L’obbligo di rinnovabili negli edifici e il solare termico (parte terza)

Pubblichiamo la terza parte del vademecum elaborato da Assolterm per fornire chiarimenti sull'obbligo delle fonti rinnovabili negli edifici, la cui prima scadenza è stata il 25 settembre. In questa parte si spiegano quali potrebbero essere le possibili scelte ed evoluzioni normative da implementare a livello regionale.

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Nelle prime due parti (parte 1 e parte 2) della nostra analisi, sono stati esaminati i principali aspetti, tecnici e normativi, e le loro implicazioni, della nuova legislazione relativa all’obbligo di utilizzare negli edifici delle rinnovabili, scaturita dal Decreto 28/2011, con particolare riferimento alla tecnologia del solare termico.


Per proseguire l’analisi con un ulteriore approfondimento, si vuole ora valutare quali siano le possibili e auspicabili evoluzioni normative a livello regionale.


Premesso che il Decreto 28 stabilisce che, se le Regioni e i Comuni non si adeguano entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto stesso, l’obbligo si ritiene comunque valido e operativo. E quindi lo è già, visto che la scadenza era il 25 settembre! Due sono gli elementi che ci portano a considerare fondamentale una regolamentazione a livello regionale.



  • La nuova normativa va ad agire su una situazione pregressa a livello regionale piuttosto variegata. Per quanto riguarda i fabbisogni termici, infatti, il solo obbligo che vigeva prima della pubblicazione del Decreto 28 era quello di copertura con le fonti rinnovabili del 50% del fabbisogno di energia per la produzione di acqua calda sanitaria (ACS). Tale obbligo, però, non era operativo e applicato su tutto il territorio nazionale, ma solo in alcune regioni che, recependo il D.Lgs. 311/06, avevano legiferato a riguardo (su normative regionali su efficienza energetica e rinnovabili in edilizia, vedi Rapporto ONRE 2010 sui regolamenti edilizi comunali). Quindi, a fronte di alcune Regioni che avevano già provveduto a regolamentare l’obbligo di rinnovabili negli edifici, dal punto di vista sia tecnico che procedurale (per fare due esempi, Piemonte e Lombardia), diverse altre ad oggi non hanno ancora implementato e reso operativo tale obbligo.

  • La nuova normativa introduce nuovi obblighi (si vedano prima e seconda parte dell’analisi): non si parla più solo di copertura del 50% di ACS, ma anche della copertura di una percentuale, variabile nel tempo, dei fabbisogni termici complessivi degli edifici.

Se è quindi vero che l’art. 11 del Decreto indica a chiare lettere che l’obbligo entra in vigore anche se le Regioni non sviluppano le relative normative, implementandone i dettagli applicativi,  è d’altra parte evidente come un’azione delle Regioni per specificare la normativa generale del Decreto 28, a maggior ragione con riferimento ai nuovi obblighi, sia assolutamente necessaria per garantirne una efficace applicazione.


Tre, in particolare, sono i campi di azione dove l’intervento delle Regioni potrà risultare più fruttuoso: l’allargamento dell’ambito di applicazione dell’obbligo, la scelta delle tecnologie rinnovabili utilizzabili per soddisfarlo e il supporto ai Comuni, che, ricordiamolo, sono gli enti preposti a rilasciare il titolo edilizio, solo dopo aver accertato il rispetto degli obblighi.


Leleggi regionali, come sappiamo, non possono legiferare in contrasto con quanto previsto dalle leggi nazionali, ma possono prevedere norme più stringenti. Un’opzione esplicitamente riportata nel Decreto è quella di fissare percentuali minime di copertura più alte rispetto a quelle previste dal Decreto. Allo stato attuale, però, non consideriamo tale opzione percorribile, poiché i limiti minimi stabiliti, sia per l’ACS che per i fabbisogni complessivi di calore e freddo, appaiono già piuttosto elevati.


