Politiche per le rinnovabili, uscire dall’improvvisazione

Quali parametri valutare per efficacia ed efficienza delle politiche sulle rinnovabili? Come definire gli incentivi? Qualenergia.it ne parla con Tommaso Franci del Ref, che spiega come si debba sempre partire dall’analisi degli interventi già adottati e rendere trasparente la consultazione pubblica tra gli attori. Finora non è stata questa la via.

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Quali strumenti per una valutazione delle politiche per le fonti rinnovabili che permetta di avviare un percorso più efficace ed efficiente delle politiche stesse? Dopo aver intervistato su questo aspetto Arturo Lorenzoni (v. articolo), interpelliamo ora Tommaso Franci del Ref – Ricerche per l’economia e la finanza di Milano. In sintesi secondo Franci è fondamentale che gli strumenti di analisi economica delle politiche pubbliche debbano accompagnare tutto il processo decisionale, dalla definizione degli obiettivi alla implementazione delle misure, fino alla valutazione dei risultati attesi.

V.V. – Diversi sono gli strumenti che il legislatore ha a disposizione per promuovere l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Pensiamo ad esempio solo a quelli a cui la Direttiva 202020 cita esplicitamente. Ma come fa il decisore politico a decidere tra le diverse opzioni? Ritiene che un’economista potrebbe dare un contributo importante da questo punto di vista?

T.F. – Ancor prima dell’analisi economica è indispensabile un approccio corretto all’intervento pubblico e quindi di quella che, nell’ambito della scienza della politica, viene chiamata analisi delle politiche pubbliche. Questa si basa su uno schema chiamato ciclo delle politiche pubbliche articolato in cinque fasi: 1) il problema entra nell’agenda dei decisori; 2) individuazione di obiettivi e strumenti di intervento; 3) decisione dei contenuti dell’intervento pubblico; 4) attuazione della politica e 5) valutazione della politica. In Italia i problemi entrano spesso nell’agenda dei decisori sotto forma di emergenza (problema trascurato) o di scadenza fissata da obblighi UE, e, solo raramente, per un atteggiamento proattivo e consapevole. Dopodiché, la scelta di obiettivi e strumenti avviene in modo superficiale, dando grande enfasi al momento formale della decisione, e ponendo, viceversa, scarsa o nulla attenzione alla fase di attuazione e, soprattutto, a quella di valutazione in termini di efficacia ed efficienza dell’intervento pubblico.

Quali sono gli approcci a disposizione dell’economista per operare queste scelte?

Il contributo dell’economista può essere utile se i responsabili dell’intervento pubblico adottano una gestione consapevole delle politiche in tutte le fasi del ciclo. Il contributo dell’analisi economica può essere determinante se viene compreso fino in fondo il legame che deve essere stabilito tra i cicli di politiche pubbliche che si succedono nell’ambito di specifici filoni di settori di intervento. In particolare, è cruciale dare evidenza al nesso, troppo spesso trascurato, tra l’attività di valutazione delle politiche attuate e le future decisioni sugli strumenti da adottare per un nuovo ciclo di politiche. Il punto di partenza dovrebbe essere l’analisi sull’efficacia degli strumenti di intervento già adottati (il contributo che hanno dato al grado di raggiungimento degli obiettivi) e sulla loro efficienza (il costo degli strumenti di intervento rispetto al grado di conseguimento degli obiettivi). Da questo punto di vista la fase che abbiamo vissuto in Italia nel passaggio dal ciclo 2000-2010 a quello 2010-2020 nelle politiche di promozione delle fonti rinnovabili (adozione del PANER e del D. Lgs. 28/2011) non ci ha fatto fare grandi passi in avanti nella qualità della gestione delle politiche pubbliche in questo settore di intervento.

Parliamo di incentivi per le rinnovabili. In che modo un’analisi costi-benefici potrebbe aiutare il decisore a capire quali incentivi implementare, di quale entità, su quale orizzonte temporale, come distribuire le risorse sulle diverse tecnologie a disposizione, ecc. Ci può dare un’idea su come lavora un’analisi costi-benefici e quali variabili dovrebbe prendere in considerazione?

