Geotermia elettrica in Italia, un boom a rischio?

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Con la liberalizzazione del settore c'è stato un boom di richieste di nuovi permessi per produrre elettricità da risorse geotermiche. Il Piano nazionale per le rinnovabili prevede per la fonte un notevole sviluppo. Ma i nuovi incentivi in arrivo con l'attuazione del decreto rinnovabili potrebbero essere insufficienti, avverte l'Unione Geotermica Italiana.

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In poco più di due anni sono state presentate in Italia 108 richieste per nuovi permessi di ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica. Un’esplosione che non ha precedenti. Tra i motivi del boom la liberalizzazione, contenuta nel D.Lgs. n. 22/2010 di riassetto della normativa di settore, dell’utilizzo di questa risorsa, per il quale esisteva un regime di esclusività delle attività di coltivazione, riservato ad Enel nella Province di Grosseto, Livorno, Pisa e Siena.


Questo scenario di crescita rischia però di sfumare se non verranno confermati incentivi adeguati per questa fonte: come per molte altre fonti rinnovabili si sta attendendo il decreto ministeriale attuativo del D.Lgs n. 28/2011 (il cosiddetto decreto rinnovabili, di recepimento della direttiva 2009/28/CE). Di qui l’appello rivolto al Governo dall’UGI, Unione Geotermica Italiana, che nell’occasione ha messo a punto un’analisi degli sviluppi del settore (vedi allegato).


Il Piano di azione italiano per le rinnovabili (PAN), ricordiamo, fissa obiettivi sostanziosi al 2020 per la geotermia nel settore elettrico: aumenti della capacità stimati in circa 170 MW, dal 2010 al 2020, e della produzione annua di circa 1.100 GWh. In Italia la produzione geotermoelettrica ha avuto, dal 1990 al 2010, un aumento del 65% circa passando da 3.222 GWh/anno a 5.343 GWh/anno.


Oggi la presenza di impianti, tutti gestiti da Enel Green Power, è solo in Toscana, per una capacità lorda complessiva di 882,5 MW. Le nuove richieste interessano invece anche altre regioni, oltre alle 4 province della Toscana di tradizionale sfruttamento: in Alto Adige ne sono state presentate 9, in Toscana 51, nel Lazio 34, in Sardegna 7, in Sicilia 6, e una offshore nel Mar Tirreno. Complessivamente sono state richiesti permessi per una superficie molto estesa, maggiore di 11.000 km2, dei quali circa 4.900 km2 in Toscana e 3.200 km2 nel Lazio (vedi mappa).



Oltre ad Enel Green Power, operatore storico, diversi i nuovi attori sia nazionali che internazionali (un elenco è nel documento UGI). Tra gli esteri ad esempio Gesto Italia srl (controllata del gruppo portoghese Martifer) e la Magma Energy Italia srl (controllata di uno dei principali operatori internazionali del settore: la Alterra Corporation). Tra i soggetti nazionali Sorgenia, Erg, Saras, alcune società del Gruppo Italbrevetti, Repower Italia, Rauch Geothermics, Moncada, K-Energy, Eurobuilding, Der, Cogeme e altri.


Sulla base della superficie totale dei premessi richiesti, che potranno essere autorizzati per una superficie presunta prossima a 10.000 km2, si può ipotizzare che i fluidi geotermici reperibili possano essere sufficienti per l’installazione di alcune centinaia di MW di nuova potenza, andando oltre le stime del PAN. Con questo obiettivo l’UGI stima che che nel settore geotermoelettrico potrebbero essere attivati investimenti per circa un miliardo di euro nell’arco di un decennio. Tutto ciò però, fa sapere associazione, sarà possibile solo in un quadro certo di regole, sia dal punto di vista dei sistemi di incentivazione che dei regimi autorizzativi.


A rendere attraente la geotermia elettrica infatti sono gli incentivi: sia quelli fino ad oggi previsti (tramite Certificati Verdi e Tariffa omnicomprensiva per gli impianti fino a 1 MW), che quelli attesi in base alla nuova normativa (art. 24 del Dlgs n. 28/2011).  In base alle bozze in circolazione del decreto attuativo, però, verrebbero previsti livelli di incentivazione della produzione di energia da fonte geotermica (100-105 €/MWh di remunerazione complessiva della produzione netta), molto inferiori rispetto a quelli attualmente assicurati dai Certificati Verdi e dalla Tariffa Omnicomprensiva, ma anche inadeguati – secondo l’UGI – rispetto alla necessità di assicurare una equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio alle tecnologie disponibili in questo settore.


Inoltre, sottolinea l’UGI, nella bozza sono previsti solo due scaglioni di soglie dimensionali degli impianti, una da 0 a 5 MW, e un’altra da 5 MW in su, che non sono rappresentativi dell’articolazione di soluzioni tecnologiche oggi disponibili e dei corrispondenti costi di investimento e gestione; questo sia per gli impianti di capacità fino a 5 MW che per quelli di capacità superiore a 5 MW.

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