Piccole isole, chi rema contro le rinnovabili?

Le realtà isolane italiane sono molto arretrate rispetto all’utilizzo delle rinnovabili, mentre esempi interessanti sono presenti in Europa. Vanno sbloccati gli ostacoli che impediscono la loro installazione, anche perché le isole possono essere un terreno ideale per sperimentare la funzionalità delle smart grid. L'editoriale di Gianni Silvestrini.

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Nella corsa europea verso la sostituzione dei combustibili fossili e in alcuni casi anche del nucleare con le energie verdi, le piccole isole dovrebbero giocare un ruolo di punta.


I motivi sono evidenti. Il costo di generazione con piccoli impianti diesel sono elevatissimi, in qualche caso fino a 15 volte il costo di generazione delle grandi centrali. Inoltre normalmente le piccole isole godono di un ottimo potenziale solare/eolico. E in effetti ci sono esempi di isole che soddisfano il 100% della propria domanda elettrica con le energie verdi, come El Hierro nelle Canarie o  Samsø in Danimarca, e in alcuni casi si punta a coprire con le fonti rinnovabili l’intera domanda energetica.


Le piccole isole, inoltre, rappresentano la condizione ideale per sperimentare le smart grid. Grazie ad una programmazione dei carichi, all’inserimento di sistemi di accumulo, all’impiego di veicoli elettrici plug-in e ad una gestione intelligente della rete si potrebbe infatti accrescere notevolmente la quota di energia verde.  Visto che il problema si porrà rapidamente a livello nazionale in virtù dei 15.000 MW di eolico e solare che l’Italia avrà a fine anno e del valore più che doppio connesso in rete fra cinque anni, sarebbe saggio iniziare subito una sperimentazione di smart grid su qualche piccola isola.


Purtroppo le realtà isolane italiane sono invece generalmente molto arretrate rispetto all’utilizzo delle fonti rinnovabili, per due principali motivazioni.  La prima riguarda il fatto che gli operatori elettrici, spesso piccoli imprenditori privati, non hanno alcun obbligo – al contrario dell’Enel e dei grandi produttori e distributori che servono il territorio nazionale  –  ad impegnarsi nell’efficienza energetica o nelle fonti rinnovabili. Essendo pagati a piè di lista, gli operatori isolani non hanno alcun interesse a promuovere interventi di risparmio o di generazione di energia verde che, al contrario, ridurrebbero i loro profitti.


La seconda criticità riguarda gli strumenti urbanistici e paesaggistici che limitano fortemente la diffusione delle rinnovabili. Per fare un esempio nelle Egadi non si possono installare impianti eolici, nemmeno micro-aerogeneratori da 1 kW.


Per sanare questa situazione occorrerebbe un intervento del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’Autorità dell’Energia. Ma anche le Regioni possono svolgere un ruolo attivo. La Sicilia, ad esempio, ha assunto l’impegno ad attivare un tavolo con sindaci, operatori elettrici, sovrintendenti proprio per cercare di superare l’impasse.


E’ importante che si sblocchi la situazione, anche per creare un ecoturismo sempre più sensibile alle tematiche ambientali.

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