Politica energetica ed economia della generazione elettrica

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Per una accurata programmazione energetica su scala nazionale sono molteplici i fattori da considerare nell'analisi dei costi delle diverse fonti energetiche, anche per gli eventuali effetti sull’intero sistema economico-ambientale. Un'analisi di Andrea Fidenza e Carlo Manna dell'Ufficio Studi ENEA pubblicata sulla rivista QualEnergia.

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Ogni tecnologia di generazione energetica, durante l’arco di vita che va dalla fase sperimentale fino alla condizione di maturità, subisce una progressiva diminuzione dei suoi costi che si riflette sul costo dell’energia prodotta. Diversi sono i fattori che incidono su tale processo e che influenzano, in maniera variabile a seconda della fonte considerata, il cosiddetto tasso di apprendimento tecnologico, ossia la rapidità con cui una tecnologia entra sul mercato e diventa sempre più competitiva dal punto di vista economico. Come noto, i costi d’investimento non costituiscono l’unico costo nel corso della vita di un impianto in quanto anche altre spese, di tipo fisso e variabile, devono essere sostenute ai fini di un corretto funzionamento dell’impianto.


Tra queste vi sono il costo del carburante, i costi di O&M, i costi legati alle emissioni di CO2 e infine anche quelli per il decommissioning dell’impianto stesso. Queste voci incidono in maniera differente a seconda della tecnologia utilizzata e la loro somma lungo l’intero ciclo di vita di un impianto rappresenta il costo complessivo che concorre alla formazione del costo di generazione di un’unità di energia.


Nel settore elettrico, al fine di confrontare il costo di generazione da fonti diverse, viene calcolato, secondo una metodologia riconosciuta a livello internazionale, il cosiddetto Levelized Cost Of Energy (LCOE), ossia il costo di produzione di 1 kW elettrico. Esso viene calcolato essenzialmente come rapporto tra il valore attualizzato della sommatoria delle uscite di cassa e il valore attualizzato della produzione elettrica nell’arco di vita utile dell’impianto. Tale costo corrisponde, in altri termini, al prezzo a cui l’elettricità deve essere prodotta per riuscire a coprire interamente tutti costi.


Secondo la definizione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (fonte: Projected cost of generating electricity. International Energy Agency, 2010) la formula per il calcolo del LCOE è la seguente:


LCOE = Pelettricità = ∑t (Investimentit + O&Mt + Carburantet + Carboniot + Decommissioningt) * (1+r)-t) / ∑t (Elettricitàt * (1+r)-t))


dove “t” è l’anno di riferimento e “r” il tasso di sconto. Un’assunzione fondamentale alla base del calcolo del LCOE è che sia “r” sia il prezzo dell’elettricità sono fissi e non variano nel corso della durata del progetto. Da un’analisi della composizione del LCOE per ogni tecnologia emerge  come l’incidenza percentuale delle singole voci di costo cambi notevolmente in base alla tecnologia considerata (tabella 1). Questo determina di conseguenza una differente sensibilità del LCOE di ogni fonte a fronte di variazioni dei parametri che concorrono alla sua formazione.


Per esempio, un aumento del tasso di sconto determina una quasi totale invarianza del costo dell’energia derivante da impianti alimentati a gas, mentre nel caso del nucleare, a causa degli elevati tempi di costruzione e della vita utile degli impianti, questo comporta un marcato incremento proporzionale del LCOE. In generale, le tecnologie che necessitano di lunghi tempi per il completamento dell’impianto sono soggette anche a un peso maggiore degli interessi maturati durante la fase di costruzione (interest during construction), a differenza di quelle per le rinnovabili le quali, nonostante il costo d’investimento arrivi a costituire fino al 95% del totale, hanno tempi di realizzazione molto più ridotti e quindi un LCOE relativamente meno sensibile a variazioni del tasso di sconto (figura 1).


Altri due fattori che influenzano il costo di generazione elettrica sono rispettivamente un aumento dei costi di costruzione (figura 2) e un allungamento dei tempi di realizzazione dell’impianto.


