedranno assegnare gratis l’85% delle emissioni complessive del settore (calcolate sui dati storici degli anni precedenti). Secondo le stime della Commissione il costo aggiuntivo per passeggero sarebbe di meno di un euro per i voli brevi e poco più di due per quelli intercontinentali. Costo che peraltro le compagnie potranno scaricare sui consumatori.


Tutto questo potrebbe appunto tradursi in un vantaggio economico per le compagnie, stando al report commissionato dall’amministrazione Usa, che ipotizza un prezzo della CO2 di 15 euro a tonnellata (circa il doppio dell’attuale) che aumenta del 4% l’anno, un incremento delle emissioni del settore del 35% dal 2011 al 2020 e che i costi siano scaricati interamente sui passeggeri.


Le obiezioni al report delle compagnie aeree sono che, come dichiara all’agenzia Euractiv, John Hanlon, segretario della European Low Fares Airline Association, difficilemente le compagnie potranno trasferire interamente i costi sui clienti finali, dato che la competizione si basa molto sul prezzo, già messo sotto pressione dal costo del carburante. Ma in diverse stanno già annunciando aumenti legati all’inclusione nell’ETS, ultima Ryanair, con un sovrapprezzo di 25 centesimi di euro a tratta. Secondo OAG, società di consulenza del settore, in media gli aumenti sulle tratte più lunghe arriveranno oltre il 5%.


Quel che è certo è che ci guadagneranno di più o ci perderanno di meno le compagnie più efficienti dal punto di vista dei consumi. A tal proposito è interessante la classifica stilata ogni anno da Atmosfair, società che offre la compensazione delle emissioni provocate viaggiando in aereo tramite progetti in efficienza e rinnovabili in paesi in via di sviluppo. Nella graduatoria (in allegato), che considera vari fattori, come i consumi degli aerei usati e la capacità di riempirli per minimizzare l’impatto per passeggero (e purtroppo non include per problemi metodologici le low-cost), vediamo al primo posto Monarch Airlines, all’ultimo South African Airlink. La nostra (?) Alitalia è abbastanza indietro, 85esima su 116.


Insomma, vedremo quanto l’EU-ETS riuscirà a fare per il problema delle emissioni dell’aviazione, che ha dimensioni niente affatto trascurabili: dal 1990 ad oggi il volume è raddoppiato. Secondo l’IPCC nel 2050 peserà per il 5-15% del totale dei gas serra e nel budget personale. Di sicuro resterà la necessità di limitare al massimo il ricorso a questo mezzo per spostarsi: possiamo quantificare il “budget personale” in termini di emissioni, ossia la quota di gas serra che ogni abitante della Terra può rilasciare per mantenere la temperatura del pianeta entro i 2°C in 2000 kg di CO2 equivalente, di cui solo un quarto, in media, dovuto ai trasporti. Un solo volo di andata e ritorno dall’Europa a New York (6650 km) può pesare molto di più di questo budget annuale: fino a 2600 kg di CO2.

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