La guerra del vento sulle coste del Molise

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Il Tar Molise ha accolto il ricorso degli Enti locali contro l'impianto eolico offshore da 162 MW a largo delle coste molisane, tra 5 e 10 km di distanza. La società proponente, supportata da Legambiente nazionale, annuncia cha andrà al Consiglio di Stato, ma il sindaco di Termoli è deciso a dare battaglia anche in quella sede.

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Si apre un nuovo capitolo nella saga dell’impianto eolico offshore che la società Effeventi vorrebbe realizzare al largo delle coste del Molise. Con una sentenza del 23 dicembre, il Tar del Molise, riconoscendo la propria competenza in materia, ha infatti accolto il ricorso presentato dalla Regione con l’appoggio di diversi comuni costieri e associazioni. 

Oggetto del contendere è un impianto da 54 turbine da 3 MW di potenza ciascuna, per un totale di 162 MW. La distanza dalla costa andrebbe da un minimo di 5 km a un massimo di 10. Le pale eoliche si solleverebbero di 74 metri sulla superficie del mare, mentre la parte sommersa avrebbe un’altezza variabile dai 20 ai 50 metri. Sono le caratteristiche del fondale a rendere quel tratto di mare particolarmente idoneo all’eolico offshore. I costi di questo tipo di impianti, infatti, salgono quanto più il fondale è profondo. Per questo, le coste del medio-basso Adriatico, dove il fondale scende gradualmente, sono tra le poche aree italiane adatte a queste installazioni.

La commissione Via-Vas aveva dato parere favorevole all’impianto nel 2009, dopo che la Effeventi aveva apportato alcune modifiche al progetto originario che aveva in un primo momento ricevuto il no della Regione. Con la decisione di arretrare di un paio di chilometri la prima fila di pale eoliche e di cambiare il percorso di alcuni cavi, il progetto era riuscito a ottenere il via libera del Ministero dell’Ambiente.

Ma nel gennaio 2010 la Regione aveva presentato ricorso notando che la richiesta della Effeventi srl risaliva al 2006, prima cioè che la competenza a pronunciarsi sulla Via venisse spostata dalle Regioni al Ministero. Su questa base, il Tar del Molise ha ritenuto di poter accogliere il ricorso. Un pronunciamento che tuttavia non sembra mettere fine alla questione. La Effeventi, società di scopo creata al fine di realizzare quello specifico impianto, ha già fatto sapere che ricorrerà al Consiglio di Stato. Ma anche la controparte è decisa ad andare avanti.

Il sindaco di Termoli, Antonio Di Brino, ha detto più volte che la sua amministrazione si costituirà anche in quella sede. “Nell’area di Termoli – spiega Di Brino a QualEnergia.it – abbiamo un consorzio industriale che ha già industrie chimiche, centrali turbogas e una centrale a biomassa. Direi che è abbastanza e non abbiamo certo bisogno di altri impianti di produzione energetica. Non lo dico per mancanza di solidarietà nei confronti del resto d’Italia, né perché affetto da sindrome ‘nimby’, è solo che il nostro cortile ha già dato. Non si capisce perché, ogni volta che bisogna fare qualche nuovo impianto per la produzione di energia si guarda al Molise: eravamo stati chiamati in causa anche per il nucleare. Come primo atto della mia amministrazione siamo riusciti a bloccare un biodigestore che ci avrebbe trasformati nella pattumiera del Sud e abbiamo intenzione di continuare su questa strada. Finché sarò sindaco mi opporrò a qualsiasi nuovo impianto di produzione energetica”. Argomentazione che oppone un no secco a qualsiasi tentativo di dialogo e non si preoccupa di trovare ragioni nell’impatto paesaggistico o ambientale: “Se ci sia o meno un impatto sulla fauna e sull’ambiente marino è una questione che non mi appassiona. Ma di certo vogliamo iniziare a puntare sul turismo, perché abbiamo tutte le carte per farlo e quest’industria potrebbe risollevare l’economia del Molise”, dice il sindaco.

Europa e governo vorrebbero invece vedere aumentare le quote italiane di produzione di energia elettrica dal vento, in una corsa all’eolico che non trova tutti d’accordo. Partendo dalla vicenda molisana, una cordata di associazioni ha scritto una lettera ai neoministri in cui i firmatari, di fatto, si dicono contrari all’eolico in generale. “L’incentivazione agli impianti eolici in Italia è stata fino a oggi la più alta del mondo – si legge nel testo – Solo per questa ragione è stato conveniente impiantare oltre 5.000 torri per una potenza complessiva a 6.000 MW, non certo per la loro produttività. Infatti, la ventosità in Italia si attesta in media sulle 1.500 ore/anno, ben al di sotto delle 2.000 ore/anno ritenute utili per una produzione competitiva. Vi è quindi il rischio palese d’innumerevoli impianti già autorizzati o con pareri ambientali emessi (per quanto opinabili) che rischiano di essere realizzati per ulteriori, quanto ben poco utili, 6.000 MW”.

Sul fronte opposto si schiera invece la più grande associazione ambientalista italiana, Legambiente, che, in sede di ricorso, si era costituita al fianco del Ministero dell’Ambiente e della Effeventi. Alle diverse amministrazioni locali che hanno opposto all’impianto le ragioni del turismo, Edoardo Zanchini, responsabile del settore energie rinnovabili dell’associazione, risponde così: “È ridicolo pensare che degli stuzzicadenti a 10 chilometri dalla costa possano danneggiare il turismo quando gli enti locali autorizzano da anni la costruzione di miriadi di villette sul litorale. Al contrario, potrebbe crearsi un turismo originale, legato all’eolico, come già accade in altre zone d’Europa. C’è una grande ipocrisia da parte della Provincia e della Regione perché sono loro ad aver distrutto la costa molisana con un’edilizia selvaggia e decine di porticcioli inutili”.

La chiusura all’eolico da parte degli enti locali potrebbe trasformarsi, per l’Italia, in un’occasione persa per l’Italia. La pensa così il presidente della Owemes (Offshore Wind and other marine renewable Energy in Mediterranean and European Seas), Gaetano Gaudiosi che ci spiega: “All’installazione delle pale eoliche in mare si potrebbe riconvertire tutto un settore marittimo che è lo stesso che finora ha fatto trivellazioni per i pozzi petroliferi. Queste società potrebbero lavorare anche all’estero e sarebbe un grosso vantaggio per l’economia italiana. Ma gli investitori rischiano di spaventarsi. Chi viene dall’estero per fare impianti eolici in Italia si trova di fronte non solo le difficoltà dell’iter autorizzativo, ma anche l’opposizione della popolazione e degli enti locali. Però poi l’energia elettrica la vogliono tutti e i consumi aumentano. Certo l’installazione dell’offshore va valutata caso per caso perché in alcune aree può avere un impatto visivo forte. I maggiori vantaggi per l’eolico offshore si hanno quando viene installato lontano dalla costa dove la velocità del vento è maggiore. Ma questo nel caso dell’Italia significa andare in mare profondo, il che fa aumentare i costi. Noi spingiamo per questo tipo di impianti, ma in alcuni casi anche installazioni più vicine alla costa possono essere accettabili. Anche perché in Italia per raggiungere quote significative di energia prodotta da rinnovabili dobbiamo cercare di mettere dentro tutto il possibile: oggi l’eolico produce il 3% dell’energia elettrica italiana e dobbiamo arrivare almeno al doppio”.  

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