In entrambi i casi, le fonti più esposte a un incremento del LCOE sono comprensibilmente quelle in cui la componente dei costi d’investimento pesa maggiormente rispetto al costo totale, quindi in prevalenza il nucleare e le fonti rinnovabili come fotovoltaico ed eolico. Un’ulteriore variabile che influisce sul livello del LCOE è rappresentata dal fattore di carico (load factor), che corrisponde al rapporto tra la produzione elettrica di un impianto e il massimo teorico che potrebbe essere prodotto in un determinato periodo di tempo.


Anche in questo caso, una diminuzione della quantità di energia prodotta pesa maggiormente sul costo di quelle tecnologie in cui vi è prevalenza di costi fissi, e molto poco, invece, nel caso di tecnologie a gas dove circa il 70% del costo di generazione dipende dal combustibile.


Infine, anche il tempo di vita utile degli impianti è un elemento determinante, specialmente nel caso di una sua diminuzione che porta a un incremento del costo di generazione di tutte le tecnologie, soprattutto per gli impianti che hanno un periodo di funzionamento minore (es. impianti alimentati a fonti rinnovabili).


In linea di massima è possibile affermare che le tecnologie caratterizzate dalla presenza di un’elevata quota fissa rispetto ai costi totali di un progetto, rappresentano un investimento più rischioso in caso di discesa del prezzo di vendita dell’elettricità al di sotto del LCOE in quanto, nell’ipotesi di uscita dell’operatore dal mercato, la perdita economica sarebbe, in termini percentuali sul totale investito, più elevata rispetto a un progetto composto prevalentemente da spese variabili.


Tuttavia le fonti rinnovabili, pur immobilizzando una quota di capitale percentualmente elevata, presentano il vantaggio, rispetto alle fonti fossili, di avere costi delle emissioni e del carburante (costo marginale) praticamente nulli. Quest’ultimo aspetto in particolare, come verrà descritto meglio in seguito, sembrerebbe portare anche importanti benefici in termini di riduzione del prezzo dell’energia sul mercato elettrico.


A oggi, secondo uno studio sui costi di generazione dell’energia elettrica pubblicato dal Committee on Climate Change, un organo indipendente creato dal Governo inglese per ricevere supporto sulle questioni relative ai cambiamenti climatici, le principali tecnologie a cui appartiene il LCOE minore sono, in ordine crescente di costo, quella per la digestione anaerobica dei fanghi da depurazione, l’idroelettrico, il processo di pirolisi dei rifiuti solidi urbani e del combustibile da rifiuti e infine l’eolico onshore (figura 3).


Tuttavia, da un esame della letteratura scientifica in materia di riduzione del costo per specifica tecnologia di generazione energetica lungo la curva di apprendimento, emerge in maniera evidente che il potenziale maggiore risiede in tecnologie meno mature, come alcune relative alle “nuove” fonti rinnovabili. In particolare, tra queste, quelle di sfruttamento del moto ondoso e delle maree, l’eolico offshore e il solare fotovoltaico registrano i maggiori “tassi di apprendimento”, ossia un’inclinazione delle rispettive curve di apprendimento superiore a quella delle altre fonti.


In generale, una buona parte delle tecnologie esistenti presenta un tasso compreso tra 5 e 15%, mentre il solare fotovoltaico, in particolare quello a film sottile, spicca su tutte con un tasso compreso tra il 25 e il 35%. In quest’ottica lo studio stima che, nel 2040, in base alle curve di apprendimento delle diverse tecnologie, i costi d’investimento per lo sfruttamento del flusso di maree (tidal stream) e del fotovoltaico (cristallino e a film sottile) potranno scendere rispettivamente fino al 21% e al 5-12% di quelli attuali.


In un’ottica più ampia, va però sottolineato che qualsiasi scelta in campo energetico può avere anche un impatto a livello sociale e ambientale che deriva dalle “esternalità” connesse indirettamente alle attività di generazione energetica. Secondo un’analisi dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, che considera gli impatti delle diverse tecnologie in termini di emissione di agenti inquinanti nell’aria, consumo e contaminazione dell’acqua e infine utilizzo e trasformazione dei terreni, emerge che, in alcuni casi, la differenza tra il costo delle tecnologie nuove e quelle tradizionali tende ad assottigliarsi.