Gli strumenti dell’intervento pubblico, anche nel caso delle politiche per la promozione delle fonti rinnovabili, si possono dividere in due categorie fondamentali: quelli di natura coercitiva (obblighi fissati per legge) e quelli ad adesione volontaria (incentivi, informazione) che possono ovviamente essere combinati in molti modi. Gli incentivi nelle politiche per fonti rinnovabili hanno la funzione principale di abbattere il differenziale di costo che ne impedisce un’adeguata diffusione rispetto agli obiettivi di penetrazione. Obiettivi collegati al ruolo degli incentivi per la diffusione di tecnologie non competitive nelle attuali condizioni di mercato, sono le opportunità di crescita per i settori economici coinvolti e di sviluppo delle tecnologie delle fonti rinnovabili incentivate. In genere si dà per scontato che gli aspetti di diffusione di una tecnologia, di impatto sull’economia locale e di sviluppo tecnologico, connessi all’incentivazione, siano naturalmente collegati: la realtà come abbiamo visto in alcuni casi è invece molto diversa.

Vediamo gli aspetti più di sistema. Cosa si sentirebbe di suggerire a coloro che devono pensare e implementare oggi le politiche per le rinnovabili?

Nelle politiche di promozione delle rinnovabili, le scelte sugli strumenti di incentivazione dovrebbero partire dalla conoscenza di alcuni dati economici fondamentali, sia dal punto di vista dei mercati delle tecnologie che della struttura delle rispettive filiere. Il punto di partenza dovrebbe essere la conoscenza dei differenziali di costo delle rinnovabili in modo da avere incentivi efficaci che non ingenerino fenomeni di “sovra-incentivazione”. Ciò è fondamentale innanzitutto per minimizzare i costi dei sistemi di incentivazione (sia che siano a carico della fiscalità generale che delle tariffe energetiche). Poi è importante conoscere, per le fonti rinnovabili che si decide di incentivare, la posizione delle imprese che producono le diverse tecnologie in Italia e le effettive possibilità che queste aziende hanno di intercettare le opportunità offerte dai sistemi di incentivazione.

Nell’ultimo anno si è creata una sorta di polarizzazione, quando non di vera e propria conflittualità, fra il comparto delle rinnovabili elettriche e quelle termiche o, ancora, tra diverse tecnologie all’interno dello stesso comparto, penso per esempio alle pompe di calore e al solare termico. Premesso che non possiamo non vedere che gli obiettivi sono comuni, ritiene che politiche fondate su un’adeguata analisi costi-benefici potrebbero aiutare a superare tali contrapposizioni?

La conflittualità tra rinnovabili termiche e rinnovabili elettriche è proprio il frutto della mancanza di un’analisi costi-benefici ex post che permetta di fare valutazioni sull’esperienza degli strumenti adottati fino a quel momento e di porre le basi per definire i nuovi obiettivi e gli strumenti per raggiungerli. Nella fase di definizione degli strumenti da adottare, è inoltre necessario che questi elementi di conoscenza, oltre che disponibili, siano anche conosciuti e accessibili a tutti i soggetti interessati. Una delle carenze più forti, nei processi decisionali sugli incentivi per le fonti rinnovabili, è infatti la mancanza di un processo di consultazione pubblica, fase in cui il decisore dovrebbe rendere pubblicamente disponibile una bozza del provvedimento sugli incentivi con le soluzioni individuate e gli elementi di conoscenza a supporto, le valutazioni su quanto già fatto e le valutazioni ex ante. La fase di consultazione consente a chiunque un contradditorio effettivo e la produzione di ulteriori contributi che permettono di prendere le decisioni in modo fondato e trasparente. Solo a queste condizioni, le analisi costi benefici possono contribuire in modo efficace ai processi decisionali.

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