Un’altra opzione è quella di estendere il campo di applicazione dell’obbligo, ad esempio prevedendolo anche nel caso di ristrutturazione in edifici con superficie utile inferiore ai 1.000 m2 o, ancora, come già introdotto nella legislazione lombarda, nel caso di ristrutturazione  dell’impianto termico esistente.


Per quanto riguarda le fonti da utilizzare per il soddisfacimento dell’obbligo, sarebbe auspicabile che le Regioni stabilissero una priorità di impiego per le diverse fonti rinnovabili termiche, in base ad alcuni criteri fondamentali come la semplicità impiantistica, la convenienza economica e altre specificità locali. Il Decreto 28, ad esempio, consente a Regioni e Province Autonome di limitare l’utilizzo delle biomasse per assicurare le percentuali minime di obbligo, qualora ciò risulti necessario per assicurare la qualità dell’aria. Un’ulteriore specificità locale potrebbe riguardare la notevole disponibilità di radiazione solare nelle regioni del centro-sud dove, soprattutto per la produzione di acqua calda sanitaria, il solare termico potrebbe avere una priorità di utilizzo nel soddisfare l’obbligo. La Regione Piemonte, che pure non è certo tra le regioni più assolate d’Italia, per esempio, attualmente ha una legislazione che impone di coprire il 60% di ACS con il solo solare termico. Tale scelta è stata motivata dal limitato costo di investimento necessario per tale tecnologia, dall’utilizzo di una fonte rinnovabile al 100% (energia solare), nonché dalla totale assenza di emissioni inquinanti in fase di utilizzo.


Per quanto riguarda, poi, il supporto ai Comuni, l’azione delle Regioni può avere un ruolo davvero cruciale. La verifica dell’obbligo, e il conseguente rilascio del titolo edilizio, infatti, sono in mano alle Amministrazioni Comunali che, spesso, possono non avere la capacità tecnica e le necessarie informazioni per applicare correttamente la normativa. Un esempio lampante riguarda la cosiddetta eventuale “impossibilità tecnica” (si veda la seconda parte) di ottemperare all’obbligo, che il progettista deve dimostrare in modo dettagliato con adeguata relazione tecnica. L’ufficio tecnico di un Comune deve essere quindi in grado di esaminare criticamente questa relazione e, se è il caso, di chiedere ulteriori ragguagli o, addirittura, di respingere la dichiarata ”impossibilità tecnica”.


Da questo punto di vista, il supporto che le Regioni, tramite il coordinamento delle Province, possono fornire ai Comuni è prezioso e determinante. Nel caso del solare termico, ad esempio, ai Comuni potrebbero essere fornite semplici tabelle per paragonare la superficie dell’impianto solare necessaria per soddisfare l’obbligo di produzione di acqua calda sanitaria a quella disponibile su tetti e coperture. Grazie a tali tabelle, sarebbe agevole, per il tecnico comunale, “smascherare” una falsa dichiarazione di impossibilità tecnica legata alla mancanza di spazio.


Il prossimo futuro vedrà quindi la pubblicazione di nuove norme regionali, così come la revisione di alcune legislazioni già operative da diversi anni (come quelle di Lombardia e Piemonte), nell’ottica di un adeguamento al Decreto 28/2011.


Assolterm intende seguire da vicino questo percorso e supportare le Regioni, affinché il Decreto sia applicato con efficacia su tutto il territorio attraverso le Amministrazioni Locali, senza la cui azione e convinzione nessuna legge nazionale può sperare di essere implementata con successo.


Con questa finalità, dopo la tavola rotonda organizzata lo scorso 5 ottobre nell’ambito del SAIE di Bologna, Assolterm lancia il prossimo incontro tra Regioni e settore del solare termico, che si terrà all’interno della quarta Conferenza dell’Industria Solare – Italia 2012 (Roma, 23-24 febbraio 2012).

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