Tali effetti sulle risorse naturali, infatti, possono avere anche conseguenze indirette sulla salute delle popolazioni, sulla conservazione dell’ecosistema e infine anche sulla sicurezza alimentare. Per esempio, relativamente alle emissioni di agenti inquinanti, secondo l’Agenzia la tecnologia degli impianti a carbone abbinati a cattura e stoccaggio del carbonio, seppur più sostenibile dal punto di vista ambientale rispetto a quelle tradizionali, in quanto consente di trattenere attorno al 90% delle emissioni di CO2 prodotte da un impianto ultra super critico (USC) e di ridurre contemporaneamente anche quelle di SO2, porta a un incremento del 20- 30% di quelle di NOx. Nettamente meno impattanti in questo senso risultano, invece, sempre secondo l’Agenzia, le tecnologie per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili e quella nucleare.


Con riferimento al consumo di acqua, un impianto solare CSP, per esempio, può richiedere fino a circa 3.700 litri per MWh, più di uno nucleare (fino a circa 3.500 litri per MWh) o di uno a carbone (2.200 litri per MWh), mentre uno solare o eolico praticamente zero (figura 4).


Allo stesso tempo va detto però che, in termini di superficie occupata, l’eolico onshore è la tecnologia ad avere il maggiore impatto sul territorio, con circa 2.200 m2 per GWh, rispetto a CSP, carbone e fotovoltaico che stazionano tutte quante al di sotto dei 500 m2 per GWh.


Sotto questo aspetto, invece, se si considerano solamente gli anni di vita utile di un impianto, la tecnologia nucleare è quella ad avere il minore impatto sul territorio.


Da alcuni anni si sta verificando un forte sviluppo dei settori delle fonti di energia rinnovabile di tipo non tradizionale, che è proseguito anche nel 2010 segnando un nuovo record di 211 miliardi di dollari d’investimenti a livello globale e registrando una crescita del 32% rispetto all’anno precedente. La continua ascesa di questi settori è fortemente trainata, da un lato, dalle enormi potenzialità di sviluppo nel medio e lungo termine, confermate anche dalle più recenti analisi di scenario dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, le quali mostrano il ruolo sempre più rilevante delle rinnovabili all’interno del sistema energetico mondiale, dall’altro lato, dalla costante e rapida diminuzione dei costi delle tecnologie, soprattutto di quelle “nuove”. Per esempio, nel caso specifico dei moduli solari fotovoltaici è avvenuto un calo del 22% ogni volta che la potenza cumulativa installata è raddoppiata, come mostra la relativa curva di apprendimento (figura 5).


Un fattore che ha influenzato notevolmente il rapido declino del costo dei moduli fotovoltaici, la cui incidenza sul costo totale di un sistema è scesa dal 60-75% al 40-60% a seconda della tecnologia considerata, è stato l’impetuoso innalzamento dei volumi di produzione avvenuto su scala internazionale negli ultimi anni, in risposta alla crescente domanda di installazioni fotovoltaiche. Nel 2010 si è registrato, infatti, l’incremento maggiore da circa dieci anni a questa parte nella produzione mondiale di celle solari fotovoltaiche (+118%), che è arrivata a oltre 27 GW grazie a una capacità produttiva globale superiore a 36 GW e mezzo. Per il 2011 le previsioni di crescita sono ancora più entusiasmanti: oltre 51 GW (+89%) di produzione di celle fotovoltaiche e quasi 67 GW (+82%) di capacità produttiva mondiale. A oggi, la massima capacità produttiva di cui è dotata


una singola azienda nel settore fotovoltaico mondiale è di 1,8 GW e dovrebbe salire fino a 3 GW nel 2011 se i piani di espansione di un operatore cinese saranno rispettati. Attualmente, molte aziende leader nel settore dispongono di impianti con capacità produttive superiori a 1 GW, una cosa inimmaginabile fino a solo un decennio fa se si considera che le dimensioni degli impianti di produzione erano centinaia di volte più ridotte.


