La società a 2000 watt contro la crisi sistemica

Costruire una società 2.000 watt è una sfida tecnologica, culturale e politica. Marco Morosini del Politecnico di Zurigo ha illustrato a Torino questo processo. L'Italia ad esempio dovrebbe dimezzare i suoi consumi energetici da soddisfare poi in gran parte con rinnovabili e materiali di origine biotica in sostituzione di quelli d’origine fossile e geologica.

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Progressivo esaurimento delle risorse fossili, necessità di ridurre le emissioni di gas serra, garantire l’accesso ai servizi energetici a fasce sempre più ampie della popolazione mondiale, crisi economica-finanziaria, per dirla con un concetto siamo dentro ad una profonda crisi sistemica dalla durata incerta. Come rispondere a tutte queste urgenze? Una crescita economica che pretende di estendere lo stile di vita occidentale ad una popolazione mondiale in aumento (toccati in questo giorni i 7 miliardi di abitanti) è ecologicamente insostenibile. Le risorse necessarie sarebbero troppe, troppo costose e troppo distruttive. E’ arrivato il momento di rimettere in discussione il modello di benessere dell’era consumistica. La distonia e l’incompatibilità tra il fatto di avere a che fare con un pianeta dalle risorse limitate e l’idea di un Pil sempre crescente, dovrebbe essere un punto fermo di ogni analisi di scenario futuro economico, ambientale ed energetico, oltre che della debole e incerta politica di questi anni. Ma oggi tutto questo è ignorato dalla teoria economica predominante, anche quella meno liberista e ovviamente dai decision makers.

Una voce fuori dal coro è quella della Svizzera che ha scelto, come ci dice Marco Morosini, analista ambientale del Politecnico di Zurigo, “la via eretica della riduzione drastica dei consumi energetici, infrangendo così il dogma delle società industrializzate che associa benessere e consumi”. Nel 1998 proprio al Politecnico di Zurigo venne progettata per l’Europa la transizione verso una società che dagli attuali 6.000 watt di flusso medio di potenza procapite per tutti i fabbisogni energetici, passi a 2.000 watt nel 2050. Stiamo parlando della cosiddetta “società a 2.000 watt”, un obiettivo adottato dal governo elvetico nel 2002 e che è stato di recente illustrato da Morosini nel corso di un incontro a Torino. Morosini è anche curatore, insieme a Wolfang Sachs del Wuppertal Institut, del libro “Futuro Sostenibile. Le risposte eco-sociali alle crisi in Europa” (Edizioni Ambiente).

Cos’è una società a 2.000 watt? E’ una transizione energetica, ma anche un cambiamento epocale a di carattere culturale e politico – spiega Morosini – che richiede di ridurre l’uso di energia e di passare decisamente alle rinnovabili. L’energia procapite dovrà però ridursi in Italia come in Europa a quella che oggi è la media mondiale di 1,5 tonnellate equivalenti petrolio, cioè pari ad un flusso continuo procapite di 2.000 watt di potenza. Nel 2008 l’uso procapite di energia primaria in Italia era di 3 tep (4.000 W), negli Usa di 8 tep (11.000 W). E solamente un drastico abbattimento del fabbisogno potrà consentire alle rinnovabili di soddisfare le ridotte esigenze di energia.

L’obiettivo di medio periodo di una società a 2000 watt incorpora anche obiettivi di lungo termine per la riduzione dei gas a effetto serra, portandoli ad una quota di 1 tonnellate procapite di CO2, cifra che si puà considerare del tutto sostenibile. Sul fronte energetico il fabbisogno verrebbe soddisfatto per il 75% (1500 W) da fonti rinnovabili.

Cosa comporta una società a 2000 watt e quale scenario si profilerebbe? Significa innanzitutto cambiare le basi dell’approvvigionamento di risorse naturali. Le rinnovabili e i materiali di origine biotica sostituiranno l’energia e, in parte, i materiali d’origine fossile e geologica, spiega Marco Morosini. Si assisterà alla realizzazione di una rete capillare di reti di approvvigionamento, in cui molti luoghi e una miriade di soggetti cooperano nella produzione di energia. Per questo passaggio bisognerà puntare sull’efficienza delle risorse utilizzate invece dell’efficienza del lavoro. Ci vorrà intelligenza e innovazione, ma soprattutto “una politica capace di stimolare una miriade di mini-investimenti e mini-iniziative”.

Il passaggio a una società post-fossile dovrà essere l’impegno determinante di questo secolo a partire dalle società industrializzate. L’argomento è complesso ma affascinante e il percorso pieno di insidie, ma capace, secondo noi, di diventare la via per un cambiamento radicale e positivo della civiltà. Nell’analisi dell’economista ambientale del Politecnico di Zurigo ci sono tre aspetti chiave che dovranno compiersi: 1) la sfida tecnologica: riorganizzare l’hardware sociale in tecnologie econome di risorse e rispettose della natura; 2) un progetto istituzionale: norme e istituzioni che garantiscano il rispetto dei diritti umani e mantengano la dinamica di sviluppo dell’economia entro i limiti della rigenerazione della biosfera, con la conseguenza che si dovranno rivedere profondamente le scienze economiche e politiche; 3) idee guida per l’azione e come riferimento esistenziale: dallo stile di vita personale all’etica professionale, fino alle priorità della collettività.

Una trasformazione di questa portata non sarà percorribile – dice Morosini – se non in presenza di una chiara e univoca pianificazione pubblica che sostenga e indirizzi i passi necessari per conseguire una riduzione di due terzi dei consumi energetici attuali. Sembrerebbe utopia, ma se ci togliamo dagli occhi le incombenze e gli incubi del presente, capiremmo che non si vede altra alternativa a questa strada.

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