Mercato volontario della CO2 e settore forestale. Italia al palo

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Le strategie per incentivare il mercato volontario dei crediti di carbonio nel settore forestale sono diverse. A chi appartengono questi crediti da tali attività, riconosciuti e assoggettati al regime giuridico nazionale come permessi di emissione? In Italia sono di proprietà dello Stato, ma ci sono anche altre soluzioni.

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Il Protocollo di Kyoto (PK) riconosce il ruolo fondamentale delle attività legate all’uso del suolo (Land-use, Land-use Change and Forestry – LULUCF) in termini di assorbimento dell’anidride carbonica (CO2) e di riduzione dell’effetto serra. I paesi Allegato I della Convenzione UNFCCC (paesi industrializzati) hanno la possibilità di utilizzare il contributo di tali attività al fine di scontare gli obblighi di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra nel periodo 2008-2012. I crediti relativi a una tonnellata di CO2 equivalente generati da attività LULUCF sono definiti Removal Units (RMU). Le attività sono definite di afforestazione, riforestazione e deforestazione, ovvero i cambiamenti permanenti nell’uso del suolo (da non forestale a forestale e viceversa) e le attività di gestione delle superfici forestali, di quelle agricole, gestione dei pascoli e rivegetazione.


I Paesi allegato I possono scegliere se e quali attività conteggiare. Il motivo è molto semplice: tali azioni possono comportare sia un assorbimento di anidride carbonica, sia un rilascio dei gas serra in atmosfera e, in quest’ultimo caso, non dare nessun vantaggio per i paesi Allegato I in termini di contributo al conseguimento degli impegni di riduzione. Ovviamente, i paesi Allegato I hanno escluso tali attività dalla contabilità nazionale attraverso una decisione autonoma che doveva essere comunicata al segretariato UNFCCC entro la fine del 2006. 


Questo meccanismo semplice, ma perverso, ha contribuito a svalutare il contributo del settore forestale nel sistema creato dal Protocollo di Kyoto, soprattutto in riferimento al reale impatto di tali azioni sulla lotta ai cambiamenti climatici. In pratica, si è finito per fornire ai paesi industrializzati un ulteriore strumento per alleggerire le azioni di mitigazione da attuare a livello nazionale. Per questo motivo, molti paesi in via di sviluppo hanno proposto di cambiare le regole sul conteggio del contributo forestale nell’ambito del negoziato attualmente in corso per il dopo-2012. La soluzione migliore sarebbe obbligare i paesi industrializzati a conteggiare tutte le attività del settore forestale e di uso del suolo.  


Accanto ai mercati ufficiali dei crediti di riduzione della CO2 (emissions trading, joint implementation e clean development mechanism del protocollo di Kyoto, sistema europeo di scambio delle quote e altri mercati di tipo nazionale e regionale), si sono diffuse in tutto il mondo in maniera sempre più evidente anche azioni di tipo volontario che hanno dato vita ad un vero e proprio mercato dei crediti volontari di CO2 animato da organizzazioni no-profit, amministrazioni pubbliche, imprese, cittadini con il fine di azzerare le proprie attività per mezzo della riduzione delle emissioni di gas serra. Lo spazio per i crediti di riduzione del settore forestale nei mercati internazionali della CO2 è molto limitato, soprattutto dalle regole internazionali ed europee.


Uno dei problemi principali legato allo sviluppo del mercato volontario nel settore forestale è quello relativo alla proprietà di tali crediti. Il Protocollo di Kyoto non contiene nessun riferimento alla distribuzione ai proprietari del valore forestale in termini di riduzione della CO2. I crediti di carbonio devono essere riconosciuti e assoggettati al regime giuridico nazionale come permessi di emissione, i quali devono garantire al possessore il diritto di proprietà, di uso, di esclusione della proprietà altrui e di vendita. Il trattamento giuridico di questi aspetti varia nei diversi ordinamenti.


I paesi Allegato I UNFCCC che scelgono di conteggiare i crediti RMU tramite la gestione forestale devono identificare la definizione di gestione forestale, quali effetti considerare e soprattutto quali siano le persone fisiche e giuridiche a cui spetteranno tali crediti.


In linea di principio è lo Stato nazionale che rivendica tali crediti, in base al fatto che la relazione tra gestione forestale e credito RMU è creata in maniera artificiosa dal Protocollo di Kyoto che crea diritti e obblighi per le Parti contraenti (Stati). Di norma, questo avviene attraverso il conteggio dei crediti nel registro nazionale dei serbatoi di carbonio.


In alternativa, tali crediti potrebbero appartenere a quelle persone fisiche e giuridiche che amministrano la propria foresta in linea con le regole internazionali e nazionali di attuazione del Protocollo di Kyoto (gestione forestale di cui all’art. 3.4 del protocollo di Kyoto). Un’ulteriore opzione è quella in cui lo Stato acquista i crediti RMU e investe i fondi in attività e misure di riduzione della CO2 nel settore forestale.


Nel caso in cui tali crediti fossero trasferiti ai proprietari di terreni forestali (e non rivendicati dallo Stato), questo potrebbe comportare un doppio effetto. Da un lato tali crediti potrebbero essere venduti nel mercato della CO2 (effetto positivo), dall’altro i proprietari potrebbero essere obbligati a restituire tali crediti, ad esempio nel caso in cui si registri una riduzione della biomassa (effetto negativo).


Alcune possibili soluzioni al tema della proprietà dei crediti RMU sono state individuate in alcuni paesi Allegato I. Per esempio, i proprietari dei terreni forestali potrebbero comunicare all’amministrazione centrale se la propria foresta è un pozzo di assorbimento oppure no. Un altro esempio potrebbe essere la creazione di un’associazione dei proprietari forestali finalizzata alla valorizzazione del valore totale dei crediti RMU.


La Nuova Zelanda ha inserito il settore forestale nel sistema nazionale di Emissions Trading (NZ ETS). Le aziende forestali ricevono unità di emissione per le loro piantagioni e in caso di utilizzazioni restituiscono le unità per compensare le emissioni derivanti dai tagli. La distribuzione delle unità avviene da parte del governo, con modalità diverse a seconda della categoria forestale di appartenenza. Per l’assorbimento delle emissioni di CO2 da parte delle foreste post-1989, i crediti dei proprietari che non hanno aderito all’ETS vengono trattenuti dal governo nella misura della CO2 stoccata.


In Australia i crediti RMU sono rilasciati dal governo nazionale e nonostante la generazione dei crediti sia relativa ad azioni dei proprietari forestali e project developers, a questi ultimi non sono riconosciuti crediti.


In Svizzera, sono attualmente in discussione diverse opzioni per l’attribuzione dei diritti di proprietà delle quote. I diritti dovrebbero essere mantenuti a livello statale, ma i proprietari del bosco dovrebbero ricevere degli incentivi per il carbonio immagazzinato, attraverso una distribuzione gestita da un’associazione dei proprietari stessi.  


La situazione in Italia appare, purtroppo, abbastanza chiara. Al convegno organizzato da INEA il 31 marzo 2011 sul tema del “Mercato Volontario per la Compensazione della CO2: opportunità per il settore agro-forestale?”, i rappresentanti dell’autorità statale hanno affermato che i crediti da attività forestale in Italia sono proprietà dello Stato. Di sicuro, ci sarebbero molteplici soluzione per incentivare il mercato volontario dei crediti di carbonio nel settore forestale. Almeno questa è la strada seguita in altri paesi europei e non.

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