Un altro aspetto che contribuisce in maniera sostanziale alla diminuzione dei costi connessi alle varie tecnologie per le rinnovabili è il progresso tecnologico che, grazie alle attività di ricerca e sviluppo (R&S), consente di migliorare il rendimento in termini energetici, di allungare la vita degli impianti e di abbassare i costi di produzione di sistemi e componenti. A livello globale la spesa in R&S per le energie rinnovabili è in crescita costante dal 2005 ed è arrivata nel 2010 a un nuovo record di 9 miliardi di dollari (figura 6), pari a un aumento del 40% rispetto all’anno precedente (6 miliardi di dollari). La spesa pubblica in R&S è più che raddoppiata rispetto al 2009, costituendo oltre la metà del totale investito nell’ultimo anno (5 miliardi di dollari) e superando per la prima volta quella privata, la quale ha registrato, invece, un calo da 4 a 3 miliardi di dollari.


Tra le rinnovabili, la tecnologia che ha ricevuto la quota maggiore di risorse è stata quella del solare con oltre un terzo del totale (3,6 miliardi di dollari) nonostante il calo del 19% degli investimenti privati. Nell’ultimo anno, infatti, i programmi d’investimento delle aziende si sarebbero maggiormente orientati verso un innalzamento della capacità produttiva per andare incontro ai picchi di domanda provenienti da mercati in forte espansione come quelli italiano, tedesco e ceco. Nonostante ciò, la tecnologia solare è stata anche quella che ha ricevuto la quota maggiore di investimenti privati (2,1 miliardi di dollari), mentre la quota più grande di risorse pubbliche è stata destinata ai biocarburanti (2 miliardi di dollari), i quali rappresentano nel 2010 la seconda fonte in termini di investimenti totali in R&S con un tasso di crescita del 100% rispetto all’anno precedente. Il settore eolico, essendo una tecnologia relativamente matura, occupa il terzo posto in termini di spesa globale in R&S; tuttavia, considerato anche il crescente interesse verso il segmento dell’offshore, registra complessivamente un buon tasso di crescita (+92%).


La liberalizzazione del mercato elettrico italiano, avvenuta con il decreto legislativo n° 79 del 16 marzo 1999, noto anche come decreto Bersani, ha consentito di passare di fatto da un modello di tipo monopolistico a uno liberalizzato concorrenziale. In un mercato competitivo, il prezzo di vendita dell’elettricità riflette sostanzialmente il costo dell’ultima tecnologia (impianto) utilizzata per soddisfare la domanda in ogni determinata ora del giorno. La curva di offerta dell’energia (merit order curve), infatti, è di tipo scalare in quanto va, in termini di costo marginale (costo del carburante), dalla tecnologia meno costosa a quella più cara. Nel punto in cui essa interseca la curva di domanda si determina, per ogni frazione della giornata, il prezzo di vendita sul mercato elettrico. Secondo tale logica, quindi, le tecnologie a entrare per prime in funzione per rispondere alla domanda elettrica sono quelle con un costo marginale sostanzialmente pari a zero, ossia le rinnovabili, seguite dagli impianti nucleari, da quelli a carbone e infine da quelli a gas (tabella 1).



Secondo diversi studi da fonti autorevoli, un incremento significativo della produzione da impianti alimentati a fonti rinnovabili, come quello avvenuto negli ultimi anni in diversi Paesi, consentirebbe non solo di soddisfare una quota maggiore della domanda elettrica ma anche di produrre una traslazione verso destra della curva di offerta dell’energia. Questo effetto porterebbe a incontrare la curva di domanda più in basso, determinando quindi un prezzo minore dell’energia sul mercato spot. Tale fenomeno, che si verificherebbe soprattutto nelle ore di picco della domanda, prende il nome di effetto “merit order” (figura 7).


In conclusione quindi, nell’ambito di un progetto d’investimento in un impianto e, soprattutto, in un’ottica più ampia come quella di una politica di programmazione energetica su scala nazionale, non ci si dovrebbe mai limitare alla sola valutazione del costo di generazione dell’energia dalle varie fonti, ma comprendere anche un’approfondita analisi delle conseguenze dirette e indirette, economiche e non, derivanti da una molteplicità di fattori e aspetti che, seppur talvolta di difficile individuazione e quantificazione, possono avere rilevanti conseguenze sull’intero sistema economico-ambientale.


L’articolo è stato pubblicato sulla rivista bimestrale QualEnergia (n.4/2011)

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